Politica

Referendum veneto: il valore di un “sì”

Va chiarito e ribadito che qui non si tratta di richieste di indipendenza o di progetti di secessione – come, al contrario, sta avvenendo in Catalogna -, né il discorso dev’essere impostato solo in termini di rivendicazioni. Non dev’essere mai trascurato, infatti, l’appello alla solidarietà, imprescindibile anche in una nazione moderna tra i suoi vari territori. Si tratta invece di chiedere – come previsto dalla Costituzione – una maggiore autonomia di scelte, di decisioni e di gestione su nuovi ambiti

Domenica 22 ottobre gli elettori del Veneto saranno chiamati ad esprimersi nel Referendum su un quesito fin troppo semplice: “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di Autonomia?”. Nella stessa domenica voteranno sull’autonomia anche gli elettori della Lombardia, ma in quella regione, per la validità, non sarà necessario raggiungere il quorum dei 50% + 1 degli aventi diritto, essendo stato varato il Referendum in Consiglio regionale con una maggioranza qualificata (due terzi dei consiglieri), mentre nel Veneto la consultazione è stata approvata in Consiglio con una maggioranza semplice. Dunque per il governatore Zaia, primo promotore dell’iniziativa, ci sarà uno scoglio in più. Si può dire anche, dalla parte dei votanti, che sarà loro richiesto un maggior impegno, almeno nel partecipare alla votazione. Ed è quello che auspichiamo anche noi: che cioè la maggior parte dei Veneti si esprima direttamente su una domanda importante, come dev’essere ritenuta quella sull’autonomia.

Federalismo e autonomia sono prospettive che da molto tempo portiamo avanti anche noi e che sono state promosse a più livelli da numerose forze politiche (non solo la Lega Nord), ritenendole valide per una democrazia moderna e per un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica, riducendo la distanza dalle istituzioni. Il superamento di un eccessivo centralismo, del resto, è la condizione per una governance più adeguata ai tempi e alla sensibilità attuale, oltre che, sperabilmente, più efficace. Va chiarito e ribadito che qui non si tratta di richieste di indipendenza o di progetti di secessione – come, al contrario, sta avvenendo in Catalogna -, né il discorso dev’essere impostato solo in termini di rivendicazioni. Non dev’essere mai trascurato, infatti, l’appello alla solidarietà, imprescindibile anche in una nazione moderna tra i suoi vari territori. Si tratta invece di chiedere – come previsto dalla Costituzione – una maggiore autonomia di scelte, di decisioni e di gestione su nuovi ambiti. Il che richiede ed implica una maggiore maturità e, dunque, una maggiore responsabilità. Di questo devono essere consapevoli i cittadini come i politici. Con una maggiore autonomia la nostra Regione si impegna ad una maggiore serietà civico-amministrativa, ad una maggiore progettualità e ad una maggiore coerenza.

Non mancano, infatti, anche nel Veneto episodi e falle che devono mettere in guardia (classici esempi attuali la vicenda del Mose e quella delle due Banche popolari…). Votare “sì” potrà, dunque, essere un segnale di maturità democratica ma anche un’assunzione di responsabilità per il presente e per il futuro della regione, che non intende certo chiamarsi fuori dalla nazione ma contribuire al bene comune implementando le proprie peculiarità e partendo, certo, anche da una distribuzione più equa delle risorse, che la vede invece penalizzata rispetto alle confinanti regioni (e provincie) a statuto speciale. Ma quello “fiscale” sarà un altro discorso, che non viene per ora toccato direttamente dal Referendum.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)