Educazione
“Uscire, chiamare, vedere”: sono i tre verbi del documento preparatorio del Sinodo dei giovani che richiamano i verbi dell’Amoris Laetitia. Per suor Maria Teresa Spiga, sociologa, c’è una “grande continuità” dell’approccio del Papa verso la famiglia e i giovani, così come tra i due Sinodi convocati in quattro anni di pontificato. Il “filo rosso” è il tema dell’educazione
Nel magistero di Papa Francesco, c’è una “grande continuità” tra famiglia e giovani, sotto il segno di una Chiesa che vuole “farsi prossima” a partire dall’ascolto. Ne è convinta suor Maria Teresa Spiga, docente di sociologia dell’educazione alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium”, che si sofferma sul legame tra l’Amoris Laetitia e il documento preparatorio del Sinodo dei giovani, e tra le due prime assemblee sinodali convocate da Bergoglio in quattro anni di pontificato. “Filo rosso”: il tema dell’educazione. Per Francesco, i giovani sono una risorsa per la Chiesa e non un problema: è “un capovolgimento di prospettiva”, evidente anche nel “parallelismo” tra i verbi suggeriti dal Papa per accompagnare le famiglie e quelli per accompagnare i giovani. Soprattutto i “lontani”, da cui dipende il futuro della Chiesa.
È il tema dell’educazione il “filo rosso” che lega “Amoris Laetitia” e il documento preparatorio del Sinodo dei giovani?
Il discorso sull’educazione è centrale nei capitoli 6, 7 e 8 dell’Amoris Laetitia e nel terzo capitolo del documento preparatorio del Sinodo, dove si sollecita a impostare tutta l’azione pastorale in chiave educativa. Il presupposto sta nel fatto che, sia nell’Amoris Laetitia che nel documento del prossimo Sinodo, papa Francesco suggerisce un discorso sulla vocazione alla gioia e all’amore, tramite un percorso avviato già con l’Evangelii gaudium: una vocazione che va riscoperta, trovata ed educata. C’è, inoltre, una grande continuità tra famiglia e giovani, visibile in tutt’e due i testi: sia Amoris Laetitia che il documento preparatorio partono dall’analisi e poi articolano la proposta, ed entrambi sono accompagnati da un questionario (doppio nel caso dei giovani) che prevede il coinvolgimento di tutta la comunità ecclesiale.
C’è un profondo parallelismo, una continuità metodologica, d’intenzionalità e di approccio tra famiglia e giovani, sotto il segno del desiderio della Chiesa di farsi prossima. Esiste una profonda armonia fra i gesti di Francesco, ciò che dice e ciò che propone: la sua parola si fa prossimità attraverso itinerari pastorali concreti.
Il primo passo, per il Papa, è l’ascolto: nel documento del Sinodo, i giovani sono definiti maestri per “intravvedere il mondo di domani”…
È la novità del documento preparatorio. La prospettiva scelta – come nel caso delle famiglie, nell’Amoris Laetitia – è quella di considerare i giovani al centro: non destinatari dell’azione educativa, ma attori e soggetti che hanno qualcosa da insegnare alla Chiesa su come arrivare a loro. Un tema, questo, molto presente nella lettera del Papa che accompagna il documento del suo secondo Sinodo, nella quale Francesco chiede ai giovani di gridare, di far sentire la loro voce ai pastori.
I giovani, insomma, non come problema, ma come risorsa per il Sinodo. È un’altra metodologia pastorale, che vuole partire da loro, attraverso di loro e con loro per indicare alla Chiesa nuove strade per raggiungere il mondo giovanile, in modo particolare quello che sta lontano dal circuito ecclesiale. Un capovolgimento di prospettiva.
“Incontrare, accompagnare, prendersi cura”, sono i verbi del documento preparatorio del Sinodo: c’è un legame con i verbi al centro dell’Amoris Laetitia?
Direi che il parallelismo è evidente, basti pensare al terzo capitolo del documento del prossimo Sinodo. Il Papa propone alla Chiesa di camminare con i giovani: i tre verbi citati ne richiamano altri tre – “uscire, vedere, chiamare” – presenti nella parte finale del testo e già proposti da Francesco durante il Convegno internazionale sulle vocazioni.
”Uscire” è uscire dagli stereotipi, dalle risposte già confezionate ai problemi; “vedere” è fare esperienza con i giovani, perdere tempo con loro; “chiamare” è invitare a farsi domande profonde, domande di senso, che risveglino i grandi desideri dei giovani e li portino verso mete ambite e alte del nostro essere cristiani.
Nel documento preparatorio del Sinodo dei giovani è centrale il tema della scelta, resa sempre più difficile dal contesto di “fluidità, incertezza e precarietà” in cui siamo immersi. Come aiutare i giovani a fare discernimento, e con quale identikit del formatore?
Il problema delle scelte è oggi legato alle difficoltà strutturali e culturali del contesto in cui si vive – molto diverso nei cinque continenti – ma anche alla variabile dell’esperienza individuale dei giovani, in cerca di adulti significativi e di figure di riferimento. Nel documento preparatorio del Sinodo, a questo proposito, si invoca la necessità di credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una passione profonda per i giovani: in una parola, di adulti ‘degni di fede’ da parte dei giovani.
Tutto si gioca sull’autorevolezza della vita adulta, dal punto di vista cristiano: è questa la chiave per il discernimento, che va accompagnato tramite un percorso che aiuti i giovani a superare la difficoltà di scegliere.
Nel documento del Sinodo si traccia un ritratto dei giovani non più “contro” Dio ma “senza” Dio, che chiedono una Chiesa più vicina alla gente: è necessario un cambio di passo?
È un punto molto forte, uno dei più forti del documento, che deve essere posto all’attenzione dell’azione pastorale. Sicuramente siamo in presenza di un cambio generazionale: le giovani generazioni non sono più contro, ma fanno a meno della Chiesa e delle istituzioni. Dall’altro lato, vogliono ritrovare il senso dell’appartenenza e della partecipazione. Si tratta, però, di un’appartenenza dal basso, che presta poca attenzione alla vita delle istituzioni, tra cui anche la Chiesa.
Farsi attenti a chi fa a meno della Chiesa e di Gesù è senza dubbio un compito della Chiesa del futuro. La Chiesa deve andare in cerca dei lontani, è soprattutto a loro che bisogna rivolgersi.