A pochi giorni dalla visita

Papa in Egitto. Mons. Bruno Musarò (nunzio), “viene per dare coraggio alla piccola minoranza cattolica”

Cresce l’attesa in Egitto per la visita di Papa Francesco. Le stragi della Domenica delle Palme in due chiese copto ortodosse, così come l’attacco al monastero di Santa Caterina, tutti rivendicati dallo Stato Islamico, non sembrano frenare l’entusiasmo della comunità cattolica locale che si sta organizzando per accogliere degnamente il Pontefice. Una visita in cui i temi del dialogo ecumenico e interreligioso si annoderanno a quelli della minaccia del terrorismo e della ricerca della pace. Di questo viaggio ne abbiamo parlato con il Nunzio apostolico in Egitto, monsignor Bruno Musarò.

Mons. Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto

Cresce l’attesa in Egitto per la visita di Papa Francesco. Le stragi della Domenica delle Palme in due chiese copto ortodosse, così come l’attacco al monastero di santa Caterina, tutti rivendicati dallo Stato Islamico, non sembrano frenare l’entusiasmo della comunità cattolica locale che si sta organizzando per accogliere degnamente il Pontefice. Saranno 27 ore – tanto durerà la permanenza del Papa al Cairo – intense nelle quali Papa Francesco incontrerà, tra gli altri, il presidente Al Sisi, il patriarca copto ortodosso Tawadros, il grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib, e la piccola comunità copto cattolica con i suoi vescovi e con il suo clero. Di questo viaggio ne abbiamo parlato con il nunzio apostolico in Egitto, monsignor Bruno Musarò.

Eccellenza, a pochi giorni dall’arrivo di Papa Francesco in Egitto, quali sono gli elementi focali di questa visita?
La visita del Papa è sempre detta “viaggio apostolico”, condotto in quanto capo della Chiesa cattolica, apostolico come successore dell’apostolo Pietro. Pertanto il primo compito del Pontefice è di confermare i suoi fratelli nella fede in Cristo. L’aspetto più importante del viaggio è l’incontro con la comunità cattolica che qui è una minoranza all’interno della minoranza cristiana. I cattolici egiziani sono tra i 250-300mila fedeli, mentre i copto ortodossi sono circa 12 milioni. In questi due anni di servizio qui in Egitto ho potuto constatare il grande lavoro della piccola comunità cattolica locale nel campo dell’evangelizzazione attraverso le scuole. Ne abbiamo circa 170 frequentate da studenti in larga maggioranza musulmani. Nel Cairo ci sono molte personalità politiche che scelgono queste scuole per i loro figli dato lo standard elevato d’insegnamento. Ho visitato tutte e sette le diocesi copto cattoliche dell’Egitto e ho visto come sono organizzate dal punto di vista sociale e pastorale offrendo corsi di alfabetizzazione, di formazione, di avviamento al lavoro a tutte quelle persone scartate ed emarginate cui nessuno pensa.

A fronte di tanto impegno solidale e umanitario i cristiani egiziani pagano, tuttavia, alcune discriminazioni nel campo del godimento dei diritti, della piena cittadinanza, della possibilità di costruire chiese. Potrà la visita del Papa aiutare i cristiani a ottenere un vero riconoscimento?
La visita protocollare al Capo dello Stato, Al Sisi, prevede anche un colloquio privato su temi d’interesse per la Chiesa.

Il Papa ben conosce la situazione e nel suo discorso alle autorità, in genere, tocca sempre punti non solo di carattere regionale ma anche nazionale e internazionale,

come avviene nel tradizionale discorso al Corpo diplomatico, all’inizio del nuovo anno. È bene ricordare che l’incontro con le Istituzioni e le Autorità è sempre in funzione dell’annuncio del Vangelo, del conseguimento della pace, della solidarietà, della giustizia, del diritto e della tolleranza. A favorire un esito positivo dell’incontro saranno le buone relazioni tra Santa Sede ed Egitto.

Una visita con il sapore del pellegrinaggio: Papa Francesco torna in Terra Santa dopo il viaggio del 2014 in Giordania, Palestina e Israele. In Egitto la Sacra Famiglia trovò rifugio per sfuggire alla persecuzione di Erode. Come non pensare, allora, alle decine di migliaia di persone, cristiani e non, in fuga dalle guerre in Siria e in Iraq?
Se si parla di Terra Santa, aggiungerei anche la penisola del Sinai dove Dio si rivelò a Mosé nel Roveto ardente e dove oggi sorge uno dei simboli della cristianità del Medio Oriente, il monastero di santa Caterina, recentemente attaccato dallo Stato Islamico. A riguardo il ministero della Cultura, con le diverse Chiese, sta pensando ad un itinerario di natura turistica che segue il tragitto che avrebbe percorso la Sacra Famiglia per raggiungere l’Egitto. Purtroppo la presenza nella penisola del Sinai di cellule dell’Isis sta spingendo molte famiglie cristiane a fuggire e a trovare rifugio nella diocesi copto cattolica di Ismailia sul canale di Suez.

Altro elemento chiave del prossimo viaggio sarà il dialogo ecumenico, con i copto ortodossi di Papa Tawadros, e quello interreligioso con la comunità musulmana che guarda all’università sunnita di al-Azhar…
Sappiamo degli effetti benefici del dialogo ecumenico e interreligioso in tutte le situazioni. Il dialogo con al-Azhar è ripreso dopo un’interruzione di cinque anni, in forma ufficiale alla fine del febbraio scorso. Così facendo si è voluto voltare pagina ed è molto positivo.

Oggi con l’Islam, con al-Azhar, si può dialogare intorno alla ricerca della pace, sulla lotta al terrorismo.

Per dialogare è necessario che ci siano persone dalla mente e dal cuore aperto che mettano in pratica questi messaggi.

Cosa si attende da questa visita per i cattolici e per l’Egitto?

Innanzitutto che dia coraggio alla piccola comunità cattolica, che questa prosegua nella sua opera di accoglienza, di evangelizzazione e catechesi.

Per l’Egitto auspico che, con la visita del Papa, si approfondisca e migliori il dialogo interreligioso con l’Islam perché ciò avrà effetti positivi per tutta la regione.