Crisi
“Noi non siamo né dalla parte del governo, né dell’opposizione. A noi interessa solo aiutare il popolo”. Così il presidente dei vescovi venezuelani, mons. Diego Pádron Sanchez, spiega il motivo dell’incontro di ieri con Papa Francesco. Il vescovo pensa che il governo di Nicolàs Maduro stia “portando avanti politiche sbagliate” con la repressione costata già 70 morti e la mancanza di cibo e farmaci: “In questo momento è necessario aprire un canale umanitario”. Il punto di partenza per il dialogo, ha detto il Papa, è la lettera del card. Pietro Parolin, Segretario di Stato
Dopo una giornata romana campale, insieme ad altri tre vescovi e due cardinali venuti ieri mattina a raccontare a Papa Francesco la grande sofferenza del popolo venezuelano, mons. Diego Pádron Sanchez, arcivescovo di Cumanà e presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, ha incontrato la stampa nel cortile di San Callisto, rispondendo a tutto tondo e senza filtri.
Perché avete chiesto udienza al Papa?
Siamo venuti a parlare con il Papa per il nostro popolo, non abbiamo nessun interesse a scontrarci con il governo. Noi non siamo né dalla parte del governo, né dell’opposizione. A noi interessa solo aiutare il popolo. Siamo venuti a Roma per presentare al Papa la situazione del popolo venezuelano. Cerchiamo di capirci con chiunque e non rappresentiamo nessuna linea politica, se non quella pastorale della Conferenza episcopale, di accompagnamento al popolo venezuelano.
In questo momento tutto il Venezuela sta soffrendo, al di là del colore e dell’ideologia.
La gente soffre la fame, la mancanza di medicine, l’insicurezza. Da due mesi abbiamo continue manifestazioni, con 70 giovani morti in maniera violenta. Questo ci preoccupa moltissimo.
Cosa vi ha detto Papa Francesco?
Il Papa ci ha detto che è ben informato e molto commosso perché riceve ogni giorno notizie sulla sofferenza del popolo. E’ molto vicino al popolo venezuelano. Ci ha sottolineato il suo appoggio totale. Gli abbiamo consegnato un dossier con tutti i morti degli ultimi mesi e i dati, le dichiarazioni e le decisioni della Conferenza episcopale. L’incontro è durato 50 minuti, è stato cordiale, fraterno, molto semplice, con grande libertà di dire tutto ciò che pensiamo. Ci ha detto che noi abbiamo tutta la sua fiducia e siamo oggi in grande comunione con la sua persona e il suo magistero, perciò non c’è distanza tra ciò che pensa il Papa e ciò che pensa la Conferenza episcopale.
Come pensa possa contribuire a risolvere la crisi?
Il Papa ha il peso morale per parlare ai governi e ai popoli, quindi può essere molto utile per il Venezuela.
Noi abbiamo fiducia che la comunità internazionale possa aiutare il popolo venezuelano.
Il governo lo ascolterà?
Non so se ha intenzione di ascoltarlo, ma esiste una situazione oggettiva e quando i governi e il mondo intero ne parla è una grande forza che può contribuire.
Qual è, a suo avviso, la soluzione?
Che il governo ammetta che sta portando avanti politiche sbagliate. Che riconosca i bisogni del popolo. In questo momento è necessario aprire un canale umanitario. Non ha importanza il nome: se al governo non piace la definizione “canale umanitario” ne possiamo utilizzare un’altra, come solidarietà fraterna. Ma non si può negare che il popolo ha grande bisogno di cibo e medicine e molti stanno morendo per mancanza di cure.
Voi siete contrari a una nuova assemblea Costituente: la Santa Sede appoggia questa vostra posizione?
Totalmente, perché la Costituente non è necessaria. Fino a pochi mesi fa il Venezuela aveva la migliore Costituzione del mondo. In questo momento non è la cosa più necessaria: servono alimenti, medicine, sicurezza, rispetto e il diritto a manifestare liberamente. Tutto questo non si risolve cambiando la Costituzione. Non ci si può impegnare per cambiare la Costituzione quando non ci sono i soldi per comprare da mangiare.
Il Papa ha parlato di una mediazione?
Oggi non c’è possibilità di dialogo. Anche
il Papa ci ha detto che per ricominciare una mediazione bisogna prendere come punto di partenza i quattro aspetti della lettera del cardinale Pietro Parolin
del 1° dicembre, che elenca quattro richieste concrete: i canali umanitari, il riconoscimento dell’Assemblea nazionale, il rilascio dei prigionieri politici e un processo elettorale.
C’è la possibilità che il governo ascolti queste richieste?
E’ possibile che non le ascolti, ma dirle è già un passo in avanti.
