Un mese dopo
Il segretario esecutivo della pastorale sociale – Caritas della Chiesa messicana traccia un bilancio a un mese dal terremoto del 19 settembre, non tralasciando le altre recenti calamità (il terremoto del 7 settembre, inondazioni, frane) che hanno colpito il Paese
“Un’ecatombe. Sembra che ci sia stata una guerra, è tutto distrutto”. È questa l’espressione che accompagna i quasi quotidiani sopralluoghi di padre Rogelio Narváez, segretario esecutivo della pastorale sociale – Caritas della Chiesa messicana, che sta coordinando gli aiuti alle popolazioni colpite dal terremoto del 19 settembre e dalle altre recenti calamità (il terremoto del 7 settembre, inondazioni, frane). Una corsa febbrile, cercando sempre di andare nei posti che più hanno bisogno di aiuto, speranza, progetti di rinascita.
Terribile catena di calamità. Prendiamo contatto con il segretario della Caritas ad un mese esatto dal terribile terremoto che ha causato tante vittime (il bilancio ufficiale è di 345 morti) e danni (50mila abitazioni distrutte o lesionate) nel Messico centrale, soprattutto nella capitale Città del Messico e negli Stati di Morelos, Puebla e México. Ma padre Narváez, ci tiene a sottolineare che la terribile scossa del 19 settembre è stata solo l’ultimo anello di una singolare catena. Il terremoto del 7 settembre, infatti, era di proporzioni ancora maggiori. Ha provocato meno vittime (circa 90) perché l’epicentro è stato nell’Oceano Pacifico, ma ha causato tantissimi danni e ha colpito alcuni degli Stati più poveri del Paese, come l’Oaxaca e il Chiapas. Per non parlare delle tantissime scosse di assestamento: oltre ottomila dopo il primo terremoto, oltre duemila dopo il secondo, con picchi oltre il 6° grado Richter. Sempre all’inizio di settembre l’uragano Lidia ha falcidiato lo stato della Baja California del Sur e il ciclone Katia lo stato orientale di Veracruz.
Un concentrato di calamità cui la Caritas messicana ha cercato di fare fronte con tutte le forze.
E c’è stata anche una terribile appendice nello Stato meridionale del Chiapas: “Qui – spiega padre Narváez – la combinazione dei vari fattori atmosferici ha portato altra distruzione, soprattutto nelle zone montane e, in particolare, nella riserva di biosfera di Las Sepulturas e nella riserva di Berriozabal, nel territorio della diocesi di Tapachula. Le scosse del 7, 8, 19 e2 23 settembre hanno provocato nelle montagne ampie crepe e la pioggia caduta incessantemente ha provocato frane e apertura di voragini, che hanno ulteriormente colpito la popolazione”.
Ad un mese di distanza dal terremoto del 19 settembre si inizia a tracciare un bilancio delle vittime e dei danni. Il coordinatore nazionale di protezione civile, Luis Felipe Puente ha fornito un bilancio ufficiale di 345 morti, così suddivisi: 206 a Città del Messico, 74 nel Morelos, 45 nello stato di Puebla, 13 nello stato di México e uno in Oaxaca.
“Però – spiega padre Narváez – a Città del Messico girano anche altre storie ed altri numeri e ad esempio non sono state conteggiate le 16 vittime del Chiapas. Sarà difficile arrivare ad una cifra veramente attendibile”.
Caritas presente nei luoghi del sisma. La Chiesa messicana è naturalemente in prima linea negli aiuti. “Il nostro Episcopato – dice il segretario Caritas – è stato all’altezza della situazione. La sede della Cem si è trasformata in una centrale operativa, capace di dare informazioni, coordinare aiuti, elaborare progetti”, in coordinamento con le autorità ed altre realtà della società civile e del mondo cattolico. “Il vero obiettivo è che tutta la Chiesa messicana risponda in modo corale con carità ai bisogni dei nostri fratelli”.
La Caritas messicana ha finora raccolto 14 milioni di pesos, senza contare le collette locali. E gli aiuti giunti da tutto il mondo, compresa la Caritas Italiana.
Si sta intervenendo con progetti mirati, elaborati “dopo essere stati sul posto”, soprattutto nelle diocesi più isolate e meno seguite, come quella di Tapachula, ai confini con il Guatemala e di Tehuantepec, in Oaxaca: “I progetti più mirati sono stati elaborati per queste due realtà. Sono le prime diocesi ad essere state colpite, il 7 settembre, ma sono anche le più lontane e isolate. Ancora non sappiamo bene quanti e quali siano stati i danni”, spiega padre Narváez, che prosegue: “A livello operativo cerchiamo di assicurare tre priorità: l’esistenza di centri comunitari e di accoglienza, la riattivazione dell’economia e delle attività lavorative, l’appoggio ai sacerdoti”.
Altra situazione decisamente pesante è quella relativa alle chiese: il bilancio totale è infatti di 996 edifici danneggiati. Le diocesi più colpite sono Antequera Oaxaca con 83 chiese danneggiate, Tehuantepec con 87, Tlaxcala con 133, Cuernavaca con 89, l’arcidiocesi di Puebla addirittura con 232 e Città del Messico con 107.
Non mancano intanto nel Paese polemiche sulla corruzione, sulla modalità con cui molti edifici sono stati costruiti e sulla gestione degli aiuti. Ad essere collassati in occasione del sisma ci sono scuole e ospedali da poco ristrutturati o addirittura appena inaugurati. E la popolarità del presidente Enrique Peña Nieto, secondo un’inchiesta del Pew Research Center, è crollata al 7%, all’ultimo posto tra i leader latinoamericani.