Siria

Aleppo allo stremo: ancora bombe sui civili. Colpita la casa dei gesuiti. Lettera di Papa Francesco al presidente Assad, “ripristinare la pace”

Proseguono intensi i combattimenti ad Aleppo tra esercito governativo e ribelli asserragliati nella parte Est della città e costretti a lasciare le loro posizioni. Sabato 10 dicembre è stata colpita, senza fare vittime, la casa dei Gesuiti, da sempre impegnati in prima linea nel dare aiuto alla popolazione. Il Jesuit Refugee service di Aleppo è attivo nell’area di Jibreen dove le organizzazioni umanitarie hanno predisposto rifugi per gli aleppini in fuga dai quartieri orientali. Decine di migliaia di persone prive di ogni assistenza, moltissime sono le famiglie con i bambini spesso malati a causa del freddo e della mancanza di cibo e di condizioni igieniche adeguate. La testimonianza del gesuita Sami Hallak che racconta gli sforzi del Jrs per dare conforto alle vittime della violenza. Ieri, intanto, Papa Francesco ha fatto recapitare al presidente siriano Bashar al Assad una lettera in cui chiede di moltiplicare gli sforzi per giungere alla pace

Anche se il 10 dicembre la comunità internazionale ha celebrato la Giornata dei diritti umani, gli abitanti di Aleppo continuano a essere vittime della guerra e testimoni di una violenza senza precedenti. Come dimostra l’attacco, nello stesso giorno, intorno alle sei del pomeriggio, alla casa dei gesuiti di Aleppo, non distante dal centro del Jesuit Refugee Service (Jrs) di Al-Azizieh. Un fitto lancio di bombe ha colpito il secondo e il terzo piano della struttura causando notevoli danni materiali ma, fortunatamente, nessuna vittima. Altri tre razzi, lanciati dalla zona Est della città, parte della quale risulta ancora in mano ai ribelli, sono caduti nelle immediate vicinanze. A riferirlo al Sir padre Sami Hallak, direttore dei progetti del Jrs di Aleppo.

Poteva essere una strage, l’ennesima di civili innocenti, se le bombe fossero cadute di mattina, quando, dice il gesuita, “molti rifugiati, sfollati e abitanti della città vengono al nostro vicino centro di distribuzione per prendere un po’ di generi alimentari”. Il tutto mentre nella città proseguono i combattimenti tra esercito regolare che pare avere ripreso la quasi totalità della parte Est, e i ribelli in fuga.

“Sentiamo il rumore costante dei combattimenti” conferma il religioso che definisce “catastrofiche” le condizioni di vita degli abitanti della zona orientale. “Dove siamo noi (Aleppo Ovest, ndr.) le condizioni di vita sono difficili ma lo sono molto di più nella parte Est. Noi non abbiamo energia elettrica da circa un anno, si va avanti solo con i generatori. I materiali da riscaldamento sono scarsi e per questo vengono forniti dallo Stato in quantità molto limitate. Lo stesso vale per il gas”.

L’intensificarsi degli scontri sta spingendo migliaia di persone verso l’area di Jibreen, ad est della città di Aleppo, dove le organizzazioni umanitarie hanno allestito rifugi per gli sfollati e predisposto impianti per l’approvvigionamento idrico e la distribuzione di kit per l’igiene familiare. “Le condizioni degli abitanti di Aleppo Est sono catastrofiche – conferma padre Hallak -. A coloro che, nonostante le bombe e il rischio di essere colpiti, riescono a raggiungere questa area, le varie associazioni attive sul terreno e il Governo offrono il necessario. Si stima in due-tre mila le persone che arrivano ogni giorno”. Un flusso continuo che pone anche problemi di sicurezza: “bisogna verificare se tra loro vi siano anche dei jihadisti pronti a tutto. Solo dopo accurate verifiche viene concesso loro di passare e di raggiungere amici e familiari. Chi non ha nessuno può trovare riparo nei rifugi o affittare provvisoriamente delle abitazioni”. Ad oggi nessuno è in grado di dire con precisione quanti aleppini sono ancora dentro la zona Est. “Quelle uscite fino ad oggi variano dalle 50 alle 60 mila – afferma padre Hallak -. Moltissime sono le famiglie con bambini. Tanti presentano malattie dovute al freddo. Come Jrs cerchiamo di fronteggiare questa emergenza facendo visitare, nel nostro dispensario, i bambini dando loro cure mediche appropriate. Così per gli adulti che sopportano meglio le malattie. A questi ultimi vengono date cure mediche gratuite e medicine. Nonostante le difficoltà – aggiunge il gesuita – riusciamo a consegnare circa duemila pasti al giorno ai poveri e agli sfollati. Distribuiamo cibo non deperibile, frutta e biscotti, in quanto non disponiamo di energia elettrica per alimentare frigoriferi e celle di conservazione. Nel nostro centro in Aleppo riusciamo anche a dare 60 grammi di pasto caldo a persona”. L’escalation della violenza sta portando migliaia di persone anche nella zona di transito di Al-Mahalej. Secondo informazioni ricevute da fonti locali del Jrs, “oltre un migliaio di famiglie sono state ricollocate nel sobborgo di Hanano, che paradossalmente non è considerata “safe area”, area sicura, a causa di molte bombe inesplose rimaste a terra e perché numerosi edifici della zona sono instabili a causa degli scontri armati avvenuti in precedenza. Una situazione tragica che spinge il Jrs a reiterare con forza la sua richiesta:

“tutte le parti in lotta cessino immediatamente le ostilità e le violenze.

Preghiamo e speriamo per una pace immediata in Siria e ad Aleppo”. Un appello che richiama quello di Papa Francesco, contenuto in una lettera consegnata, il 12 dicembre, personalmente al presidente siriano Bashar al Assad dal nunzio apostolico, cardinale Mario Zenari. Nella missiva il Pontefice esprime solidarietà al popolo siriano e chiede al presidente Assad “di moltiplicare gli sforzi di tutti per mettere fine alla guerra in Siria e ripristinare la pace”. Intanto in città è giunta l’eco della strage nella chiesa copta in Egitto. Padre Hallak però è convinto:

“qui in Siria nessun musulmano ha l’allergia per le feste cristiane come il Natale.

C’è anche chi prepara in casa l’albero. Nel nostro centro operano tanti volontari di fede islamica che festeggiamo con noi. Se dovesse accadere qualcosa per Natale questo non sarà a causa delle feste che vivremo, ma solo per gli scontri dovuti alla guerra. I combattimenti continuano e la speranza della gente di qui è che l’esercito spinga ancora più fuori i ribelli allontanando la linea di fuoco dalla città”.