Referendum
In questa domenica i cittadini di Veneto e Lombardia dovranno esprimersi sulla richiesta di una maggiore autonomia. Un referendum che qualcuno si ostina a ritenere “inutile” – poiché la trattativa poteva essere avviata comunque (ma il Veneto la chiede dal 2001…) – ed invece è una legittima e diremmo doverosa espressione della volontà popolare che potrà suffragare i passi successivi delle autorità regionali
In un recente incontro per giornalisti sul rapporto Italia-Ue, due parlamentari europei di differente estrazione politica hanno messo in rilievo, tra l’altro, il valore innegabile dell’Unione europea come realtà che assicura libertà, democrazia, interscambio culturale ed economico tra Stati nazionali ad un livello impensabile prima della sua fondazione. E rilevavano realisticamente che uscirne ormai si traduce in un danno gravissimo per coloro che dovessero scegliere questa strada ancor più che per l’Ue in sé, come stanno sperimentando governanti e popolo del Regno Unito e come hanno intuito in Catalogna dove governanti e popolo esitano ormai a premere l’acceleratore della secessione. Altro discorso invece è quello dell’autonomia, di cui, in misura diversa, godono già molte regioni all’interno dei loro Stati nazionali e sempre all’interno della “patria comune” europea: la strada migliore per evitare dannose rotture, alimentate da nazionalismi montanti!
In questa domenica i cittadini di Veneto e Lombardia dovranno esprimersi sulla richiesta di una maggiore autonomia. Un referendum che qualcuno si ostina a ritenere “inutile” – poiché la trattativa poteva essere avviata comunque (ma il Veneto la chiede dal 2001…) – ed invece è una legittima e diremmo doverosa espressione della volontà popolare che potrà suffragare i passi successivi delle autorità regionali. Le materie su cui ogni Regione a statuto ordinario può chiedere allo Stato una maggiore autonomia, in base all’art. 116 della Costituzione sono elencate all’art. 117, comma 3, tra le “materie concorrenti”, oltre ad alcune tra quelle elencate al comma 2 tra le materie “esclusive” dello Stato. Per una volta almeno le elenchiamo: comma 3: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; comma 2: l) giurisdizione e norme processuali, limitatamente alla giustizia di pace; n) norme generali sull’istruzione; s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Ovviamente non si chiederà tutto (il governatore Zaia cita in particolare la previdenza complementare e la giustizia civile…) e l’effetto non sarà immediato (Zaia si dà tempo ottimisticamente 6 mesi); ma si tratta comunque di un’assunzione di responsabilità, cui gli elettori dovrebbero partecipare con il loro voto (per ricevuta otterranno una tessera con il leone di San Marco!…).
(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)