Visita pastorale
L’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, descrive al Sir il clima di attesa per l’arrivo di Papa Francesco. Le tappe e una sfida che suona come un impegno: “Investire in umanesimo”
Siamo ormai alla vigilia dell’arrivo di Papa Francesco, che visiterà Bologna – meta insieme a Cesena del suo 17° viaggio in Italia – per la prima volta. Abbiamo chiesto un identikit della città al suo arcivescovo, Matteo Zuppi, che descrive il clima di attesa per un viaggio che ha già mobilitato non solo la Chiesa, ma anche la città. Come ha voluto fare il Congresso eucaristico, che si conclude a Bologna a livello diocesano 20 anni dopo quello celebrato a livello nazionale con un altro Papa: Giovanni Paolo II. Papa Francesco arriverà a Bologna il 1° ottobre in elicottero da Cesena: l’hub regionale, piazza Maggiore – con l’Angelus in mondovisione – e San Petronio le prime tappe della visita, che dopo il pranzo con i poveri e l’incontro con il clero e i giovani si concluderà nel pomeriggio con la Messa allo stadio Dall’Ara, per la quale si sono già accreditate “on line” oltre 30mila persone. 1.750 i volontari reclutati dalla Curia.
Che atmosfera si respira a Bologna, in attesa di Papa Francesco?
Tutto è ormai pronto per quella che sarà certamente una giornata di festa. C’è stata una grande collaborazione da parte di tutte le istituzioni civili, non solo cittadine, per mettere a punto ogni dettaglio dell’organizzazione del viaggio: il Comune, la Regione, la Prefettura, la Questura e anche molti privati hanno contribuito alle spese.
C’è grande attesa da parte di tutti, per un evento che riguarderà tutta la città, e non solo la Chiesa.
Il primo Papa nella storia della Chiesa a provenire da una grande metropoli arriverà a Bologna, una delle più importanti città italiane, esattamente 20 anni dopo Giovanni Paolo II: allora era il Congresso eucaristico nazionale, ora è quello diocesano. Quale città troverà Papa Francesco, che la visita per la prima volta?
Troverà una città con una grande ricchezza, ma che vive come tutte le città europee anche tante domande e inquietudini. L’incertezza delle grandi sfide che ci pone il momento presente può spingere talvolta alla tentazione di chiudersi.
Bologna, però, ha nella capacità di accoglienza la sua grande forza:
basti pensare alla presenza dell’Università, la più antica d’Europa, che ha aperto le sue porte alle menti dei giovani provenienti da ogni parte del mondo, diventando così un crogiolo di riflessione e di umanità.
Nell’incertezza di tante domande, insomma, Bologna lancia una sfida: investire nell’umanesimo.
La prima tappa di Francesco a Bologna sarà l’hub di via Mattei: in una città sempre più multietnica, che impatto hanno i migranti che, ormai stabili sul nostro suolo, aspirano a diventare cittadini? Il card. Bassetti, nella sua prolusione al Consiglio permanente, ha auspicato una “nuova cittadinanza”…
È la sfida culturale dalla carità, che non significa evitare, ma anzi affrontare con efficacia le nuove sfide. Il rischio è che la carità sia un atteggiamento soltanto passivo: al contrario, deve diventare un atteggiamento attivo che guarda lontano e punta ad un’accoglienza che si traduca in un’integrazione più profonda e soprattutto stabile.
Quello che fa paura è l’incertezza: la gestione della questione dei migranti come un’emergenza continua fa paura, e quanti cavalcano la paura, consciamente o inconsciamente, non favoriscono certo le soluzioni, anzi amplificano i problemi e ne allontanano le soluzioni.
Il pranzo con i poveri è una consuetudine dei viaggi papali. Con chi pranzerà Francesco?
Con più di mille persone. Abbiamo scelto per questo momento del viaggio san Petronio, la Chiesa cittadina: non la cattedrale, ma il simbolo stesso di Bologna. Il Congresso eucaristico diocesano, in questo modo, si conclude a san Petronio con le due eucarestie: una sacramentale, la presenza del corpo e del sangue del Signore, e l’altra rappresentata dalla mensa alla quale siedono i tanti fratelli più piccoli di Gesù. Uno stesso luogo, legato al simbolo eucaristico e alla città degli uomini. Con questa scelta si riprende, inoltre, una tradizione non soltanto antica, ma anche tipica della carità bolognese. Padre Marella, ad esempio, tutte le domeniche celebrava la Messa con i poveri, con un offertorio al contrario: distribuiva il pane ai poveri e dopo la messa faceva colazione in chiesa insieme con loro.
Nel programma del viaggio, che culminerà con la Messa allo stadio Dall’Ara, troverà posto anche un incontro con i familiari delle vittime di tutte le stragi che hanno colpito la città, da Ustica al 2 agosto, dalla strage di Marzabotto alla Uno Bianca. Bologna “chiama” l’Italia?
Il Papa certamente avrebbe voluto visitare la stazione di Bologna, luogo della strage del 1980, di cui da poco abbiamo celebrato il 37° anniversario.
L’incontro con i familiari delle vittime di tutte le stragi che hanno colpito i bolognesi sarà un momento di grande consolazione.
Non è facile dimenticare ferite come queste: farne memoria insieme aiuterà a formare il senso di una comunità che parte proprio dalla memoria delle sue ferite per andare oltre ogni divisione che ne possa lacerare il tessuto sociale.
Lei ha parlato più volte di Papa Francesco come di un profeta. Quale si augura che sarà la profezia che parte da Bologna?
Il mio augurio è che da Bologna, grazie anche alla presenza tra noi di Papa Francesco, parta un messaggio di nuovo umanesimo. Rispetto all’Europa, Bologna ha un grande patrimonio di cultura che non va disperso ma fatto fruttificare guardando al futuro, a partire dall’università più antica del nostro Continente e forse del mondo.
La nostra città ha la responsabilità di fare tutto il necessario affinché il mondo non diventi disumano, la ragione del più forte non prevalga su quella dei tanti, ancora troppi, che non hanno voce.