Cei
Per molti può essere scontato ma il diritto alla libertà non vale per tutti: soprattutto per chi è costretto a migrare perché nella sua terra non si può vivere in pace, si è perseguitati, ci sono conflitti, terrorismo, povertà, fame, degrado ambientale. O semplicemente non ci sono opportunità, di alcun tipo. Per cercare di dare a tutti la libertà, di restare a casa o di partire, la Cei ha lanciato una grande Campagna della durata di tre anni, stanziando 30 milioni di euro per progetti nei Paesi di provenienza, di transito e di accoglienza dei migranti. Se ne occuperanno il Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, Caritas italiana, le Fondazioni Missio e Migrantes
“Nessuno deve essere costretto a stare in un posto dove non può vivere una vita dignitosa o dove c’è violenza. Nello stesso tempo ognuno ha il diritto di muoversi perché la terra è di tutti, non di alcuni sì e di altri no. Vorremmo che il concetto di libertà di partire, di emigrare, valesse a 360 gradi”. Così don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, spiega il senso della campagna della Cei “Liberi di partire, liberi di restare”, anticipata in occasione dell’assemblea generale Cei di maggio e lanciata a livello ufficiale a conclusione della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente (28 settembre 2017). Una iniziativa straordinaria per la quale la Cei ha scelto di destinare 30 milioni di euro dei fondi 8xmille nell’arco di tre anni, vista l’ampiezza geografica e temporale della proposta. La porteranno avanti, concretamente, il Servizio degli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo, Caritas italiana, Migrantes e Missio. La Campagna servirà a sensibilizzare la popolazione italiana e a realizzare iniziative nei Paesi di partenza, di transito e di accoglienza. Tema centrale è il diritto alla libertà, presupposto fondamentale per la pace e la giustizia. Perché molti sono costretti a partire per le ragioni più diverse: mancanza di cibo, acqua, lavoro, povertà estrema, guerre, disastri naturali, cambiamenti climatici, degrado ambientale. Tra i beneficiari privilegiati vi saranno i minori e le loro famiglie, le vittime di tratta e le fasce più deboli. Gli ambiti di intervento: educazione e formazione professionale, informazione in loco sui rischi della migrazione, progetti di carattere sociale e sanitario a favore dei più deboli, progetti per la promozione di opportunità lavorative e accompagnamento al rientro, percorsi di riconciliazione.
“Garantire a tutti una vita dignitosa”. Don Leonardo Di Mauro spiega che “non si tratta di una raccolta fondi ma verranno utilizzati 30 milioni di euro dell’8xmille“. Dire “aiutiamoli a casa loro”, secondo Di Mauro, “significa solo scaricare il problema”. Per don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, questa campagna “ha una valenza educativa, che risponde pienamente al nostro mandato statutario della funzione pedagogica di animazione delle comunità alla carità”. L’iniziativa “tocca i temi dell’accoglienza, della solidarietà, della condivisione – osserva don Soddu -, ma l’elemento centrale della proposta è ribadire a livello educativo l’importanza del fare rete in un impasto di relazioni, affettività, responsabilità educativa, testimonianza, affinché ognuno, e in particolare i migranti più giovani, possano scegliere liberamente come impostare il proprio progetto di vita”. In altre parole,
“occorre garantire a tutti una vita dignitosa per consentire a ciascuno di scegliere se restare nella propria terra o migrare e trovare accoglienza in altri Paesi”.
Inoltre, “permettere a chi soffre di restare nella propria terra – prosegue il direttore di Caritas italiana – significa puntare su uno sviluppo umano integrale, rimuovendo le cause degli squilibri, spesso all’origine del cammino e della fuga dei migranti”. A suo avviso l’impegno prioritario è “sentirci e riscoprirci tutti parte di questa Chiesa fatta di comunione e di comunità attive, impegnate e responsabili. Che si incontrano, restano in relazione, costruiscono insieme. Attente alle piccole cose e, nel contempo, capaci di guardare lontano, fino ai confini del mondo”.
I missionari e chi lavora con i migranti. Per gli 8mila sacerdoti, religiosi/e laici missionari “che consacrano la loro vita ai popoli perché conoscano il Vangelo”, di cui 400 fidei donum italiani, “l’impegno a fianco di chi sceglie di partire è fondamentale”: “È importante affermare la libertà e dignità di ogni persona – sottolinea don Michele Autuoro, direttore di Missio -, perché il Vangelo sia di liberazione, speranza di dignità e pienezza di esistenza”. “La condizione di chi ha lasciato la propria terra e vive in attesa – osserva – è di grande precarietà. Il progetto vuole intervenire anche nei luoghi di transito come la Libia, dove le condizioni nei centri sono inumane”. Secondo don Gianni De Robertis, direttore generale di Migrantes, che cita le parole di papa Francesco e Benedetto XVI, “la prima libertà deve essere quella di non essere costretti a lasciare il proprio Paese”: “Ogni strappo è sempre una sofferenza, non si lascia mai a cuor leggero la propria patria”. Come previsto dalla Campagna, che finanzierà anche progetti nei Paesi di provenienza, “è importante una certa circolarità nelle migrazioni, far rientrare le persone e trasformare la loro esperienza in ricchezza”.
Già finanziati 4 progetti. Al momento sono stati già finanziati 4 progetti in Italia. Tra questi, uno per la formazione di tutori volontari per minori stranieri non accompagnati a Catania, Ragusa, Agrigento, Mazara del Vallo e Messina, della durata di due anni. Saranno realizzati corsi e iniziative per sensibilizzare i cittadini a proporsi nel ruolo di tutori, come previsto dalla legge 47/2017. Sono circa 20mila i minori soli sbarcati sulle nostre coste che vivono nei centri. Anche in Marocco, Paese di transito dove i migranti che cercano di entrare in Spagna vivono in condizioni terribili – molti dormono in tubi di cemento e non hanno di che sfamarsi – la Cei finanzierà un progetto per aiutare tanti minori non accompagnati ad inserirsi nella vita del Paese
Sbarchi e vittime: le cifre. Negli ultimi tre anni sono arrivate in Italia più di 500mila persone di oltre 80 nazionalità diverse, prevalentemente africane. In seguito ai recenti accordi tra Italia e Libia finora il numero dei migranti sbarcati è di 102mila, il 21% in meno del 2016. Intanto ogni anno ne muoiono a migliaia (5mila nel solo 2016) nel tentativo di attraversare il Canale di Sicilia, il tratto di mare più pericoloso e mortale al mondo. Quest’anno sarebbero morti almeno 2mila in più rispetto al 2016, secondo l’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). L’ultimo naufragio, con un centinaio di dispersi che sarebbero stati una settimana alla deriva senza soccorsi, è avvenuto il 21 settembre al largo delle coste della Libia.