A 39 anni dal rapimento
Il suo pensiero europeista alla vigilia del 60° dei Trattati di Roma
Prima di arrivare alla tomba nel cimitero di Turrita Tiberina, poco distante da Roma, dove sono custodite le spoglie di Aldo Moro – dal 2010, anche quelle della moglie “Noretta” – si attraversa la piazzetta del paese. Qui una scultura ricorda gli agenti della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi) assassinati a Roma il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse.
Sono trascorsi 39 anni dal rapimento di Moro, la memoria sosta ma non si ferma a quella tragedia e ai 55 giorni successivi. La ferita rimane aperta e le ombre non sono del tutto dissolte ma si avverte, oggi più che mai, il dovere di riprendere il pensiero politico di un uomo che, nato nel 1916 nel paese pugliese di Maglie, illuminò un tratto della storia del nostro Paese
con l’intelligenza e la fede dei “grandi” e degli “umili”.
Alla vigilia delle celebrazioni del 60° anniversario dei Trattati di Roma che costituirono un passo decisivo per la Comunità europea, è spontaneo cogliere la passione europea di Aldo Moro che in un articolo di giornale del 15 ottobre 1972 affermava a proposito dell’Unione economica e monetaria:
“Proprio perché si tratta di un fatto decisivo, penso che noi dovremmo chiedere che esso abbia il suo naturale complemento in una politica comune di movimento e di progresso, cioè una iniziativa che non si limiti a potenziare la ricchezza dov’è, ma sappia equilibrare e fare giustizia.(…). E così è da attendere che i ceti più depressi siano sollevati, le parti sociali viste nella loro dignità, la cultura diffusa, la gioventù valorizzata in un libero movimento e contatto, al di là degli antichi confini, una cittadinanza europea, sia pure per una graduale attuazione, riconosciuta (…)”.
Il 24 febbraio 2016, proprio a riconoscimento del suo guardare più in alto e più lontano è stata dedicata a Moro una sala nella sede del Parlamento europeo. In quell’occasione, in un messaggio ai partecipanti al convegno “Il contributo di Aldo Moro all’integrazione europea”, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ebbe a dire: “L’Europa rappresenta un crocevia decisivo nel disegno di Aldo Moro. Riteneva – come disse nel suo ultimo intervento alla Camera – che ‘la visione europeista’ fosse ‘connaturale al popolo italiano’ e pensava all’Europa unita come fattore di equilibrio internazionale e come motore di cooperazione, di solidarietà, di pace. Moro parlava di Europa politica quando era ancora presente soltanto la Comunità economica. E il potenziamento del carattere democratico delle sue istituzioni – di cui l’elezione diretta del Parlamento europeo è stata premessa – era concepito dentro un processo di allargamento delle basi popolari. La forza di un’istituzione – questa è una lezione attualissima di Moro – è fortemente connessa con la sua dimensione democratica e con la sua capacità di inclusione”.
Moro pensava a un Parlamento europeo forte, democratico e rappresentativo e con questa determinazione contribuì alla riforma che, nel giugno 1979, portò alla prima elezione del Parlamento europeo a suffragio universale. Gli assassini delle Brigate Rosse gli impedirono anche di vedere questo traguardo.
Lo statista italiano pensava l’Europa non come “un’entità autarchica” ma “un’unione aperta alla collaborazione internazionale” e, quindi, il rafforzamento dell’integrazione pensata dai padri fondatori avrebbe dovuto rafforzare la coscienza del compito internazionale della Comunità europea.
Era, la sua, una saggezza politica di cui, non solo in Europa, si avverte con inquietudine la mancanza.
Su un altro fronte, in questo giorno di memoria, si rivela l’attualità del pensiero europeista di Moro: il Mediterraneo. Trasformato in un grande cimitero sotto la luna e in uno spazio dove la “solidarietà di fatto” soccombe all’egoismo, il Mediterraneo si pone come un luogo simbolo da dove ripartire per costruire speranza e fiducia. Un luogo, direbbe Aldo Moro richiamandosi a Giorgio La Pira, da dove scuotere e risvegliare la coscienza europea.
Pensieri che, come i fiori sulla tomba, richiamano il profumo di una vita, richiamano, in un momento difficile per l’Europa, il sogno di chi sapeva guardare più in alto e più lontano.