Accoglienza
Resta il dubbio che una leadership forte per funzionare debba sapersi declinare con il “noi” più che con l’ “io” (tipico di Berlusconi e Renzi). Vedremo se Macron saprà essere un leader di una comunità o un solista. Forse allora il suo modello potrebbe fare meno timore
Emmanuel Macron, il neopresidente francese potrà di sicuro venire in Italia per qualche giorno di vacanza e sicuramente anche come leader di uno dei più importanti Paesi europei. Ma difficilmente potrà trasferirsi nella nostra penisola come modello politico.
Certo, in tanti lo abbiamo salutato con simpatia, per la sua ventata di giovinezza e novità, per la sua risposta coraggiosa ai populismi sapendo rimettere al centro l’Europa, per la sua discontinuità in un sistema politico francese oggettivamente inadeguato alle attuali sfide.
Macron al primo turno è stato votato da meno di un quarto dei votanti. Ha portato all’Assemblea nazionale (il Parlamento francese) un esercito di neofiti con un partito mai esistito prima. E ora si appresta a modificare l’assetto parlamentare.
Da noi sarebbe possibile qualcosa di simile? Ma noi non siamo la Francia, si obietterà: questa è una repubblica semipresidenziale, mentre noi siamo in una repubblica parlamentare. E alla prossima consultazione avremo anche Camera e Senato eletti con ogni probabilità con il sistema proporzionale (stile Prima Repubblica).
Ha ragione Marco Follini quando, in un’intervista, evidenzia come uno degli errori della politica di questi anni sia aver tematizzato solo la questione della leadership. È indubbio però che un leader autorevole, in grado di muoversi con rapidità e decisione può dare (non è certo automatico) al sistema maggiore efficienza.
Noi, nella nostra storia recente, abbiamo avuto due casi che presentavano qualche ambizione in questa direzione, ma che hanno sostanzialmente fallito: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Per carità, non saranno simpatici e abili come Macron, ma hanno cercato di darsi un piglio da capitano in grado di governare con decisione la propria imbarcazione. Eppure il modello non sembra funzionare.
Le ragioni sono un impasto tra retaggio storico (il timore che comunque continua a suscitare in certa parte dell’elettorato l’idea dell’uomo solo al comando di mussoliniana memoria), eredità politica della Prima Repubblica (quando certo consociativismo permetteva comunque anche a chi era all’Opposizione di avere il suo spicchio di potere), inefficienza istituzionale (certe riforme non convengono a nessuno perché così nessuno può governare veramente). Ma non basta. Resta il dubbio che una leadership forte per funzionare debba sapersi declinare con il “noi” più che con l’ “io” (tipico di Berlusconi e Renzi). Vedremo se Macron saprà essere un leader di una comunità o un solista. Forse allora il suo modello potrebbe fare meno timore.
(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)