Siria

Attacco a Idlib. Card. Mario Zenari: “È ora di dire basta, è una guerra per procura fomentata da interessi regionali”

Dura condanna oggi di Papa Francesco, al termine dell’udienza, all’attacco chimico avvenuto ieri a Idlib le cui responsabilità vengono rimpallate dal regime e dai ribelli. Da Damasco interviene il nunzio apostolico, il cardinale Mario Zenari, che al Sir dice: “È ora di dire basta. La comunità internazionale deve intervenire. Essa ha i mezzi per accertare le responsabilità e vedere la verità dei fatti. Deve metterli in atto per fermare questa violenza. I responsabili vanno trovati perché ne rendano conto”

Card. Mario Zenari

“Assistiamo inorriditi agli ultimi eventi in Siria. Esprimo la mia ferma deplorazione per l’inaccettabile strage avvenuta ieri nella provincia di Idlib, dove sono state uccise decine di persone inermi, tra cui tanti bambini. Prego per le vittime e i loro familiari e faccio appello alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché cessi questa tragedia e si rechi sollievo a quella cara popolazione da troppo tempo stremata dalla guerra. Incoraggio, altresì, gli sforzi di chi, pur nell’insicurezza e nel disagio, si sforza di far giungere aiuto agli abitanti di quella regione”. Con queste parole Papa Francesco ha condannato l’attacco chimico contro Khan Sheikhun, città nella provincia nord-occidentale di Idlib, sotto il controllo dei ribelli, che ha provocato, secondo il bilancio aggiornato, almeno 72 morti, di cui 20 bambini e centinaia i feriti. Solito rimpallo di responsabilità: Londra, Washington e Bruxelles accusano il regime di Damasco che nega e incassa l’appoggio di Mosca che sostiene che ad essere stata colpita sia stata una fabbrica chimica dei ribelli.

“Che cosa dire… Non si hanno parole davanti a fatti così deplorevoli – dice al Sir il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco -, fatti che purtroppo si ripetono di tanto in tanto. Non è la prima volta che la gente viene colpita da gas tossici. Credo che atti simili siano accaduti, grosso modo, altre sette-otto volte. È ora di dire basta. La comunità internazionale deve intervenire”.

Eminenza, come è possibile che in una crisi come quella siriana, in cui agiscono le più grandi potenze mondiali non si riesca a trovare una soluzione diplomatica che metta d’accordo le fazioni in lotta?
Io ho vissuto questa crisi dal primo giorno fino ad oggi. È un conflitto che è andato aggravandosi e complicandosi. Difficile anche da capire.

All’inizio sembrava una guerra civile ma è soprattutto una guerra per procura fomentata da interessi re-gio-na-li (qui il nunzio scandisce bene la parola, ndr.), da sottolineare… interessi e divergenze regionali e poi anche internazionali.

La soluzione politica?
Nelle mie dichiarazioni ho sempre detto di sperare che il 2017 possa essere l’anno della svolta, un cambio di direzione. Difficile pensare a una soluzione. Magari ci fosse una soluzione nel 2017 o anche nelle prossime settimane.

Tutti speriamo e preghiamo per questo: che ci sia almeno una svolta. La direzione fino ad oggi è andata in giù, verso il basso, il profondo dell’inferno.

È urgente vedere un percorso di risalita, ma fatti come quelli di ieri, purtroppo, non ci danno alcuna idea di un cambio sostanziale visibile di svolta.

Nel dibattito organizzato sulla situazione umanitaria in Siria, primo degli eventi della Conferenza internazionale per il sostegno alla Siria organizzata da Ue, Onu, Germania, Kuwait, Norvegia, Qatar e Regno Unito a Bruxelles, il Commissario europeo per gli aiuti umanitari, Christos Stytlianides, ha ribadito che l’Ue “continuerà a dare il suo sostegno umanitario per tutto il tempo che sarà necessario”. Nonostante ciò il dialogo diplomatico resta allo stallo…
La chiave di una soluzione anche umanitaria è quella politica. Prima di arrivare alla chiave politica il primo passo è quello di far cessare le armi. Almeno arrivare al cessate-il-fuoco. Mentre parlo, sento sopra la mia testa il rumore assordante dei cacciabombardieri e mortai che cadono anche qui su Damasco. Due giorni fa ne sono caduti 24. Ieri avrei dovuto presenziare a un incontro, ma ho dovuto rinunciare perché intorno alla sede dove mi trovo cadevano dei mortai. Pur essendo a Damasco, che non è sotto le bombe come altre zone, sento i cacciabombardieri e il sibilo dei mortai.

La prima cosa da fare è il cessate-il-fuoco così da lavorare a piene mani alla soluzione politica. Sarà lunga ma almeno cominciare a fermare la violenza. Così sarà un po’ più fattibile la distribuzione di aiuti umanitari. In tutte le parti del Paese.

Accertare le responsabilità di crimini di guerra come quello di ieri a Idlib potrebbe facilitare o complicare una soluzione diplomatica della crisi siriana?

La comunità internazionale ha i mezzi per accertare le responsabilità e vedere la verità dei fatti.

Essa deve metterli in atto per fermare questa violenza. I responsabili vanno trovati perché ne rendano conto.

Fatti del genere aggrediscono anche la speranza che vive nei cuori più forti. Che Pasqua sarà la prossima per i cristiani di Siria?
Sarà la settima Pasqua e la Pasqua è preceduta dalla Settimana di Passione. In Siria stiamo vivendo sette anni di passione. Ma bisogna sempre coltivare la speranza e i nostri cristiani, da quel che vedo qui, gremiscono le Chiese, in ogni celebrazione. Sarà così anche a Pasqua.

Papa Francesco a fine mese tornerà in Medio Oriente, in quel lembo di Terra Santa che è l’Egitto. Questa visita potrà avere effetti positivi anche sulla crisi siriana?
Certamente la visita del Papa in Medio Oriente porterà dei riverberi positivi. Il proseguimento del dialogo interreligioso potrà dare un grande apporto. Se le tre grandi religioni monoteiste lavorano insieme, questo non potrà che far bene per la pace e riverserà su questi Paesi effetti benefici. Visitando l’Egitto con la sua comunità cristiana e musulmana certamente. Il dialogo tra le fedi qui è la chiave della riconciliazione e della pace.