Società
Senza un’attenzione a chi soffre non si fanno autentiche riforme politiche né dei corpi intermedi
Quattrocento anni fa, nel 1617, un prete francese, San Vincenzo de Paoli, fondò le Compagnie della Carità. Nel 1625 diete inizio alla Congregazione della Missione, composta da preti destinati a predicare nelle campagne – nelle periferie, diremmo oggi con le parole di papa Francesco – dove vivevano persone povere e trascurate. Il carisma di questo santo ha avuto la capacità di rinnovarsi nei secoli, come avvenne nel 1833 a Parigi. La città viveva un disagio particolare a seguito della rivoluzione industriale, con la crescita di un proletariato, masse di poveri, frutto del capitalismo selvaggio dell’epoca. Così Federico Ozanam, insieme ad altri laici, fondò la Società San Vincenzo de Paoli. Il fine precipuo era quello di assistere e promuovere sul piano economico, umano e culturale coloro che lo spietato sistema emarginava. San Vincenzo diceva: “Se si sogna insieme, quel sogno diventa realtà”. A questo s’ispirano oggi tutte le iniziative nate dal suo carisma, mentre si adoperano per concretizzare un progetto di globalizzazione della solidarietà. I responsabili di questa grande famiglia hanno detto: “Vogliamo rispondere alle sfide del nostro tempo e andare nelle periferie”. Uno degli obiettivi è sensibilizzare il mondo sul tema della povertà e, in particolare, dei senza tetto. Le iniziative sono rivolte, infatti, a coloro che vivono per strada dopo aver perso le proprie case, a chi vive nelle baraccopoli o nei campi profughi. L’obiettivo è trovare soluzioni che vadano oltre la pura assistenza.
In un messaggio, inviato alla famiglia vincenziana, il Papa ha detto che l’esempio del santo ci stimola “a dare spazio e tempo ai poveri, a fare nostri i loro pensieri e i loro disagi, perché un cristianesimo senza contatto con chi soffre diventa un cristianesimo disincarnato, incapace di toccare la carne di Cristo”. Recentemente il cardinal Bassetti ha detto: “Come ha insegnato Giorgio La Pira, la città dell’uomo ha bisogno del pane e della grazia”. Il nostro Paese è ancora in “una situazione economica stagnante, caratterizzata da una forte disoccupazione giovanile e da condizioni di indigenza di tante famiglie. Sono problemi che chiedono risposte autorevoli, concrete, urgenti, perché le persone non possono rinunciare al pane quotidiano: tutti hanno diritto al lavoro”. Senza un’attenzione a chi soffre non si fanno autentiche riforme politiche né dei corpi intermedi. Sandro Antoniazzi, sindacalista di Milano, ha rimarcato la necessità di ripartire dalla vocazione sociale, dall’attenzione ai più poveri, per riformare il sindacato stesso.
(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)