Rischio attentati e violenza
Secondo Archivio Disarmo almeno 12 italiani su 100, circa 7 milioni, possiedono un’arma acquistata in maniera legale o al mercato nero. Aumentano in generale le richieste di porto d’armi e triplicano le licenze per uso sportivo. E’ inoltre sempre più facile acquistare armi sul “deep web” di internet. I punti deboli della normativa italiana e le richieste di maggiori controlli e monitoraggi
In una Europa con il fiato sospeso per la paura degli attentati come controllare la sempre più rapida diffusione delle armi leggere, per vie legali e illegali? Qual è la situazione in Italia, dove non mancano atti di follia e violenza collettiva e domestica? Le cifre variano molto: secondo i dati del Viminale citati dalle cronache più di 1 milione e 300 milapersone hanno una licenza per porto d’armi (uso caccia e sportivo), 179mila in più rispetto al 2011. Ogni anno vengono richieste migliaia di nuove licenze. Nel giro di pochi anni la detenzione di armi sportive sarebbe addirittura triplicata, da 187.000 nel 2015 a 397.384 nel 2015. Ma bisogna calcolare anche il sommerso: oltre ai traffici illegali oggi è facile acquistare armi al mercato nero del “deep web” (o “dark net”), la consistente parte di internet non presente nei motori di ricerca. Recenti studi dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo affermano che almeno 12 italiani su 100, circa 7 milioni, possiedono armi proprie, legali o illegali.
L’Italia sarebbe quindi il 15° Paese su 178 per detenzione e possesso di armi private e il 34° nel Global peace index.
Altre stime arrivano fino a 10 milioni (Eurispes, 2008). L’Italia è inoltre uno dei primi Paesi al mondo per produzione e vendita di armi leggere: è al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, per volume d’affari nell’esportazione di armi leggere (oltre i 500 milioni di dollari) e al 18° per importazioni (tra i 50 e 99 milioni di dollari nel 2012).
In Italia, diffusione armi in allarmante aumento. Negli Stati Uniti 89 cittadini su 100 detengono armi, con 30 vittime al giorno e un incremento proporzionale del tasso di omicidi. “L’Italia non è come gli Stati Uniti dove la diffusione delle armi ha radici nella storia e cultura, ma anche da noi le cifre sono in allarmante aumento”, avverte Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo. Se in Italia non si incappa nel paradosso di trovare armi in vendita ai supermercati come negli Stati Uniti, o vedere un video con un ragazzo di 13 a cui viene proibito l’acquisto di alcool, fumo o riviste sexy mentre può tranquillamente comprare un fucile in un negozio normale, anche nel Bel Paese i rischi sono in agguato ovunque.
I punti deboli della normativa italiana. “Da noi ci sono norme precise che ne regolano la diffusione, con alcuni punti deboli”, precisa Simoncelli. Un recente studio di Ernestina Scalfari per Archivio Disarmo denuncia l’aumento di crimini in Italia con armi detenute con licenza di porto e detenzione armi per caccia, difesa personale o uso sportivo, a causa di alcune “lacune” nel sistema dei controlli, “che rendono facile aggirare la normativa”.
Lo studio punta il dito, tra l’altro, sull’assenza di controlli psicologi nel certificato di idoneità psico-fisica (basta andare dal medico della Asl e spuntare qualche casella) e sulla durata di sei anni per il porto d’armi per difesa personale.
Un periodo così lungo impedisce un monitoraggio attento sui profili a rischio e può anche vanificare gli altri requisiti necessari alle licenze. Caso esemplare in Italia è stato l’anziano di Bologna, già noto alle forze dell’ordine, che aveva in casa un vero e proprio arsenale, nonostante la normativa escluda il rilascio delle licenze a chi ha precedenti penali. “L’assurdità è che detenere un’arma a volte è considerato meno pericoloso di guidare: il rinnovo della patente si fa con più frequenza”, osserva Simoncelli: “Si può benissimo chiedere di detenere un’arma per uso sportivo e poi usarla in modo improprio. Tante persone con disturbi della personalità non sono controllate né controllabili”.
L’acquisto sul “deep web”. C’è poi l’ampio capitolo dell’acquisto di armi al mercato nero di internet. Chi ha ottime conoscenze di informatica riesce a installare Tor (The Onion router), il software che permette di navigare in anonimato. Non è illegale perché permette di aggirare censure e blocchi nei Paesi dove vengono violati i diritti umani o ci sono persecuzioni. Ma come per tutte le tecnologie, se ne fa un uso illecito. Anche l’Isis lo usa per caricare i propri materiali di propaganda, poi diffusi su chat e social. Qui si può comprare una Glock 17 calibro 9 (come quella dell’attentatore di Monaco di Baviera) con facilità, cliccando per inserire nel carrello degli acquisti come su E-bay o su Amazon e pagando 500 dollari in bitcoin. Il materiale viene consegnato in posti di consegna temporanei che poi vengono chiusi. Unici rischi: le truffe o essere scoperti da agenti infiltrati della Polizia postale. “In Italia chi vuole trovare armi riesce con facilità”, ammette Simoncelli, che mette in guardia sulla china pericolosa dovuta all’”effetto emulazione” coniugata al possesso di armi. “Anni fa tutti tiravano sassi dai cavalcavia – dice -. Oggi qualsiasi persona non equilibrata, con questa facile disponibilità di armi, può convertirsi in un mese all’Isis come avvenuto a Nizza o fare un atto di follia come ad Amburgo”. Simoncelli chiede quindi “controlli più rigidi e costanti da parte delle forze dell’ordine sulle vie legali e illegali, e un pool di magistrati specializzato su questi temi”.