Attentato a Manchester
Come rispondere alla violenza? La richiesta di maggior sicurezza è legittima, urgente. La tentazione di una risposta violenta in agguato. Con il rischio di escalation. Ma la risposta vera – che è insieme la sfida più grande – è quella di non rinunciare al senso di comunità, non cedere al ricatto della paura. Stare vicini, stare insieme.
Mentre il giornale va in stampa, con il suo carico di pagine di notizie locali, si susseguono sul web le informazioni che arrivano da Manchester, dove lunedì sera si è consumata l’ennesima tragedia con un kamikaze che ha seminato la morte all’uscita di un concerto pop. Ventidue le vittime accertate e 60 i feriti di un bilancio che probabilmente andrà ancora aggiornato. Difficile trovare parole di fronte ad una strage del genere. Ogni commento rischia di essere superfluo, fuori luogo. Anche l’urlo di dolore implode nel silenzio. E immediatamente la distanza si azzera. Ci sentiamo vicini. Quelle vittime sono anche le nostre, quei ragazzini che uscivano da una serata di divertimento sono anche i nostri figli. Perché avrebbero potuto esserlo. Perché sarebbe potuto capitare a noi.
Quando il terrore si insinua nei luoghi del divertimento è ancor più destabilizzante. Un concerto è luogo di positività, dove si è tutti insieme con il medesimo obiettivo: condividere un’esperienza gioiosa, emozionarsi, “tifare” per il proprio artista preferito, e tifare per la musica. Che unisce, che accomuna. Colpire un luogo del genere è colpire al cuore non soltanto una persona, o tanti singoli individui, ma il senso stesso di comunità. Come rispondere a questa violenza? La richiesta di maggior sicurezza è legittima, urgente. La tentazione di una risposta violenta in agguato. Con il rischio di escalation. Ma la risposta vera – che è insieme la sfida più grande – è quella di non rinunciare al senso di comunità, non cedere al ricatto della paura. Stare vicini, stare insieme.
(*) direttore “La Fedeltà” (Fossano)