Testimonianza
La storia di Rinaldo e Francesca, novelli sposi, che da oggi in camper attraverseranno la Valnerina terremotata per portare conforto e aiuto alle popolazioni colpite. Camper che vuole essere un presidio mobile di speranza. Con loro altri giovani volontari e sacerdoti si stanno organizzando in squadre che, da Spoleto e dalle altre diocesi dell’Umbria, tutti i giorni saliranno in Valnerina per stare al fianco dei terremotati durante la lunga strada della ricostruzione.
“Ci dobbiamo togliere i sandali perché entriamo nella terra santa della sofferenza”. Il richiamo è al passo del roveto ardente – quando Dio disse a Mosè: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!” (Es 3, 5). Nella tensostruttura della Caritas, a Norcia, si susseguono le riunioni e gli incontri, ma tutto avviene nel segno della concretezza. E non potrebbe essere diversamente davanti a tanta distruzione. Norcia, Preci, San Pellegrino, Ancarano, Castelluccio, tanto per fare alcuni nomi, oggi sono un’enorme “Zona Rossa”. Case crollate, frane, strade spaccate, fabbriche, chiese e cimiteri devastati dal sisma. Si lavora alacremente per tirare su tende e strutture di accoglienza per la gente di qui che non vuole andarsene. Gente di montagna, fiera, radicata nella loro terra dalla quale ricevono da vivere ma anche dolore e lacrime. Oggi, come nel 1997. I camion e i furgoni dei Vigili del Fuoco e dei Carabinieri fanno la spola tra le chiese distrutte e il centro di raccolta di Spoleto dove vengono messe in sicurezza le opere d’arte salvate dai crolli. Dall’abbazia di Sant’Eutizio, di cui resta poco o nulla, il via vai è continuo. Una corsa contro il tempo per salvare il salvabile. Strappare all’oblio tele e opere d’arte patrimonio e identità della gente di qui. Una terra, l’Umbria, santa per i suoi Francesco, Benedetto, Chiara, Rita, i cui santuari ne costellano ogni angolo, arricchendolo di arte, bellezza e spiritualità. Ma oggi più che mai è la terra della sofferenza. “Bisogna rimboccarci le maniche, essere concreti”, ripete senza sosta Giorgio Pallucco, direttore della Caritas di Spoleto-Norcia e delegato regionale.
“Viviamo una vita normale, la nostra storia nasce sulle macerie del terremoto del 1997, dopo aver visto e conosciuto persone che allora si dedicarono ad aiutare la gente che aveva perso tutto”.
Da lì la scelta di fare un’esperienza all’interno delle Case della Carità, promosse dalla Caritas Umbria. “Possiamo dire di avere raccolto i frutti di quel momento. Lì nacque per ciascuno la risposta alla domanda di cosa potevamo fare. Non diciamo grazie al terremoto, ma grazie a Dio, è lui che ha mosso tutto, anche il nostro incontro. Tutto è riassunto lì”. Dedicarsi all’altro per ringraziare. “Il Vangelo delle nostre nozze è stato quello dei 10 lebbrosi – rivela Francesca – quello che racconta la riconoscenza per il dono gratuito della salvezza. Uno solo dei malati di lebbra tornò indietro a ringraziare Gesù… Dire sì a questa richiesta di disponibilità è stato come dire grazie a Dio e alla vita per quello che viviamo ogni giorno.
Crediamo che da una situazione dolorosa come quella del terremoto possano nascere anche cose belle.
Cercheremo di stare insieme alla gente in maniera molto semplice. Stare in mezzo a queste persone segnate dal sisma per noi è un dono. Nel dolore si scoprono tante cose, si creano legami. Per noi sarà tutto una scoperta. Impareremo anche dalla loro vicinanza”. Da oggi, 9 novembre, per le strade della Valnerina si muoverà anche il camper di Rinaldo e Francesca. Un presidio mobile di speranza? “Ci proviamo…” E per quanto tempo? A tempo indeterminato. Sarà Lui a deciderlo”.
Ridare dignità. Rinaldo e Francesca nella terra santa della sofferenza, così come altri volontari che si stanno organizzando in squadre che, da Spoleto e dalle altre diocesi dell’Umbria, tutti i giorni saliranno in Valnerina per stare al fianco dei terremotati. “Dobbiamo cercare in tutti i modi di ridare dignità a queste persone e ciò lo possiamo fare solo se le aiutiamo qui. Insomma, ci dobbiamo togliere i sandali perché entriamo nella terra santa della sofferenza”, ripete ancora Pallucco, direttore della Caritas di Spoleto-Norcia. Questa è l’Umbria, la patria di Benedetto da Norcia, che portò la civiltà del Vangelo e dell’aratro, è la patria di Rita da Cascia, la madre degli afflitti, la patria di Francesco d’Assisi, che al culmine della sua conversione baciò il lebbroso “ultimo degli ultimi”. Questa è l’Umbria che vuole rialzare la testa.