Dialogo
“Papa Francesco è per me un fratello in Cristo”. Parla Munib A. Younan, vescovo luterano per la Giordania e la Terra Santa e presidente della Federazione luterana mondiale. Con papa Francesco sono stati co-protagonisti a Lund della “storica” commemorazione comune dei 500 anni della Riforma di Lutero. “Questo momento storico di riconciliazione deve essere ora incarnato”, dice. E la strada è quella di lavorare insieme, cattolici e luterani, per la pace, la giustizia, per un “mondo inclusivo dove ci sia spazio per ogni essere umano”
“Ciò che ci unisce è molto di più di ciò che ci divide. Il tempo della divisione è alle nostre spalle. Quello di oggi è il tempo della riconciliazione, ma soprattutto della testimonianza comune in un mondo che chiede alle Chiese di essere segni di unità e di pace”. Munib A. Younan, vescovo luterano per la Giordania e la Terra Santa, è presidente della Federazione luterana mondiale. Con papa Francesco sono stati co-protagonisti a Lund della “storica” commemorazione dei 500 anni della Riforma di Lutero. È vincitore del 34° Premio Niwano per la pace. Così si legge nella motivazione del Premio: “In un mondo caratterizzato da leader che cercano di evidenziare differenze e contrasti, il vescovo Younan ha costantemente cercato di affermare il contrario”. Il vescovo svolge un lavoro molto importante anche in Terra Santa. Grande fautore del dialogo interreligioso, è convinto che la comunione tra le Confessioni religiose è parte integrante nella lotta per la pace. Lo abbiamo intervistato a Firenze dove il vescovo ha partecipato a un convegno su “Rileggere la Riforma”.
Dopo Lund, si sono susseguiti, anche in Italia, momenti d’incontro e confronto sulla Riforma di Lutero. Secondo lei possiamo già parlare di “memorie riconciliate”?
Quello che abbiamo vissuto a Lund è stato un momento storico di riconciliazione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa luterana, che ha segnato una tappa molto importante nel movimento ecumenico. Il treno della riconciliazione è partito e sta viaggiando.
Questo momento storico di riconciliazione deve essere ora incarnato.
Sono particolarmente grato e felice di quanto, per esempio, sta avvenendo in Italia. Sono qui a Firenze per partecipare a un convegno sulla Riforma e abbiamo avuto una discussione franca, profonda, teologica sulle convergenze, ma anche sulle divergenze. Ma anche a Gerusalemme, con il vescovo Pizzaballa, abbiamo organizzato la stessa liturgia di Lund nella chiesa di santa Caterina a Betlemme. Questi incontri dimostrano che il tempo della divisione è finito, ora è il tempo della riconciliazione. È più che mai arrivato il tempo di vedere nella Chiesa luterana e nella Chiesa cattolica la storia di una fedeltà al Vangelo, di vedere Cristo nella Chiesa dell’altro. Che lo Spirito Santo continui a guidarci.
A Malmö, sempre in Svezia, è stato firmato un accordo tra Caritas Internationalis e la World Service della Federazione luterana. È tempo di essere uniti, per fare cosa?
Ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide. Abbiamo ancora questioni di disaccordo e non di divisione. Ma siamo uniti su una cosa essenziale: nella comune testimonianza al mondo. Una comune testimonianza di Cristo nel mondo. A Malmö abbiamo firmato un accordo tra la Caritas Internationalis e la World Service della Federazione luterana, in cui abbiamo detto chiaramente che siamo uniti in una profetica diaconia nel mondo.
Immagini quanto può essere forte la nostra azione se cattolici e luterani lavorano insieme per lo sviluppo, per lo sradicamento della povertà, per la salute.
Che cosa chiede per la “sua” Terra Santa?
Le Chiese in Medio Oriente sono più che mai unite nel chiedere alla nostra gente di non andare via, di non emigrare, di rimanere nelle terre dove sono le nostre radici, perché,
come cristiani, siamo costruttori di ponti, fautori di giustizia, strumenti di pace, promotori dei diritti umani e difensori della libertà religiosa.
Proprio perché i cristiani giocano questo ruolo nelle società in cui vivono, le Chiese, i governi, la comunità internazionale devono aiutare i cristiani a rimanere, non devono lasciarci soli.
Chi è per lei papa Francesco?
Prima di tutto papa Francesco è per me un fratello in Cristo. La prima volta che abbiamo incontrato papa Francesco, tornavamo da un campo rifugiati in Kenya, dove la Federazione luterana è impegnata per conto delle Nazioni Unite. E papa Francesco in quell’occasione, ci disse una frase importante per noi luterani: “Oggi è tempo di una martyria ecumenica”, è tempo di una testimonianza comune.
Papa Francesco ha portato il pulpito sulle strade e ha fatto capire alle Chiese che il nostro doveva essere un servizio alle persone.
Ci ha fatto capire che quello di cui la gente ha bisogno oggi, è una Chiesa che si avvicina. Papa Francesco è un pastore per il mondo, un pastore per i credenti, un pastore soprattutto per chi si trova in difficoltà. Prego Dio che continui a dargli salute, saggezza, perché porti avanti questo importante lavoro pastorale che sta facendo nella Chiesa e per il mondo.
Lei ha un sogno?
Veramente ho molti sogni. Il primo è che cattolici e luterani continuino a lavorare sulla via della riconciliazione; che la Chiesa possa essere un segno vivente di unità e giustizia per il mondo e possa continuare a essere la coscienza dei governi e dei politici soprattutto per quanto stiamo vivendo in questi giorni.
Il mio sogno è che palestinesi e israeliani possano vivere ciascuno nel proprio Stato in pace, in giustizia e nella riconciliazione.
Il mio sogno è che la povertà sia sradicata dal mondo e che ogni essere umano possa vivere in dignità, rispettato nei diritti fondamentali. Il mio sogno è che i governi di questo mondo non siano egoisti ma guardino al bisogno dell’umanità, soprattutto se sofferente, perché il nostro sia sempre più un mondo inclusivo dove ci sia spazio per ogni essere umano creato da Dio.