Società
È giunta alla terza edizione l’iniziativa promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e dalla diocesi di Roma. Il corteo si snoderà stasera, venerdì 7 aprile, lungo le vie del quartiere Garbatella. Nelle 7 stazioni previste per rievocare i momenti salienti delle 14 “tradizionali”, offriranno la loro testimonianza ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di schiavitù
Sono le nuove schiave. Nel XXI secolo “schiavitù” dovrebbe essere un termine ormai desueto e, invece, sulle nostre strade ci sono ragazze, anche giovanissime, costrette a vendere il loro corpo. Vengono prevalentemente dalla Nigeria, ma anche dall’Europa dell’Est. A loro è dedicata l’iniziativa promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e dalla diocesi di Roma: stasera, venerdì 7 aprile, alle 19,30, nella capitale, lungo le vie del quartiere Garbatella, si snoderà una Via Crucis di solidarietà per le donne vittime della tratta e della prostituzione coatta. “Ci sono mali nella nostra società che sono meno visibili di altri. Alcuni sono addirittura camuffati da ‘bene’, non sembrano neanche mali, o perché ci sono sempre stati, o perché sembra che la società non ne possa fare a meno.
Noi crediamo che non ci siano mali ‘inevitabili’, ma che a ognuno ci possa essere un termine: basta volerlo in tanti, mettendo fine a sofferenze indicibili, a disumanizzazioni, a mercificazioni della persona umana”, spiega mons. Augusto Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma per il settore Sud.
Sono 7 le “stazioni” previste per rievocare i momenti salienti delle 14 “tradizionali”. “A ogni stazione della Via Crucis – illustra don Aldo Buonaiuto, sacerdote dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e coordinatore dell’evento – sentiremo la testimonianza diretta di ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di vera schiavitù”. Papa Francesco, al termine dell’udienza generale di mercoledì 5 aprile, rivolgendo un saluto alla Comunità Papa Giovanni XXIII, mentre ha esortato “a continuare l’opera in favore di ragazze sottratte alla prostituzione”, ha invitato “i romani a partecipare alla Via Crucis per le donne crocifisse”.
La Via Crucis per le donne crocifisse è giunta alla terza edizione. “Siamo stati spinti a ripetere l’iniziativa – racconta Buonaiuto – per la crescita del fenomeno a causa della tratta vergognosa che parte dalla Nigeria e arriva in Italia, anche attraverso gli sbarchi. Ci sono le organizzazioni criminali, legate agli schiavisti italiani ed europei, che aspettano ogni giorno migliaia di ragazzine destinate alla prostituzione coatta”. Ma, avverte, “sulle nostre strade non ci sono solo nigeriane, ma anche ragazze dell’Est Europa.
È una situazione drammatica di cui nessuno vuole parlare in Italia.
L’unica personalità che fa sentire la sua voce contro la tratta è Papa Francesco, che il 12 agosto 2016 è venuto, in una nostra casa rifugio di Roma, ad ascoltare le storie di queste ragazze. Il Pontefice coglie ogni occasione per denunciare questo mercato vergognoso basato sulla pelle di ragazzine che potrebbero avere la stessa età delle figlie di quei nove milioni di maschi italiani che ogni giorno e ogni notte si aggirano per le strade pensando di avere il diritto di comprarne il corpo”.
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha dato anche vita alla campagna “Questo è il mio corpo”, nella quale chiede di sostenere “il modello europeo nordico, che prevede il disincentivo della domanda. Infatti – sottolinea don Buonaiuto -, a causa della forte domanda c’è questa offerta spaventosa dello squallido mercato di esseri umani. Per noi è insopportabile questa ingiustizia e vogliamo dare voce alle vittime che sono, come Gesù, crocifisse, innanzitutto dall’indifferenza.
Guai a chi pensa che sia naturale e normale prostituirsi.
Noi diciamo che queste ragazze percorrono un calvario simile a quello di Cristo perché anche loro vengono picchiate e torturate, dopo essere derise, ingannate, tradite, vendute persino dai propri cari.
Hanno la vita distrutta: ragazze giovanissime senza più un futuro, storpiate, mutilate e con gravi problemi psichiatrici a causa delle gravi torture subite, desiderose solo di morire dopo tutto quello che hanno dovuto patire”.
Si stima siano tra le 75.000 e le 120.000 le vittime di tratta ai fini di prostituzione in Italia, più di 3.000.000 i clienti, per un giro d’affari di circa 90 milioni di euro. Il 65% opera in strada; il 37% delle vittime è tra i 13 e 17 anni. Il 36% viene dalla Nigeria, il 22% dalla Romania, il 10% dall’Albania, il 7% dalla Moldavia e il 16% dall’Ucraina, dalla Cina e dai Paesi dell’Est.
Se le vittime della tratta sono oggi le “crocifisse” per eccellenza, del novero, prosegue don Buonaiuto, fanno parte anche
“le donne costrette a offrire il loro utero in affitto, le vittime di femminicidio o anche di stalking, le donne sfruttate nel lavoro.
Non tende a diminuire tra gli uomini, e anche tra gli adolescenti, l’aggressività nei confronti delle donne. Qui il problema è il valore che si dà alla persona: la donna ancora oggi è considerata come un oggetto. Vediamo ragazzine che si vendono nei bagni delle scuole per i soldi di una ricarica del cellulare. Noi adulti quali valori stiamo trasmettendo alle nuove generazioni? Non dobbiamo temere di dire che
abbiamo rinunciato alla dignità e alla sacralità della persona.
Una cosa che mi sbalordisce è vedere alcune donne che giustificano gli uomini che sfruttano altre donne o che tollerano che il proprio uomo vada con prostitute per dar sfogo a perversioni. Ci troviamo di fronte a un maschilismo imperante che ha coinvolto anche il mondo femminile”. Particolarmente “dolorosa è la condizione delle donne che danno il loro utero in affitto: ci si approfitta di loro per lo stato di bisogno, di disperazione, di assoggettamento in cui versano. Anche loro sono umiliate e crocifisse”. Lo sfruttamento della donna nel campo lavorativo potrebbe sembrare meno grave rispetto a drammi così gravi, ma anche qui, conclude Buonaiuto, “lo scenario è triste.
Le donne sono le più ricattate, forzate a mortificare la propria femminilità e, talvolta, a rinunciare alla maternità per non perdere il lavoro. La nostra società è davvero in debito verso l’altra metà del cielo”.