Commento
L’esortazione del Pontefice non consista nel promuovere una logica del newsmaking incentrata prevalentemente su notizie positive (un ingenuo ottimismo), quanto piuttosto nel rifiutare la logica ampiamente diffusa della spettacolarizzazione del dramma e della sofferenza, nel rivendicare lo spazio per un cambiamento di prospettiva nel racconto dell’informazione.
Il punto di partenza del messaggio del Santo Padre per la 51ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali consiste nel porre l’accento sulla tendenza, largamente diffusa, a dare risalto e visibilità alle “cattive notizie”, a informazioni incentrate su aspetti negativi se non apertamente drammatici dell’esistenza, in grado di produrre nell’uomo un impatto profondo sul piano emotivo, contribuendo a generare spesso sentimenti di paura e di angoscia ma anche di assuefazione.
Un primo aspetto molto importante del messaggio consiste nel
rifiutare una visione tecnocentrica dei media,
ponendo piuttosto l’accento sui contenuti dell’informazione e sul valore dei legami sociali che intercorrono tra i soggetti coinvolti nel processo comunicativo. È infatti importante evidenziare come l’esortazione del Pontefice non consista nel promuovere una logica del newsmaking incentrata prevalentemente su notizie positive (un ingenuo ottimismo), quanto piuttosto nel rifiutare la logica ampiamente diffusa della spettacolarizzazione del dramma e della sofferenza, nel rivendicare lo spazio per un cambiamento di prospettiva nel racconto dell’informazione.
Nella riflessione del Papa l’informazione viene sempre presa in considerazione avendo ben chiaro che le notizie presuppongono un esito pragmatico, degli effetti sul piano concreto delle relazioni. Dunque una notizia non viene definita cattiva poiché testimonia di eventi negativi quanto piuttosto perché alimenta l’insorgere o il rafforzamento di pregiudizi verso l’altro che non hanno fondamento, non riconoscendo il valore della “cultura dell’incontro” che i processi della comunicazione possono invece contribuire ad alimentare.
Sono, dunque, due i sostantivi che qualificano la proposta di Papa Francesco di ripensare il senso e il valore dello stile dell’informazione:
l’apertura e la creatività.
Il primo termine rinvia all’esigenza di riconoscere il supporto fondamentale che l’informazione può giocare nella costruzione o nella ricostruzione del dialogo con l’altro. Uno stile di comunicazione aperto in questo senso consiste nel riconoscere il valore fondamentale della relazione con l’altro, dell’inclusione e, dunque, nel sottrarsi alla logica di una rappresentazione dei ruoli narrativi fondata sui preconcetti.
Il significato della seconda parola va inteso in un’accezione forte, dunque creatività non come esercizio di stile sul piano lessicale o delle soluzioni espressive ma come prefigurazione di possibili soluzioni innovative sul piano del racconto, volte a offrire una prospettiva non stereotipata sugli eventi, aprendo a forme di testimonianza dell’esistenza che riconoscano sempre il valore della speranza, della fiducia. In questo senso la “buona notizia” non si risolve banalmente nel racconto di eventi positivi ma nasce piuttosto in primo luogo dalla scelta (tanto dell’autore dell’informazione quanto del suo destinatario, a sua volta investito di responsabilità) di non riconoscere il ruolo del protagonista del racconto dell’informazione esclusivamente al male, spostando dunque la messa in prospettiva della narrazione e ampliando lo spazio della narrazione.
Nella parte centrale del messaggio il Santo Padre invita ad assumere la prospettiva del Vangelo riconoscendo che la buona notizia per eccellenza il “Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio […] non è buona perché priva di sofferenza, ma perché anche la sofferenza è vissuta in un quadro più ampio”.
Sono dunque la fiducia e la speranza gli assi portanti invocati dal Pontefice per non soccombere di fronte ai drammi che quotidianamente investono la dimensione individuale e collettiva dell’esistenza, riconoscendo “che l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire”.