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Gli operatori della comunicazione, cattolici e non cattolici, favoriranno sempre più la cultura dell’incontro se non gareggeranno a chi urla più forte e se sapranno utilizzare la “libertà di stampa” nel rispetto della dignità della persona che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini
I tanti convegni che si sono tenuti nei giorni scorsi in preparazione della 51ᵃ Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si celebra domenica 28 maggio, hanno costituito una grande opportunità, principalmente per gli operatori della comunicazione, per riflettere sul messaggio di Papa Francesco, “Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”. E hanno anche offerto l’occasione per prendere coscienza del notevole ruolo svolto dagli operatori dell’informazione sia sulla rappresentazione dei fatti e quindi della verità, che sulla formazione della pubblica opinione. Nella nostra diocesi è stato il vescovo Antonio Staglianò a dettarci gli spunti di riflessione sulla giornata, seguito da don Alessandro Palermo, esperto in comunicazione pastorale, che ha svolto una dotta relazione sul tema “La Chiesa mediale. I giornalisti di fronte ai nuovi linguaggi digitali”.
“La Chiesa del futuro che sogniamo – ha detto mons. Staglianò – è quella che stiamo realmente vivendo: una Chiesa fondata sulla comunicazione fra persone, ‘face-to-face’ (faccia a faccia)”. Una Chiesa, ha proseguito, dove “non c’è spazio per la post-verità che, proprio perché non è verità e nemmeno falsità, si trova in una zona grigia che costituisce il campo privilegiato per chi vuole servirsi dei fatti per costruire una verità a proprio uso e consumo”. Una Chiesa, ha chiarito riprendendo il messaggio del Papa, che “costruisce e non demolisce”. Ecco perché, ha dichiarato, “sono false le notizie diffuse in questi giorni di una Chiesa degli scandali”. La vera Chiesa, ha detto con fermezza, “è quella dove c’è Carità e Amore; la Chiesa, per intenderci, di Don Puglisi e di tanti santi come lui che, per amore e carità, hanno speso la loro vita; o la Chiesa è questa o non è Chiesa”. La comunicazione incide, non solo sulla rappresentazione dei fatti, alterandone a volte la realtà e quindi tradendone la verità, ma anche sulla formazione di un’opinione pubblica che sempre di più si lascia coinvolgere.
In Italia da tempo siamo abituati a inchieste giornalistiche che pretendono, spesso, di anticipare l’iniziativa giudiziaria. Peggio, ancora, quando il “potere” della stampa viene utilizzato per motivi di lotta politica o per assecondare questo o quello schieramento. Basta seguire i tanti talk show per rendersene conto. Per quasi vent’anni abbiamo assistito, spesso compiaciuti, a un continuo martellamento da parte della stampa nei confronti di Berlusconi. Ora è il turno di Renzi: un esercizio del potere di informazione che assomiglia più a un tifo da stadio che a un vero servizio alla verità. Anche perché nell’immaginario collettivo pure il pettegolezzo ha la sua dose di credibilità. L’uso della propaganda è dannoso non solo nella formazione dell’opinione personale, ma anche per i riflessi negativi sul contesto sociale. Il Papa, nel suo messaggio sa che le notizie vere crescono insieme a quelle false. “Già i nostri padri nella fede – scrive Papa Francesco – parlavano della mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania”. Da qui l’invito agli operatori della comunicazione a usare un sano discernimento “per offrire un pane fragrante e buono a coloro che si alimentano dei frutti della loro comunicazione”. E a chi oggi, con tanta sicumera pretende di imporre la propria verità, il Papa dice che “la realtà, in se stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli ‘occhiali’ con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa”. E conclude: “Vorrei esortare tutti ad una comunicazione costruttiva che, nel rifiutare i pregiudizi verso l’altro, favorisca una cultura dell’incontro, grazie alla quale si possa imparare a guardare la realtà con consapevole fiducia”. Gli operatori della comunicazione, cattolici e non cattolici, favoriranno sempre più questa cultura dell’incontro se non gareggeranno a chi urla più forte e se sapranno utilizzare la loro “libertà di stampa” nel rispetto della dignità della persona che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini.
(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)