Quindi la lettera del card. Parolin è la “carta magna” del dialogo?
Si è la “carta magna” del dialogo e il punto di partenza per ricominciare il dialogo. Oggi dialogo in Venezuela vuol dire ascoltare e rispettare il popolo. In questo senso abbiamo chiesto un referendum consultivo prima dell’assemblea costituente. Senza un referendum non sarà un’assemblea popolare ma sarà determinata dal governo. Lo abbiamo detto al governo, all’opposizione e al Papa.
Di recente vi siete incontrati con alcuni rappresentanti del governo per discutere della Costituente. Ci sarà un nuovo incontro?
Ci siamo incontrati su invito del governo nella nostra sede, ma abbiamo detto che non volevamo entrare in una discussione di tipo giuridico sulla Costituente perché a noi interessava la problematica sociale. E lì si è concluso il discorso. Comunque è stato un incontro nel rispetto reciproco e può essere una porta aperta – o almeno una finestra – per incontri futuri.
Le elezioni sono, dunque, lontane?
Non penso che si sarà un processo elettorale perché con l’assemblea Costituente il governo ha fissato due date: la Costituente il 30 luglio e poi a dicembre le elezioni, ma
pensiamo sia un trappola del governo per annullare le elezioni di dicembre:
è una data che serve solo ad alimentare l’immaginazione del popolo. Temo che alla fine non ci saranno perché la Costituente annullerebbe le elezioni e i poteri costituiti.
Il Papa condivide la vostra idea che le politiche di Maduro siano sbagliate?
Il Papa condivide il fatto che stiamo vivendo una situazione molto difficile e non si spiega come sia possibile che un Paese con tante risorse arrivi allo stremo, senza cibo e medicine. E che un popolo tanto pacifico sia colpito da tanta violenza, con 70 giovani morti in due mesi.
Il governo dice che il Papa è dalla loro parte…
È una propaganda del governo dire che il Papa sta dalla loro parte e l’opposizione non è dalla parte del popolo. Noi smentiamo totalmente questa posizione perché siamo convinti che il Papa segue la linea del Vangelo e della Chiesa, ed è vicino alle persone che soffrono, ai poveri e ai bisognosi.
Perché tanta repressione, qual è lo scopo del governo?
Il governo ha come fine quello di mantenere il potere ad ogni costo.
Ha il desiderio, la volontà o lo scopo di mantenere un popolo sottomesso e silente, che non parli e non protesti. Un modo per mantenerlo sottomesso è non avere medicine ed esseri occupati a cercare in ogni momento soluzioni alle piccole e grandi necessità di ogni giorno. Un popolo che soffre ed è malato non ha la volontà di sollevarsi contro nessuno.
Due giorni fa il ministro della difesa ha però riconosciuto che c’è stata troppa repressione. Spera che dopo l’incontro con il Papa cambi qualcosa in questo senso?
Speriamo di sì ma non è così immediato ed automatico. Bisogna riconoscere la dignità di ogni uomo e donna ed essere consapevoli della libertà del popolo di esprimere il proprio dissenso. Il Papa appoggia totalmente la nostra linea di aiutare il popolo a superare i problemi più grandi: la mancanza di cibo, di medicine e di libertà.
Il popolo sente ogni giorno di più che sta perdendo la libertà, e che la repressione è ogni giorno più grande.
La gioventù ha tanta paura, le famiglie provano un grande dolore. Il Papa ha detto di essere molto vicino alle famiglie che hanno perso i propri familiari. Forse domenica o nei prossimi giorni dirà qualcosa. Noi lo speriamo.
Cosa vi ha detto il Papa a proposito della mancanza di cibo e medicine?
Ci ha detto di rafforzare il lavoro della Caritas. Sa che la Caritas Internationalis e altre istituzioni sono pronte ad aiutare la Caritas venezuelana. In questo momento stiamo distribuendo farmaci: tanti ci portano valigie di medicinali dall’estero. Stiamo aiutando migliaia di persone, una risposta limitata ma efficace.
Come preferite vengano inviati gli aiuti?
In due modi: tramite il porta a porta o mandando piccole quantità di farmaci (una o due valigie) alla Conferenza episcopale, poi la Caritas le distribuisce.
Il governo due settimane fa ci ha dato l’autorizzazione a far arrivare medicine, ma è solo teoria.
Perché ha posto tante condizioni, tra cui quella di spiegare la storia di ogni farmaco. E se ne mandano 300 come facciamo? Ci sono grandissime difficoltà che ne rendono difficile la realizzazione. Non ci possiamo fidare della parola del governo.
Perché questo atteggiamento del governo?
Perché non vuole apparire come insensibile o non vuole far vedere a livello internazionale che la popolazione ha così tanti bisogni.