Solidarietà
La costruzione di un centro di cura psicosociale e igiene mentale a Bangui, in Repubblica Centrafricana, rivolto ai bambini e agli adolescenti traumatizzati da decenni di conflitti e guerre. È uno dei progetti sostenuti con i fondi dell’8xmille approvati dal Comitato Cei per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo. Abbiamo chiesto ai protagonisti del progetto di raccontarcelo
Hanno visto uccidere i loro genitori, violentare le loro mamme, picchiare i loro amici, bruciare case. Sono stati loro stessi vittime di violenze di ogni tipo. Alcuni di loro sono stati addirittura assoldati tra le fila della guerra. Bambini-soldati senza neanche sapere perché. Ma la speranza di un Paese dipende da loro. Per questo l’arcidiocesi di Bangui, in Repubblica Centrafricana, ha deciso di realizzare un Centro di cura psicosociale e di igiene mentale rivolto soprattutto agli adolescenti e ai bambini che sarà costruito grazie ai fondi dell’8xmille. Il Centro figura nella lista dei progetti approvati dal Comitato Cei per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo nell’ultima riunione che si è tenuta a Roma lo scorso gennaio. Un totale di 119 progetti, per i quali saranno stanziati 18.284.042 euro.
Secondo Save the children, più del 60% dei bambini di età scolare nella Repubblica Centrafricana soffre di disordini post-traumatici, avendo vissuto in prima persona esperienze di violenza estrema nel corso di un conflitto protratto nel tempo.
Per diversi decenni il Paese ha vissuto un susseguirsi di conflitti militari e politici che hanno causato perdite di vite umane, distruzioni, violenze sessuali sulle donne, bambini arruolati. Una situazione non ancora del tutto superata che provoca nel Paese spostamenti migratori massicci verso la capitale Bangui.
Fr. Thophile Luenge è il responsabile del progetto sostenuto dalla Cei. “Per sua definizione – spiega al Sir – il trauma è l’insieme di danni di ordine psicologico che hanno un effetto negativo a livello di emozione, comportamento, fisico e pensiero. In caso di conflitti, il trauma è determinato da diverse ragioni: aver sentito per un periodo prolungato nel tempo la detonazione di armi; visto direttamente casi di torture, la morte di un parente o di un vicino, rapimenti, case incendiate, casi di violenze sessuali; aver subito sulla propria pelle ferite e traumi fisici, essere stati obbligati a migrare in campi profughi, aver utilizzato armi, essere divenuti dei criminali”. L’accompagnamento post-traumatico, la cura e la guarigione sono possibili ma devono essere affidati a persone competenti e altamente professionali. Per questo, l’arcivescovo di Bangui, il cardinale Dieudonné Nzapalainga, ha scelto la Congregazione dei Fratelli della Carità che con Fracarita, ha sviluppato nel campo della cura mentale una lunga esperienza aprendo centri in tutto il mondo; in Africa hanno centri in Congo, Ruanda e Repubblica Centrafricana.
Il Centro di ascolto psicosociale e cura di sanità mentale sarà costruito nell’arcidiocesi di Bangui, precisamente nella sotto-prefettura di Bimbo, a 9 chilometri dalla città e a circa 100 metri dalla parrocchia Sant’Antonio da Padova. Sarà la prima struttura di questo genere in tutto il Paese e si rivolgerà, in particolare, agli adolescenti e ai bambini. Vi lavoreranno stabilmente 14 persone e 15 volontari offrendo servizi di cura ambulatoriale, incontri di sensibilizzazione, visite a domicilio, sedute di psico-educazione e terapie.
Il progetto è fortemente sostenuto dall’arcivescovo, il cardinale Dieudonné Nzapalainga. “Come sapete – dice raggiunto al telefono dal Sir – quando ci sono le guerre, a soffrire di più sono sempre i bambini. Hanno visto e subito sofferenze enormi che hanno lasciato in loro traumi profondi. Per questo abbiamo pensato che davanti a questa situazione dovevamo ridonare una speranza a questi bimbi. La speranza di poter guarire, essere curati con persone professionalmente preparate a un accompagnamento post-traumatico; la speranza di poter studiare ed essere educati soprattutto alla pace e alla non violenza. Solo così, solo a partire dai bambini, possiamo ridonare al nostro Paese un futuro possibile”.
“Ci sono bambini che hanno visto i loro genitori uccisi – racconta il cardinale -, amici che sono stati ammazzati. Hanno subito violenze di ogni tipo. Si può dire che sono cresciuti in un contesto in cui l’essere umano non aveva più valore”.
“La sfida oggi – aggiunge l’arcivescovo – è riuscire a parlare con loro e quando ci riescono a mettersi in ascolto di quello che hanno visto con i loro occhi”. Solo da qui, e cioè solo a partire dal racconto e dall’ascolto si può avviare un processo di cura e di guarigione. Ma al cardinale sta a cuore un altro grande obiettivo: “Educare – ripete più volte – i bambini e gli adolescenti alla pace e alla non violenza”. E aggiunge: “L’aiuto della Chiesa italiana è per noi l’aiuto di una Chiesa sorella e non avremmo potuto fare nulla senza questo sostegno che ci dona oggi la possibilità di cominciare a costruire una società fondata sulla non violenza, a partire dalla cura dei traumi che hanno profondamente segnato la vita dei bambini e dei loro genitori”.