Politica e società

Immigrazione, manca l’Europa

La migrazione ad alcuni può sembrare una guerra, un’invasione, una violenza gratuita, ma in realtà fin dall’inizio ha seguito la storia dell’umanità ed è una delle protagoniste della sistemazione dei popoli, delle Nazioni, degli Stati. Vedi l’Europa. Ciò vale anche per il presente e per il futuro.

Quel che è successo un mese fa al Senato sul diritto di cittadinanza (ius soli) per rispetto e per immagine, sarebbe meglio non raccontare. Ma dimenticare, evitare di approfondire e di analizzare sarebbe peggio.
È in gioco il bene comune del Paese. Non siamo di fronte a un semplice episodio ma a una crisi reale o come alcuni stanno dicendo, a una malattia della nostra politica. Per curare quindi la politica, piuttosto che il medico e lo psicologo, trattandosi di mali sociali, si dovrà ricorrere al sociologo o alla magistratura la quale punisce ma difficilmente educa. Siamo nell’ambito dei “vizi privati e delle pubbliche virtù” che interpella il costume, il modo di vivere e, quindi, la coscienza di ciascuno.
La Bibbia, così sapiente e tanto antica quanto moderna, avvisa che la prima guerra comincia con due fratelli carnali e che la legge prima di essere scritta nei lunghi e incomprensibili codici è scritta sulle “Pietre” e nella coscienza di ogni uomo. Il male di cui stiamo parlando, prima di essere sociale si definisce morale. Urge recuperare i valori fondamentali per una cultura che possa riabilitare un habitat concretamente abitabile.
Ma come è malata la politica? In che consiste la sua fragilità?
Divisione, moltiplicazione, dispersione delle forze sociali e, quindi, dei partiti, portano allo sfascio della politica stessa con sussulti di razzismo, di regime. Riguardo al populismo, bisogna chiedersi se nasce dal popolo, se è voluto dai politici oppure se è la conseguenza dello sfascio stesso, per cui il popolo non sa più dove guardare e per chi votare.
Nonostante tutto sono convinto che la rissa in Senato sia stato un episodio provocato da una circostanza eccezionale, cioè il dover affrontare lo straordinario fenomeno migratorio.
Corre da Lampedusa e si incanala nello stretto dello “stivale”, in realtà attraversa tutto il globo, dal Medio Oriente al Continente africano sino a raggiungere le Americhe, sceglie come bacino di raccolta il Mediterraneo e l’Italia per approdo verso l’Europa, l’Eldorado.
Se c’è una colpa è dell’Europa, i cui confini seguono le coste del Mediterraneo, da Gibilterra al Bosforo, che vuol essere unita ma non lo è e degli Stati che pensano a loro stessi. Sicché, sbarcare a Lampedusa vuol dire sbarcare in Europa. È affare continentale ed è politico, come tale chi lo deve risolvere l’Italia da sola?
La migrazione ad alcuni può sembrare una guerra, un’invasione, una violenza gratuita, ma in realtà fin dall’inizio ha seguito la storia dell’umanità ed è una delle protagoniste della sistemazione dei popoli, delle Nazioni, degli Stati. Vedi l’Europa. Ciò vale anche per il presente e per il futuro.
L’Arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas Italiana, quotidianamente a contatto con la realtà migratoria, riferendosi a dati statistici, avvisa che “oggi non li vogliamo ma domani li cercheremo”.

(*) direttore “Il Nuovo Amico” (Pesaro-Fano-Urbino)