Corso Cum-Missio-Focsiv a Verona

La missione si fa “social”: sempre più missionari italiani in Rete

Sono tanti i missionari che usano blog, newsletter o i social network per parlare delle loro attività o denunciare situazioni di ingiustizia, conflitti in corso, nei Paesi in cui operano. Oppure sono le reti amicali in Italia che ne curano i profili. Alcuni consigli per una missione sempre più “social”, con un obiettivo: fare rete

foto SIR/Marco Calvarese

C’è il missionario fidei donum, don Fully Doragrossa, che ogni settimana invia da Cuba una newsletter con notizie brevi e ben confezionate e condivide foto delle sue attività su Facebook. C’è padre Aurelio Gazzera che da Bozoum, nella Repubblica Centrafricana, racconta sul suo blog, con foto e testi, le iniziative ordinarie della parrocchia ma nei momenti più cruenti e pericolosi degli scontri lo usa per lanciare l’allarme. Anche suor Elvira Tutolo, da Termoli al Centrafrica, posta ogni giorno notizie d’attualità sul suo profilo Facebook. C’è il Centro missionario diocesano di Padova che, con l’iniziativa “Pronto Mondo” realizza ogni giorno collegamenti in diretta via Skype, in collaborazione con la radio locale Blu radio Veneto e poi postando tutto sui social, con i missionari e le missionarie sparse in tutto il mondo. Sono solo alcuni esempi positivi di come il mondo missionario italiano comunica attraverso i social network, ma sono ancora isolati. L’ideale sarebbe creare una rete per condividere notizie e fornire strumenti formativi adatti per comunicare ancora meglio, imparando ad utilizzare i social nel modo giusto. E’ questo l’obiettivo del corso per operatori di pastorale missionaria, giornalisti, giovani, operatori di organizzazioni non governative  “La missione raccontata attraverso i social” che si è tenuto nei giorni scorsi a Verona. Lo hanno organizzato la Fondazione Cum, Missio e Focsiv. Il corso è stato tenuto da un team di specialisti della comunicazione di Ong 2.0.

Una sinergia per condividere. La Fondazione Cum, braccio operativo di Missio finanziato dalla Cei, da sempre organizza corsi per missionari, famiglie o singoli operatori in partenza. Da una decina d’anni fornisce anche corsi specifici sulla comunicazione, per imparare a comunicare la missione, sia in Italia, sia nel Sud del mondo. Quest’anno l’attenzione è caduta sui social: Facebook, Twitter, Instagram, Google plus, Pinterest, i blog… In un mondo in cui la tecnologia ha reso la comunicazione immediata accorciando tutte le distanze, la rapidità e il buon confezionamento delle notizie (scritte, foto, video) diventa importante anche per i missionari. “Tanti hanno una pagina Facebook curata in prima persona o da gli amici – spiega il giornalista Paolo Annechini, della Fondazione Cum/Missio, coordinatore del corso  -. Tanti usano blog o newsletters. Il problema è che il raggio d’azione rimane circoscritto al singolo missionario. Noi vorremmo promuovere una sinergia per mettere in rete e condividere tutte le notizie e gli eventi”.

Scegliere le immagini giuste e realizzare un video. E’ ovvio che la priorità di ogni missionario, in qualsiasi parte del mondo, sono le attività pastorali. Alla comunicazione si dedica un tempo marginale: la sera o quando la connessione internet funziona bene. Per questo “noi insegniamo ad utilizzare quel poco tempo nel modo migliore”, precisa Annechini, che è anche direttore dell’associazione Luci nel mondo che realizza videoreportage. Imparare, ad esempio, a scattare poche foto ma buone durante un evento; a realizzare un video di soli 10 minuti (da ridurre a 2/3 minuti). “Oggi non c’è più il divario tecnologico tra nord e sud del mondo – constata -. Bastano un telefonino o una macchinetta fotografica per produrre un buon video”. Quello che invece manca è la formazione. “Scattare 500 foto e girare 3 ore di video durante una distribuzione di medicinali”, fa un esempio, “non serve a nulla: è materiale ingestibile”.

L’importanza della velocità. Oltre alla difficoltà di selezionare ciò che serve, il problema maggiore è la velocità di comunicazione. “Spesso i missionari comunicano dopo settimane – dice -. E’ chiaro che a quel punto le notizie non servono a molto, sono vecchie”. Anche se non si può chiedere ad un missionario di essere sempre presente sui fatti di cronaca – non è quello il suo lavoro – è però vero che spesso i giornalisti li contattano per capire il contesto socio-politico o economico del Paese in cui operano, per avere contatti, informazioni utili: “La rete sui social sarebbe utile anche per rilanciare e approfondire le notizie, in tempi rapidi”. In parte già avviene sui settimanali diocesani, ma sarebbe utile arrivare anche al livello nazionale e internazionale.