Il fenomeno

Gioco d’azzardo on line: Fiasco (Alea), “non è una mutua! La dipendenza misurata dal tempo consumato”

Sono stati presentati, nei giorni scorsi, i dati dell’Osservatorio del gioco on line del Politecnico di Milano: nel 2016 è cresciuto del 25% il mercato del gioco d’azzardo on line, con un milione e 800mila italiani che hanno puntato i soldi, una o più volte. È stato pubblicato anche il Libro Blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli: la raccolta complessiva nel 2016 ammonta a 95 miliardi e 969 milioni di euro – tra on line (21,2 miliardi) e rete fisica (74,7 miliardi) – rispetto agli 88 miliardi e 249 milioni del 2015

Nel 2016 è cresciuto del 25% il mercato del gioco d’azzardo on line. Un milione e 800mila sono stati gli italiani che l’anno scorso vi hanno puntato soldi, una o più volte. Ma le persone che hanno il loro nome registrato sui siti sono ben 3,4 milioni. Il bilancio finanziario dei ricavi dei giochi on line regolamentati con vincita in denaro nel 2016 in Italia è stato pari a 1,03 miliardi di euro, e incide per il 5,4% sul valore complessivo del settore. Prosegue poi la crescita sul web dei Casinò Games (+35%, per raggiungere i 441 milioni di euro in termini di margine riservato al “banco”). Questi alcuni dati presentati, nei giorni scorsi, dall’Osservatorio gioco on line del Politecnico di Milano. Intanto, il 12 aprile, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha pubblicato il “Libro Blu”. La raccolta complessiva nel 2016 ammonta a 95 miliardi e 969 milioni di euro – tra on line (21,2 miliardi) e rete fisica (74,7 miliardi) – rispetto agli 88 miliardi e 249 milioni del 2015; la parte trattenuta (margine per i concessionari e prelievo dello Stato) è stata di 19 miliardi e 69 milioni di euro, mentre il montepremi (comprese le vincite, cioè una frazione di premi superiori al costo della puntata) è risultato pari a 76 miliardi e 900 milioni. Con Maurizio Fiasco, presidente di Alea e consulente della Consulta nazionale antiusura, focalizziamo l’attenzione sulla crescita del gioco d’azzardo on line.

Professore, i dati dell’Osservatorio del gioco on line devono allarmarci?
La prima questione sta proprio nel ricorso all’espressione “gioco on line”: si dovrebbe invece pronunciare

“gioco d’azzardo svolto attraverso internet”.

Parlare di “gioco” senza qualificarlo “d’azzardo” costituisce una manomissione terminologica vistosa. E, infatti, ne rende rispettabile l’offerta commerciale. In convenzione e dietro finanziamento dei concessionari, il Politecnico di Milano offre sia servizi di marketing sia, indirettamente, di “immagine”: si produce anche così la promozione di un consumo (casinò, scommesse, slot machine virtuali ecc.) che provoca danni molto seri e comprovati alla salute delle persone e in complesso alla società. L’azzardo on line raggiunge altissime performance grazie al combinarsi d’infrastruttura industriale, di marketing raffinato e di copertura di rispettabilità. Peraltro, mediante la registrazione nominativa delle persone sulle piattaforme, i database dei concessionari consentono loro di realizzare la profilatura dei giocatori, che serve a potenziare le strategie di marketing e lo sfruttamento.

Tornando ai numeri: condivide quelli presentati dall’Osservatorio?
L’Osservatorio, nel suo rapporto, mette a fuoco solo l’importo della quota trattenuta netta, che è suddivisa tra Stato e concessionari: poco più di un miliardo. E lo chiama “spesa”. Più interessante (anche ai fini del controllo sociale) è analizzare l’ammontare completo del fiume di denaro che fluisce nei canali dell’azzardo via internet.

Come emerge dallo stesso “Libro Blu” dei monopoli, nel 2016 si tratta di ben 16 miliardi, ai quali vanno aggiunti (ma il documento governativo non lo precisa) i soldi di altri giochi “tradizionali” e offerti anche in variante on line: Bingo su internet, slot machine da tablet e smartphone, Gratta e Vinci virtuali ecc… Diciamo, quasi 20 miliardi di euro. Tale è il peso monetario dell'”intrattenimento” virtuale.

Limitarsi a indicare solo la cifra che remunera lo Stato e l’industria, appare come una manipolazione. Non solo: su ogni altra forma di svago (dal lunapark al cinematografo) lo Stato applica due tipi d’imposta: quella indiretta sul consumo (l’Iva, per intendersi) e quella diretta, sui profitti delle società che offrono il servizio. Nel gioco con denaro, per denaro e a scopo di lucro – in linguaggio naturale, il gioco d’azzardo – non si applica invece nessuna imposta indiretta sull’intrattenimento. Lo Stato si limita a sottrarre al “banco” – cioè al concessionario che allibra le scommesse, che mobilita i suoi croupier virtuali, che incassa le quote e distribuisce i premi – circa la metà di quanto il biscazziere ha vinto. Ecco svelato l’arcano.

Questo cosa significa?
Spostando il focus dal fiume di denaro “raccolto” (96 miliardi) alla sola parte trattenuta (la “spesa”) avviene una bizzarra distorsione. Si finge che la spesa stessa si distribuisca omogeneamente nel popolo dei giocatori, ma nell’azzardo vi è una minoranza che è premiata e una stragrande maggioranza perdente.

Non è mica una mutua!

La stragrande maggioranza dei premi corrisposti ai giocatori è di minima entità per rinforzare la propensione a puntare ancora. Se il “premiato” ha la percezione che il risultato è prossimo ed è facile da ottenere, tenta e ritenta. Talvolta è gratificato con una vincita, e a mano a mano perde la cognizione del denaro (e del tempo) che impiega nell’azzardo.

Le frequenti mini-vincite trasmettono l’illusione di essere vicini al risultato, e la compulsività diviene la norma.

Un meccanismo siffatto è l’architettura del gioco d’azzardo industriale di oggi. Niente è affidato al caso, nell’economia dell’alea.

Quanto influisce sull’aumento del mercato del gioco on line la facilità di accesso attraverso smartphone e tablet?
Al gioco d’azzardo tramite internet si accede attraverso lo smartphone, il tablet e il computer. Il suo aumento si deve tradurre nel tempo di vita speso a giocare, che va sottratto ai rapporti familiari, al lavoro, alla formazione. In questo 25% in più sicuramente ha avuto un forte peso l’uso di tablet e smartphone, dispositivi che ci accompagnano nella nostra quotidianità. È, dunque, patologico se mentre sto a lavoro mi metto a giocare.

Proprio il tempo di vita consumato nel gioco d’azzardo ci consente di misurare la gravità della dipendenza.

Non solo: con tablet e smartphone la variabile velocità e l’automatismo con cui il gioco avviene incidono sulla ragione e sulla coscienza. Non a caso, si chiama dipendenza comportamentale del gioco compulsivo. È una macchina costruita per arruolare al gioco compulsivo e alla dipendenza milioni di persone, senza che lo Stato faccia valere le sue prerogative di ente che deve garantire i valori pubblici primari della salute, del risparmio, della socialità.

Anche nel Def (Documento di economia e finanza), presentato dal Governo l’11 aprile, è stata aumentata la tassazione di slot e Vlt, ma non si toccano gioco e scommesse online. Perché?
Dopo che si è creata una popolazione dipendente al gioco on line,

si teme che aumentando la tassazione e diminuendo di conseguenza la massa dei premi, possa arrestarsi la crescita di 500mila nuovi arruolati all’anno all’azzardo on line.