A pochi giorni dalla visita
“È un vero testimone della pace e della verità. Ovunque vada, si fa voce di tutte le persone più fragili e sofferenti del mondo. Ovunque sia, viene concessa la pace. Per questo siamo felici di questa visita”. Parla papa Tawadros II, capo della Chiesa copta ortodossa, che in questa intervista al Sir ripercorre le tragiche ore degli attentati della Domenica delle Palme e assicura: “Non c’è odio nel cuore dei copti. Noi non possediamo altro che l’amore per il Signore e l’amore per tutti gli uomini”
Lo sguardo buono, aperto, attento a creare subito un rapporto. Papa Tawadros II, capo della Chiesa copta ortodossa e patriarca di Alessandria, ci accoglie nel monastero di San Beshoy, a Wadi El Natroun, 100 chilometri a Nord del Cairo sulla strada del Deserto che porta ad Alessandria. Appena ci sediamo nell’elegante salotto del monastero, gli chiediamo se se la sente di raccontarci di quella terribile Domenica delle Palme dove prima in una chiesa di Tanta e poi ad Alessandria due esplosioni hanno provocato morti e feriti. Il nastro del tempo si riavvolge e il racconto di quella mattinata scorre lento. Papa Tawadros era lì nella chiesa di Alessandria quando un attentatore prima ha tentato di entrare in chiesa e poi, bloccato al metal detector, si è fatto esplodere all’ingresso. Per fortuna la celebrazione del rito, che dà inizio alla Settimana Santa, era finita inaspettatamente prima e la chiesa si era svuotata. Erano rimasti solo gli uomini delle forze dell’ordine e alcune persone che stavano sistemando le palme. Papa Tawadros con il clero celebrante si era già trasferito in un edificio attiguo, al secondo piano della sede del Patriarcato. Avevano appena finito la colazione ed avevano bevuto il tè. Si preparavano a lasciare la chiesa quando intorno alle 12.40 hanno sentito un’esplosione. “È stato un rumore clamoroso e fortissimo”, racconta Tawadros. “Alcuni dei sacerdoti si sono affrettati a scendere per vedere cosa fosse successo e hanno scoperto che c’era stata un’esplosione che aveva provocato la morte di persone. È stato terribile, drammatico e doloroso. Per fortuna i negozi erano chiusi perché era festa. E per fortuna in quel momento la maggior parte dei fedeli aveva lasciato la chiesa. È stata la grazia divina”.
Cosa ha provato quando ha sentito la deflagrazione?
Ho chiesto al Signore: perché? Perchè Dio hai permesso alla Chiesa e ai tuoi figli di vivere un periodo così difficile come questo? La seconda cosa a cui ho pensato è l’immagine dell’Egitto in tutto il mondo. Questi attentati influiscono sulla vita del Paese, sulla vita economica e sociale. Colpiscono indistintamente tutti gli egiziani, cristiani e musulmani.
Sono una ferita inferta nel cuore dell’Egitto.
Che cosa è l’ecumenismo del sangue?
È una definizione di papa Francesco. I martiri testimoni del Signore sono dappertutto. Rinsaldano il cristianesimo ovunque esso è diffuso e rafforzano la fede. È una definizione che papa Francesco ha usato per la prima volta in occasione della mia prima visita in Vaticano, dopo il suo insediamento nel 2013. E poi la seconda volta l’ha ripetuta in pubblico dopo l’uccisione dei 21 martiri in Libia. Vorrei aggiungere una cosa per noi importante.
La Chiesa vive e si costruisce su tre fondamenti: il sudore, le lacrime, il sangue.
Le lacrime sono quelle versate dai monaci santi ed eremiti che vivono nelle grotte e nelle celle del deserto. Il sudore è quello dei teologi che passano il tempo a ricercare e studiare. Il sangue è quello dei martiri. È il loro sangue che conserva la Chiesa nel passare del tempo e la rafforza nelle difficoltà.
Cosa dirà a papa Francesco quando lo incontrerà qui in Egitto?
Benvenuto in Egitto. Subito dopo il suo insediamento sono andato in Vaticano nel maggio 2013. Ho trovato un uomo pieno di Spirito Santo. Ero felicissimo perché ho toccato da vicino il suo amore e la sua generosità. Siamo stati ospiti suoi in Vaticano. Ricordo che ci siamo trovati d’accordo nel fissare una data per la celebrare l’amore fraterno tra noi. Si è decisa la data del 10 maggio in memoria della prima visita di un papa copto ortodosso a un papa romano avvenuta il 10 maggio 1973 (Paolo VI e Schenouda III, ndr). Ogni anno viene ricordato quell’incontro e festeggiato questo amore che ci lega. Con papa Francesco ci sentiamo al telefono. Oltre poi a queste cerimonie ufficiali, c’è un accordo tra noi: pregare quel giorno in modo particolare l’uno per l’altro.
Come vede il ruolo di papa Francesco oggi in un mondo segnato da guerre e terrorismo?
Hanno scelto come logo per la visita di Sua Santità papa Francesco: “L’uomo della pace nell’Egitto della pace”. Sì, lui è un vero testimone della pace e della verità. Ovunque va, porta la voce di tutte le persone più fragili e sofferenti del mondo. Ovunque sia, viene concessa la pace. Per questo siamo felici di questa visita.
Durante la permanenza di papa Francesco al Cairo, l’università di al Azhar organizza una Conferenza internazionale sulla pace. Qual è il ruolo delle religioni per la pace? Cosa e come possono fare i leader per levare dal discorso religioso ogni forma di radicalismo?
Al Azhar è l’istituzione ufficiale dell’islam moderato qui in Egitto. Gli atti efferati di violenza, di cui siamo stati testimoni, sono perpetrati da persone che interpretano male il Corano e la religione islamica. Noi, in Egitto, abbiamo pacificamente convissuto con i musulmani da più di 14 secoli. Mai abbiamo vissuto un terrorismo e una violenza simile a quelle che stiamo sperimentando in questi giorni. Anche l’islam stesso non si riconosce in questa violenza e in questo terrorismo. Al Azhar ha quindi pensato di organizzare questa conferenza, per dire che l’islam non ha nulla a che fare con il terrorismo, con l’estremismo e l’integralismo. Si tratta di un gesto significativo.
Come uscirà l’Egitto dopo la visita di papa Francesco?
È un viaggio molto breve. Ma ci sono dei momenti importanti. La visita al presidente Al Sisi, la visita ad al Azhar, la visita alla chiesa copta ortodossa, alla chiesa cattolica, l’incontro con il popolo. Questo viaggio è importante per trasmettere un messaggio a tutto il mondo: l’Egitto è ancora un’oasi di sicurezza e di pace. Vorrei poi aggiungere un’ultima considerazione: gli attentati che abbiamo vissuto hanno dato testimonianza di Gesù Cristo e del cristianesimo. Il popolo egiziano è rimasto impressionato, sbalordito di come hanno reagito i copti di fronte a tanta violenza non scegliendo l’odio ma la strada della tolleranza anche verso chi semina paura, causa il male e provoca la morte.
Sta dicendo che dopo tutto quello che avete vissuto, dopo tanto lutto e dolore, non c’è odio nel cuore dei copti?
Noi non possediamo altro che l’amore per il Signore e l’amore per tutti gli uomini.