Sulle frontiere del Mediterraneo

Incontro, ascolto, dialogo, conoscenza: per la Fuci si vince così la paura e si prepara il terreno per una vera integrazione

Apprendimento della lingua italiana, sostegno e accompagnamento psicologico, sport come strumenti di integrazione. Incontro, ascolto, dialogo, conoscenza come mezzi per vincere la paura del diverso. Sono alcune linee operative sulle quali la Fuci intende concentrare il proprio impegno. Gianmarco Mancini (presidente maschile): “Essere azione, prendere la parola e tentare di dare voce a chi non ne ha”. Marianna Valzano (presidente femminile): “Ragionare e a dialogare con la popolazione per tentare di ‘preparare’ l’arrivo di gruppi di richiedenti asilo”

Incoraggiare l’integrazione attraverso l’apprendimento della lingua italiana, il sostegno e l’accompagnamento psicologico, lo sport; avvicinare le comunità dei migranti a livello locale; promuovere occasioni d’incontro con la popolazione che si trova ad accogliere gruppi di richiedenti asilo. Sono alcuni punti delle “tesi” approvate al termine del 66° congresso nazionale della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) che si è svolto a Pavia e Vigevano dal 4 al 7 maggio sul tema “Mediterraneo, frontiere di speranza”.

Nel corso dei lavori, il Consiglio centrale ha eletto presidente nazionale femminile Gabriella Serra, della quale, secondo statuto, “propone la nomina al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana”, e vicepresidente nazionale femminile Anna Del Bene. Serra succede a Marianna Valzano che conclude il suo mandato. La Fuci è guidata da due presidenti, uno maschile e uno femminile, che ricoprono l’incarico per un biennio e vengono eletti ad anni alterni per consentire al neo eletto di affiancarsi per un anno a quello che rimane in carica, oggi il presidente maschile Gianmarco Mancini che terminerà il mandato nel 2018. Con lui e con Marianna Valzano abbiamo parlato delle iniziative che la Federazione intende avviare a favore dei migranti.

Il Mediterraneo è un luogo di incontro di culture e religioni diverse, ma il dialogo e l’integrazione non sono scontati”, esordisce Marianna. “Per essere veramente ponte e non luogo di scontro, siamo convinti che sia necessario creare occasioni di incontro in cui le diverse culture si possano raccontare.

Non si può ignorare la paura di molti nei confronti di ciò o di chi non si conosce: un sentimento che va preso sul serio e al quale si può fare fronte solo attraverso strumenti di conoscenza reciproca

che aiutino a comprendere che due popoli diversi hanno punti di partenza differenti ma non per questo si devono necessariamente scontrare”.

“Papa Francesco – aggiunge Gianmarco – ci sprona costantemente a non essere giovani – divano, bensì artefici e protagonisti del nostro presente per costruire il nostro futuro.

Come fucini, ci sentiamo chiamati ad essere azione, a prendere la parola e a tentare di dare voce a chi non ne ha”.

Per questo “intendiamo coinvolgerci in prima persona come Federazione in piccoli gesti di presenza e accoglienza per sviluppare sul territorio una sensibilità civica nei confronti dei migranti”.
“Pensiamo – specifica Marianna – a eventi sportivi, corsi di insegnamento della nostra lingua, iniziative culturali anche di condivisione di cibo, momenti di accompagnamento e supporto psicologico per chi ha vissuto esperienze traumatizzanti, o anche di semplice ascolto, amicizia e calore umano.

Quelli che arrivano nelle nostre comunità dovrebbero sentirsi accolti e riabilitati, e poter esprimere al loro interno tutta la ricchezza del loro vissuto”.

Perché lo sport? Risponde Gianmarco: “Perché è un formidabile strumento di comunicazione anche tra ‘lontani’, un vero linguaggio universale. Naturalmente siamo ancora a livello di linee guida che dovranno essere rielaborate, adattate e calate nel concreto delle diverse realtà”.

Con riferimento al piano sull’accoglienza diffusa lanciato nei mesi scorsi da ministero dell’Interno e Anci (Associazione nazionale Comuni italiani), che prevede l’adesione volontaria da parte dei Comuni per l’accoglienza di una media massima di 2,5 migranti ogni mille abitanti, Marianna osserva: “Non tutti i Comuni sono disposti ad aprire le loro porte. Xenofobia, paura, pregiudizi legati al ‘non nel mio giardino’ sono duri a morire.

Vorremmo provare a ragionare e a dialogare con la popolazione per tentare di ‘preparare’ l’arrivo di gruppi di richiedenti asilo.

Pensiamo sia un servizio per la cittadinanza, a partire dai nostri gruppi Fuci nelle università, passando per le realtà diocesane e arrivando alle altre realtà del territorio”.

Secondo i due presidenti Fuci, il lavoro più impegnativo “riguarda le religioni: ci fanno paura per il loro rischio di essere strumentalizzate da fondamentalismi che non consentono alcun dialogo”. Di qui, sulla scorta del percorso federativo di incontri ecumenici e interreligiosi – anzitutto i colloqui ebraico cristiani che da 30 anni si svolgono a Camaldoli ma anche gli incontri organizzati quest’ultimo anno in diverse città con giovani valdesi, ebrei e musulmani – l’intenzione di

“sviluppare ulteriormente questo cammino facendo incontrare in università esperienze religiose diverse”.

“Riteniamo però – concludono – che già fin dalla scuola, fin da bambini, sarebbe importante avere la possibilità di ‘incontrare’ e conoscere la diversità delle religioni presenti sul nostro territorio”.