Bicentenario
In occasione dell’apertura delle celebrazione per i duecento anni dalla fondazione, il superiore generale dei Fratelli maristi, Emili Turú Rofes, affronta il tema degli abusi sessuali: “I casi che si sono verificati sono per noi motivo di grande sofferenza, in netta contraddizione con la nostra vita e la nostra missione”. In passato, aggiunge, “si riteneva fosse un problema morale” ma “oggi siamo consapevoli che è anche un disturbo psichiatrico nonché un reato nella maggior parte dei Paesi”. Le politiche adottate dall’Istituto per prevenire possibili situazioni di abuso e reagire in maniera immediata. I dati di “One in Four”, secondo i quali un adulto su quattro avrebbe subito una qualche forma di violenza sessuale prima di compiere 18 anni
Dopo duecento anni l’educazione dei bambini e dei giovani più disagiati è ancora al primo posto. Per aprire le celebrazioni del bicentenario della fondazione, i Fratelli Maristi scelgono di ripartire dal cuore dell’Asia. Il 2 gennaio, infatti, il superiore generale, fratello Emili Turú Rofes, inaugura in Bangladesh una scuola per i figli dei lavoratori nei campi di tè: “Nuovi schiavi, nuovo inizio”, dice con il solito ottimismo. In occasione dei festeggiamenti dell’Istituto fondato da Marcellino Champagnat, Turú si è rivolto ai 3.100 fratelli presenti in 81 Paesi e alle migliaia di persone legate all’ideale marista per ringraziare, chiedere perdono e promettere impegno.
Nel messaggio si chiede perdono per le volte in cui “siamo stati occasione di scandalo”. Perché?
Nella nostra storia abbiamo avuto molti motivi per rendere grazie, ma anche per riconoscere il nostro peccato. In alcune delle nostre istituzioni, che avrebbero dovuto essere un luogo sicuro per tutti i bambini e i giovani, si sono verificate situazioni di abuso che hanno lasciato in loro delle ferite profonde che spesso li accompagneranno per tutta la vita. Siamo nati per aiutare i bambini e i giovani a convertirsi in buoni cristiani e buoni cittadini, come ha voluto il nostro fondatore. E, fortunatamente, questo è ciò che è avvenuto nella maggior parte dei casi per coloro che hanno frequentato istituti educativi maristi. Ma i casi di abuso che si sono verificati, sono per noi motivo di grande sofferenza in netta contraddizione con la nostra vita e la nostra missione.
Perché è stato possibile che tutto ciò accadesse?
In passato si riteneva fosse un problema morale. Oggi, invece, siamo consapevoli che è anche un disturbo psichiatrico nonché un reato nella maggior parte dei Paesi. Quando si pensava che fosse solo un problema morale venivano dati i consigli e gli orientamenti necessari al pentimento e si incoraggiava a dedicare più tempo alla preghiera; tutto questo, accompagnato da un opportuno trasferimento. Adesso
siamo ben coscienti che quella “cura geografica” non funzionava, perché la prima persona che il trasgressore incontrava nella sua nuova destinazione era se stesso, con il medesimo problema di prima.
Quali regole si è dato l’Istituto per affrontare situazioni del genere?
Chiare politiche istituzionali che ci aiuteranno non solo a prevenire possibili situazioni di abuso, ma anche a
reagire in maniera immediata di fronte a qualsiasi sospetto o denuncia, applicando le leggi del Paese in questione e le leggi della Chiesa.
Inoltre, in questi ultimi sei anni, abbiamo organizzato degli incontri internazionali di formazione sulla protezione dei minori, cui hanno partecipato i responsabili di tutte le province mariste. Questa formazione è poi continuata nelle province, adattandosi alle diverse realtà locali. Siamo attualmente in dialogo con la Pontificia Università Gregoriana di Roma per offrire a tutti gli istituti maristi un programma di formazione per la tutela dei minori e la promozione dei loro diritti. Naturalmente anche l’adeguata selezione dei candidati che aspirano a diventare Fratelli maristi e il loro successivo accompagnamento sono per noi elementi di fondamentale importanza.
Dunque esistono protocolli rigorosi?
Ogni provincia marista si è data delle politiche per la tutela dei minori, ispirandosi a un principio che riteniamo assoluto: il rispetto e la protezione dei bambini e dei ragazzi. Il benessere dei minori e il sostegno alle vittime viene dunque prima di ogni altra cosa, come per esempio la protezione dell’Istituto o di colui che ha commesso l’abuso.
Un altro importante principio è quello della trasparenza, sia per informare chi di competenza sia di fronte alle autorità civili. Cerchiamo in ogni caso di coniugare giustizia e misericordia. La giustizia senza la misericordia si trasforma in vendetta mentre la misericordia senza il rispetto della giustizia e della verità è un inganno.
Sono previste anche forme di accompagnamento delle vittime, nel caso queste lo desiderino?
Sì. Anche nei casi caduti in prescrizione per l’ordinamento civile offriamo sempre l’opportunità di accedere a un trattamento adeguato alla situazione della persona che ha subito l’abuso offrendo diverse forme di accompagnamento psicologico, psichiatrico, spirituale, ecc.
Si sente spesso dire che i casi di pedofilia sono più frequenti all’interno della Chiesa. In realtà, se si guardano i numeri non è così…
Sfortunatamente i casi di abuso sono molto più frequenti di quanto la maggior parte della gente non pensi. In Irlanda e in Gran Bretagna c’è un’organizzazione chiamata “One in Four” (“Uno su quattro”): secondo questa organizzazione
vi sono prove che un adulto su quattro abbia subito una qualche forma di violenza sessuale prima di compiere 18 anni.
Per questo motivo abbiamo lanciato una campagna nei nostri istituti per aiutare le famiglie e i minori a tutelarsi riconoscendo i segni di eventuali abusi e denunciandoli. Circa il 30 per cento dei casi sono perpetrati da famigliari e circa il 60 per cento da persone legate all’ambiente famigliare. Questo complica ulteriormente le cose in quanto denunciare i colpevoli di abusi è tanto più difficile quanto più questi si trovano all’interno della famiglia. E di fatto la maggior parte degli abusi avvengono in famiglia o in ambienti vicini ad essa. Ciò ovviamente non sminuisce in alcun modo la gravità degli abusi commessi da sacerdoti e religiosi, protetti sotto l’immagine di “persone consacrate a Dio”. Essi, infatti, non solo arrecano un danno fisico e psichico, ma anche spirituale, mostrando un’immagine di Dio totalmente falsa.