Lettera alla città

Famiglia, giovani e poveri: i tre ambiti d’impegno per la diocesi di Torino

A un anno esatto dalla storica visita del Papa a Torino (21-22 giugno 2015), l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha presentato la “Lettera alla città” che, tradizionalmente, viene resa pubblica intorno alla festa del patrono san Giovanni Battista. Titolo del documento: “Mio fratello abita qui”. Significativa la scelta della sede dove presentare la “Lettera”: il Circolo della Stampa di Torino… Proprio per sottolineare che si rivolge non solo ai credenti ma davvero a tutti i cittadini, perché la fraternità è “valore” che riguarda e coinvolge tutti.

Rincuorare la famiglia, incoraggiare i giovani, accompagnare i poveri. Tre verbi per ribadire le caratteristiche di una “attenzione pastorale” che discende direttamente dal Convegno di Firenze e dall’insegnamento di Francesco. Oggi (21 giugno), a un anno esatto dalla storica visita del Papa a Torino, l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha presentato la Lettera alla città che, tradizionalmente, viene resa pubblica intorno alla festa del patrono san Giovanni Battista. Quest’anno un’ulteriore occasione di interesse è data dal “ribaltone” al vertice dell’amministrazione comunale, dove la giovane Chiara Appendino (M5S)sostituirà il sindaco uscente Piero Fassino.

Al centro della Lettera c’è un’icona biblica impegnativa: la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?”, da cui l’arcivescovo parte per chiedere alla città

un impegno più preciso e consapevole di fraternità.

Perché si tratta, evidentemente, di dare a Dio una risposta diversa – contraria, anzi – a quella di Caino: “Mio fratello abita qui”:

ogni cittadino del territorio torinese, cioè, è chiamato a rendersi consapevole e “corresponsabile” del destino di tutti, poiché si è uniti in una realtà e in un progetto comune.

E “Mio fratello abita qui” è appunto il titolo della Lettera.

Fedeli in città

La fraternità cristiana, secondo Nosiglia, è qualcosa di più e di ben diverso dalla “fraternité” che pure è nell’emblema della Rivoluzione francese, alle radici della nostra modernità. Non si tratta solo di accettare pari diritti e doveri ma di riconoscere e valorizzare la “dignità” di ogni persona, che dalla fraternità scaturisce. Le conseguenze sono evidenti: la fraternità cristiana non può accontentarsi di assistenza e di beneficenza nei confronti dei poveri, dei deboli, dei meno fortunati ma chiede invece a tutti di “accompagnare” il cammino delle persone, perché la valorizzazione di uno è un “investimento”, un bene per tutti. Applicando questa prospettiva alla città

Nosiglia indica nelle “periferie” (geografiche, e ancor più esistenziali) uno dei terreni privilegiati in cui sperimentare fraternità:

non si tratta di “esportare” fuori dal centro le esperienze della cultura e la qualità dei servizi, ma di cercare e saper riconoscere le potenzialità che ogni territorio esprime, e farne oggetto di “politica” (l’arcivescovo ha citato anche don Milani: “di fronte a un problema sortirne da soli è l’avarizia, sortirne insieme è la politica”).

I gruppi di persone cui rivolgersi sono appunto

la famiglia, i giovani, i poveri: tre ambiti sociali “strategici”, ciascuno a suo modo.

La famiglia perché è il motore di ogni processo educativo, anche se – ha voluto sottolineare l’arcivescovo – “non fa mai notizia”: le informazioni sulla famiglia privilegiano sempre i casi eccezionali, le situazioni limite, dimenticando le fatiche della quotidianità…

Sui giovani la pastorale della Chiesa di Torino ha giocato da tempo le sue carte, impegnando l’intera diocesi in un confronto serrato per ridurre quel “silenzio reciproco” che si erge come un muro fra le generazioni: un silenzio contro cui si infrange ogni prospettiva di futuro.

I poveri, infine, sono il campo privilegiato a cui i credenti devono guardare, perché il comando stesso del Signore riguarda questa attenzione. E a Torino i poveri sono ormai diventati, economicamente e sociologicamente, anche gli italiani del ceto medio – non solo gli immigrati, le persone di colore, i nomadi, i barboni… Cercare la fraternità e la dignità dei poveri è, più che mai, un’azione “politica” in cui sono chiamate ad impegnarsi tutte le forze vive della città.

Nosiglia ha ricordato che

la Chiesa non ha preoccupazioni nel rapportarsi con chiunque rappresenta le istituzioni liberamente elette dai cittadini,

così come ha sempre sollecitato il coinvolgimento di quelle “agenzie” – fondazioni bancarie, sindacato, associazioni di imprenditori, sistema formativo – che sono protagonisti indispensabili per realizzare un progetto di Torino che porti finalmente la città fuori dalla crisi.