Buone pratiche
L’iniziativa, gestita dalla cooperativa sociale Sad, coinvolge cinque anziane, tra gli 84 e i 97 anni, e giovani studentesse universitarie. Si tratta di un progetto sperimentale pensato per dare una risposta al problema della solitudine delle vecchiette accolte
Non sempre un fallimento ha conseguenze negative. È il caso di un progetto portato avanti, nel sobborgo di Trento chiamato Vela, dalla cooperativa sociale “Sad”, che vede al centro delle donne anziane (tra gli 84 e i 97 anni) e delle giovani studentesse. Si tratta di “Casa alla Vela”, un’esperienza di co-housing o “abitare collaborativo” intergenerazionale in cui anziani e studenti vivono sotto lo stesso tetto, in appartamenti separati, e condividono non solo gli spazi della Casa ma soprattutto un’arricchente esperienza di vita.
Nuove esigenze. “Avevamo preso la struttura per adibirla a un centro per l’Alzheimer – racconta Diego Agostini, amministratore delegato della cooperativa sociale Sad, che gestisce la Casa alla Vela -, ma dopo due anni di istruttoria la Provincia di Trento ha negato il benestare a questo progetto, inizialmente condiviso. Ci siamo ritrovati questo grande immobile senza un progetto cui destinarlo. Abbiamo perciò pensato di adibire la struttura ad un’altra esigenza che è emersa dal territorio. Noi, come cooperativa, ci occupiamo anche di assistenza domiciliare ad anziani. La specializzazione delle residenze assistenziali ha fatto sì che siano ospitate sempre più persone alla fine della loro vita e con demenze: questo ha trasformato le residenze sempre più in ospedali. D’altra parte, anche i servizi domiciliari non riescono a garantire una soluzione a tutti i problemi.
Quello che manca è una soluzione intermedia per persone con oltre 80 anni ma ancora lucide, che possono ancora essere protagoniste delle loro vita”.
Dopo una certa età, infatti, “anche gli anziani autosufficienti iniziano ad avere paura di restare in casa da soli e i loro figli e parenti temono le conseguenze di possibili disattenzioni domestiche. Per molti la casa di riposo non rappresenta una soluzione adeguata ma nello stesso tempo il costo di una assistente familiare a tempo pieno risulta troppo oneroso”. Di qui l’idea: “Noi abbiamo pensato di realizzare un luogo che sia il più vicino possibile a una famiglia e che dia al tempo stesso una garanzia assistenziale come una residenza. Così nasce Casa alla Vela con cinque anziane seguite da due assistenti familiari”. Le anziane, attualmente accolte, “vanno dagli 84 ai 97 anni e sono tutte almeno parzialmente autosufficienti, anche se possono avere un aiuto nella vestizione e nel mettere in ordine la stanza. Non può essere ospitata, però, una persona sulla carrozzina”.
La Casa alla Vela è “un progetto sperimentale pensato per dare una risposta al problema della solitudine delle anziane accolte
prestando particolare attenzione sia all’aspetto relazionale sia ai costi, che sono suddivise tra le ospitate”.
Apertura al territorio. Le signore vivono insieme, possono uscire liberamente, decidono il menu che l’assistente cucina per tutte e possono partecipare ad una serie di attività e iniziative pensate appositamente per loro, attraverso una rete di familiari e volontari gestita dalla cooperativa Sad. Una parte fondamentale della gestione della Casa alla Vela è l’apertura alla comunità circostante anche mediante l’organizzazione di varie iniziative che permettono di utilizzare ed ottimizzare le varie risorse presenti sul territorio e di coinvolgere famiglie, giovani, bambini e molti altri anziani che vivono da soli nella zona circostante.
“Il valore della Casa alla Vela – sottolinea Agostini – è centrato tutto nelle relazioni e nel senso di comunità”.
Infatti, il progetto è in linea con il concetto di “welfare generativo”, cioè un tipo di welfare “in grado di rigenerare e far rendere le risorse già disponibili, per aumentare il rendimento degli interventi delle politiche sociali” a beneficio delle persone coinvolte e dell’intera collettività.
Anziane e studentesse. Le signore anziane sono dislocate nella Casa a piano terra e al primo piano. “Restavano un piano e una mansarda ancora liberi. Così si è pensato di accogliere studentesse fuori sede – afferma Agostini -. L’idea ha avuto un grande successo con le universitarie che hanno condiviso questo percorso. Le studentesse possono collaborare nei momenti ricreativi oppure svolgendo mansioni utili per la Casa, portando a passeggio le anziane, giocando con loro a carte. Le studentesse non hanno l’obbligo di svolgere queste attività, ma quando sono disponibili a svolgere determinati lavoretti, anche sostituendo un’assistente familiare che fa il turno di riposo, sono pagate in voucher”.
L’elemento fondamentale, però, “per le studentesse non è tanto il risparmio economico, ma la valorizzazione del rapporto con le persone anziane”.
Tra le sei ragazze attualmente presenti a Casa alla Vela “ci sono una ungherese e una guatemalteca impegnate nel volontariato europeo”. La sperimentazione è partita a livello provinciale ma gli aspetti fortemente innovativi stanno avendo una risonanza nazionale e internazionale tanto che il progetto di Casa alla Vela è stato inserito in una pubblicazione dell’Unece (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite) fra le undici migliori buone pratiche a livello europeo nel settore delle politiche sociali, in particolare tra le strategie innovative di assistenza alla popolazione anziana. Grazie a quest’esperienza positiva la cooperativa Sad ha aperto, in Val di Non, Casa Tassullo con anziani del territorio con i quali fanno animazione: l’obiettivo è “mettere insieme persone tra i 60 e i 70 anni che non hanno più famiglia e che scelgono di vivere insieme per affrontare meglio la vita”.