Ecumenismo
Grandi preparativi oggi alla Chiesa anglicana All Saints di Roma che domani accoglierà papa Francesco, primo Pontefice della storia a varcare la soglia della parrocchia anglicana. Ad accoglierlo ci sarà il reverendo Jonathan Boardman, cappellano di questa piccola comunità. “Francesco? È un Papa facile da amare. Una persona che si presenta umilmente e con un’apertura alle persone più bisognose, più semplici, più umili. E questo sicuramente dà a noi, piccola comunità di Roma, la forza di invitarlo e di sentirci degni di accoglierlo”
Fiori gialli e bianchi accoglieranno domani papa Francesco nella Chiesa anglicana All Saints di Roma. È la prima volta che un Pontefice varcherà questa soglia e i preparativi fervono alla vigilia dell’evento. Sedie da sistemare, microfoni, le telecamere del Ctv, le prove dei canti. “Sarà un evento assolutamente straordinario e speciale per noi”, dice subito il reverendo Jonathan Boardman, cappellano di questa piccola comunità che ha il grande compito di rappresentare a Roma la Comunione anglicana sparsa nel mondo. “Ma voglio sottolineare anche – aggiunge il reverendo – che il carattere di papa Francesco favorisce un’apertura d’anima che fa di questo incontro un fatto straordinario e al tempo stesso quotidiano. Sarà un momento in cui vedremo il volto vero della nostra fede. Domani leggeremo il brano biblico di Corinzi 2 sul tesoro custodito in vasi di Creta. E questo è esattamente ciò che siamo”.
Chi è papa Francesco per gli anglicani di Roma?
Possiamo dire che la figura del Papa ha un ruolo ufficiale per noi. Oltre 50 anni di dialogo hanno stabilito che un primato di onore è già dato al vescovo di Roma dagli anglicani. Il Papa è, in un certo senso, il capo del cristianesimo. E noi gioiamo di questo perché il Papa è per noi esempio di testimonianza, di servizio, di cura della Chiesa, di una vita totalmente data all’amore per Cristo. E ogni papa che abbiamo conosciuto e con il quale abbiamo dialogato, ha ricevuto questo rispetto. Ma possiamo anche dire che papa Francesco è un papa che forse è più facile amare. Una persona che si presenta umilmente e con una apertura alle persone bisognose, semplici e umili. E questo sicuramente ha dato a noi, piccola comunità di Roma, la forza di invitarlo e di sentirci degni di accoglierlo.
La visita di papa Francesco cade nel 50° anniversario del primo incontro, dopo cinque secoli, tra un Pontefice e l’arcivescovo di Canterbury, tenutosi tra Paolo VI e l’arcivescovo Ramsey il 23 marzo 1966. A che punto è arrivato oggi il dialogo tra le due Chiese?
Una amicizia di 50 anni è in termini personali lunga. Ma nei tempi della storia e della Chiesa è di ieri. In questi anni ci sono state persone, alcune delle quali non ci sono più, che hanno investito la loro vita nel processo di avvicinamento e riconciliazione. Ricordiamo queste figure con gioia e gratitudine. C’è stata quindi un’intera generazione che ha reso normale la nostra amicizia, che ha reso possibile essere non più stranieri ma pellegrini insieme. Ma come succede in una famiglia che vive insieme da 50 anni, ci si rende conto anche che ci sono cose forse semplicemente troppo difficili da risolvere adesso. Ciò non ci toglie la determinazione a continuare a lavorare, vivere e amare insieme. Siamo arrivati qui, a questo punto. E siamo anche sufficientemente cresciuti per confrontarci e dirci con franchezza quando qualcosa di nuovo accade nelle nostre relazioni, in spirito di dialogo e di amicizia.
La visita di papa Francesco rientra anche nelle celebrazioni organizzate per i 200 anni della chiesa anglicana di All Saints a Roma. E nel corso della celebrazione verrà formalizzato un gemellaggio tra la comunità di All Saints e la parrocchia di Ognissanti di via Appia Nuova. Ci può dire qualcosa di questo accordo? Di cosa si tratta?
È un’iniziativa sottolineata dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e da papa Francesco lo scorso ottobre, quando invitarono i vescovi anglicani e cattolici sparsi nel mondo a lavorare insieme nelle loro rispettive diocesi. Questo accordo è la risposta di Roma a quella dichiarazione. Siamo fortunati perché il gemellaggio avviene con una parrocchia con la quale c’è un’amicizia che dura da più di 10 anni grazie anche al rapporto che ha sempre avuto con noi il cardinale Walter Kasper, titolare di Ognissanti. Con questo gemellaggio ci impegniamo a conoscerci meglio, frequentare gli eventi speciali delle rispettive comunità, studiare la Bibbia insieme, lavorare nel servizio ai poveri di Roma, stabilendo concretamente di collaborare insieme per la distribuzione dei pasti ai senza tetto il venerdì sera alla stazione Ostiense.
Quanto è importante che i cristiani di Roma lavorino insieme per la città?
È un imperativo. Dobbiamo farlo. Perché la nostra divisione – come ha detto qualche giorno fa papa Francesco a Santa Marta – è uno scandalo. Gli scandali esistono, ma uno degli scandali più grandi è l’incapacità dei cristiani di dimenticare il loro litigi e dare testimonianza comune.