Niente panico

Meningite: in Italia non è allarme epidemia, ma è fondamentale la vaccinazione dei soggetti a rischio

Gli esperti e le autorità sanitarie sono unanimi. In Italia non è allarme epidemia, non c’è nessuna emergenza meningite ma esiste un “caso Toscana” da monitorare e tenere sotto controllo. Importante vaccinare le persone a rischio: bambini e adolescenti, oltre a adulti affetti da alcune patologie. No a “informazione fai da te” e  a “vaccinazioni a tappeto”. E’ bene rivolgersi sempre al proprio medico. Del tutto infondata la psicosi legata all’equazione immigrati–aumento casi  meningite

Di fronte a medici di famiglia, centri vaccinazioni e farmacie presi d’assalto in queste settimane da cittadini spaventati dalle notizie di nuovi casi di meningite – talvolta letali – gli esperti e le autorità sanitarie sono unanimi: non sottovalutare ma non drammatizzare. In Italia non è allarme epidemia, non c’è alcuna emergenza meningite ma esiste un “caso Toscana” da monitorare e tenere sotto controllo. Importante vaccinare le persone a rischio: bambini e adolescenti, oltre ad adulti affetti da alcune patologie. No, dunque, a “vaccinazioni a tappeto” sull’onda dell’emotività; al bando “l’informazione fai da te”. Meglio rivolgersi sempre al proprio medico perché occorre valutare caso per caso.

A scatenare la meningite batterica, molto più grave della forma virale che ha un decorso spesso benigno, sono tre batteri: il meningococco (nei diversi sierogruppi A,B,C,Y,W135, X), lo pneumococco e l’Haemophilus influenzae. Secondo l’Istituto superiore di sanità, nel 2016 si sono registrati 189 casi di meningite da meningococco (di tipo B e C, quest’ultimo il più aggressivo) contro i 196 del 2015. Stabili i decessi: 20 in ciascuno dei due anni, un terzo dei quali in Toscana. Per il ministero della Salute il numero totale dei casi di meningite dovuti a tutti i germi indicati è passato da 1.479 nel 2014, a 1.815 nel 2015 e a 1.376 nel 2016. Il tasso di mortalità è di circa il 10% nei casi dovuti a pneumococco e di circa il 12% nei casi da meningococco, mentre aumenta al 23% nel caso in cui il ceppo di meningococco sia il C (13 deceduti su 51 pazienti in Italia nel 2016). Negli ultimi quattro anni quest’ultimo ha causato, secondo il Ministero, 36 decessi in una popolazione di quasi 65 milioni di persone.

Vaccino sì ma con buon senso. L’arma per prevenire e combattere l’infezione che causa l’infiammazione delle meningi, le membrane che rivestono il cervello e il midollo spinale, rimane il vaccino. Ne esistono tre tipi: il vaccino contro il meningococco C, il tetravalente che protegge dai sierogruppi A,C,W e Y e il vaccino che protegge dal sierogruppo di tipo B. Ma ci vuole buon senso. Per Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità, “nelle ultime settimane le richieste del vaccino anti-meningococcico sono quintuplicate”, tuttavia

in Italia “non c’è un’emergenza meningite” perché i casi di meningite batterica “non sono aumentati rispetto al passato”, tranne che in Toscana dove esiste “un focolaio epidemico in due aree da tenere sotto controllo”. Per questo, “dall’anno scorso la Regione Toscana sta offrendo la vaccinazione estesa a tutta la popolazione di quelle zone”.

A livello nazionale, la scheda vaccinale attualmente in vigore prevede la vaccinazione anti meningococco C nei bambini che abbiano compiuto un anno di età, consiglia il vaccino tetravalente per gli adolescenti non vaccinati da piccoli (il richiamo per quelli già vaccinati), raccomanda il vaccino contro il meningococco B per i bambini sotto l’anno di età. No, conclude Ricciardi, alla “corsa irrazionale” al vaccino: “A chiederlo sono anche gli anziani trascurando magari la vaccinazione anti-influenza e anti-pneumococco per loro molto più utile”.

Getta acqua sul fuoco anche Ranieri Guerra, direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute: “La meningite nel nostro Paese c’è sempre stata, i dati sono stabili. Non esiste alcuna evidenza di emergenza di sanità pubblica a livello nazionale”, tuttavia, riconosce, “c’è una particolare circolazione del meningococco C in Toscana”.

Il problema vero, per l’esperto, è la copertura vaccinale dei soggetti a rischio: uno degli obiettivi del nuovo Piano di prevenzione vaccinale 2017 -2019 che entra in vigore con i nuovi Livelli essenziali di assistenza e consentirà alle Regioni di “unificare i diversi calendari regionali e migliorare le coperture” rendendo “gratuita in tutta Italia la vaccinazione contro la meningite”

per le persone più esposte. Occorre insomma arrivare alla cosiddetta “immunità di gregge”. E una nota del Dicastero assicura che non esiste alcuna difficoltà di reperimento dei vaccini nel Paese e che “non c’è stata alcuna interruzione nell’approvvigionamento degli stock”.

Per Alberto Villani, responsabile di Pediatria generale e Malattie infettive dell’ Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e  presidente della Società italiana di pediatria (Sip), in Toscana “la recrudescenza dei casi è in parte legata al calo delle vaccinazioni”, in parte al fatto che “con il tempo i germi cambiano, si modificano”. Secondo l’esperto, l’irrazionale e indiscriminata corsa alle vaccinazioni di questi giorni è l’altra faccia della medaglia che, sempre su spinte emotive, ha fino a poco tempo fa demonizzato i vaccini ritenendoli responsabili di patologie come l’autismo e ha fatto venire meno negli ultimi anni l’immunità di gregge:

“Le vaccinazioni sono fondamentali e vanno programmate secondo gli schemi di sanità pubblica e il ‘calendario per la vita’ aggiornato ogni due anni dalle società scientifiche. In loro mancanza, il batterio responsabile della malattia circola di più e, conseguentemente, colpisce in misura maggiore”.

Insomma, chi non si immunizza danneggia non solo se stesso, ma anche gli altri. Villani auspica inoltre maggiore attenzione alla diagnostica: “Oggi sono disponibili a costi contenuti nuove metodiche di laboratorio per identificare i germi responsabili della meningite in molti più casi”. E per quanto riguarda l’equazione presenza immigrati-aumento casi di meningite che ha iniziato a prendere corpo in alcune regioni, taglia corto:

“È priva di fondamento. L’immigrato di per sé non costituisce un pericolo. Siamo e dobbiamo rimanere un Paese accogliente, ma occorre garantire a queste persone le condizioni di igiene che spesso mancano”.