L'esperienza

Rebibbia: anche per i figli dei carcerati momenti belli da ricordare assieme al papà

Patrizia Bertoncello è un’insegnante di scuola primaria, esperta di didattica interculturale. Attraverso la vicenda di un suo allievo si è avvicinata alla realtà del carcere di Rebibbia, dove insieme ad altri volontari del Movimento dei Focolari sono organizzati dei momenti di condivisione tra i detenuti e le loro famiglie

Toccare con mano il disagio dei figli di coloro che sono in carcere. È quello che è successo a Patrizia Bertoncello, insegnante di scuola primaria, esperta di didattica interculturale. La storia di Giordano, “un bambino molto triste, chiuso, con evidenti difficoltà di relazione e di apprendimento” a causa del papà detenuto, l’ha avvicinata alla realtà del carcere di Rebibbia. Dalla conoscenza delle detenute madri e di alcune associazioni, che operano nelle carceri romane e italiane, è nata l’idea di dedicare un capitolo del libro che Bertoncello ha curato per Città Nuova, “Bambini nei guai”, proprio ai bambini da 0 a 3 anni che crescono in carcere e a quelli che visitano i genitori detenuti: “Bambini senza ali”. Un tema di grande attualità, se si pensa che solo il 6 settembre il guardasigilli Andrea Orlando, la garante per l’infanzia e l’adolescenza Filomena Albano e la presidente dell’Associazione “Bambinisenzasbarre” onlus Lia Sacerdote hanno siglato il rinnovo per altri due anni del protocollo d’intesa “Carta dei figli di genitori detenuti”, avviato il 21 marzo 2014. Del protocollo Bertoncello ritiene “importantissima la sottolineatura da una parte della presenza dei genitori detenuti in momenti particolari della vita dei figli, quali l’ingresso a scuola o un compleanno, e dall’altra la non premialità da garantire a questi stessi momenti”.

A partire dalle buone prassi. “Nella mia esperienza – afferma l’insegnante – ho incontrato operatori carcerari (direttori, educatori, guardie…) davvero eccezionali ed encomiabili, costretti però a operare in condizioni non certo pensate per favorire le relazioni e nel rispetto di una normativa non certo attenta ai diritti dei minori. Eppure molti operatori si sono spesi per trovare tutte le possibilità per rispettare i diritti dei più piccoli e per mitigare le condizioni non favorevoli dei colloqui”. Diverse associazioni, negli ultimi anni, “in diverse carceri italiane hanno operato per attrezzare spazi ludici e ambienti dei colloqui che rendessero possibile una serenità di relazione.

Ora il protocollo viene a sancire queste buone prassi”.

Momenti da ricordare. “Dopo aver conosciuto il Nido di Rebibbia, sono entrata in contatto con la sezione G9 del Maschile di Rebibbia – racconta Bertoncello -. Le educatrici che vi operano sono state di una disponibilità incredibile, così come la direttrice e l’ispettrice responsabile per i colloqui. Dal contatto con loro e con il Comitato interno dei detenuti del G9 sono nate delle idee: perché non creare dei momenti in cui i papà detenuti potessero stare con i figli più a lungo di un colloquio, proponendo delle attività di gioco da fare con i bambini? Questo avrebbe dato la possibilità ai bambini di avere dei momenti ‘belli’ da ricordare insieme con il proprio papà. Al tempo stesso si sarebbero offerte ai detenuti delle possibilità di stare con i figli e di esercitare la genitorialità in un contesto più sereno e stimolante”.

Accanto agli ultimi. Patrizia appartiene al Movimento dei Focolari: “Non mi sono qualificata come tale – spiega -, ma certo ciò che mi ha spinto a entrare in questo mondo è stato proprio il carisma dell’unità, il desiderio di costruire rapporti di fraternità con tutti, di non lasciare che nessuno che mi passa accanto, soprattutto se soffre, mi sia indifferente. Non ultime le parole di Papa Francesco che chiede ai cristiani di uscire, di andare nelle periferie, di incontrare chi tra i nostri fratelli, è nel dolore ed è emarginato”. Tante le iniziative realizzate, come “laboratori di fumetto, realizzati da Walter Kostner, l’ideatore di ‘Gibì e Doppiaw’, una festa nel cortile interno di Rebibbia nel periodo dell’Avvento, con la preparazione, assieme ai bambini e ai papà, di addobbi per gli alberi di Natale da mettere nelle diverse sezioni. In questa occasione ho coinvolto una ventina di giovani e ragazze del Movimento che hanno allestito degli stand con laboratori creativi. Tutto – chiarisce l’insegnante – è sempre stato organizzato insieme ai detenuti del Comitato interno”.

Tra i progetti futuri, un percorso di educazione alla legalità.

Come in piazza. Da tre anni, poi, “in occasione del Natale, della festa del papà e prima dell’estate, organizziamo questi ‘eventi’ nel cortile interno di Rebibbia. Vi partecipano circa 450 tra papà detenuti e le loro famiglie, oltre a una quarantina di animatori, quasi tutti giovani studenti universitari del Movimento dei Focolari. Si crea un clima molto bello, sereno, e, nelle ore che trascorriamo insieme, sembra di essere nella piazza di un paese con bambini che corrono da tutte le parti. Si gioca e ride insieme, dimenticando le sbarre e la presenza discreta degli agenti di custodia”. Le prime volte, ammette Bertoncello, “è stato molto difficile: ogni nucleo familiare tendeva a isolarsi in un angolo del cortile, ma ora il rapporto è cresciuto con tutti, i bambini ci riconoscono e dopo i saluti iniziali sono loro che chiedono ai genitori di stare ai nostri tavoli per disegnare insieme o e coinvolgono gli adulti nelle gare di gioco”.

Per i detenuti queste attività sono importanti, ma i più contenti sono i bambini.

“Maria, una delle mamme ci ha detto: ‘Da quando voi venite qui, anche Paolo ha qualcosa di bello da raccontare a scuola del suo papà, dei giochi che ha fatto con lui, dei disegni che hanno colorato insieme’”.