Referendum

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Per quanta fretta si possa mettere, comunque, è prevedibile che, dopo una fase preliminare, dovrà essere il governo futuro a definire la questione, che passerà poi al vaglio delle Camere… Il punto che si pone ora, in una prospettiva più ampia, è proprio una riforma della Costituzione in senso federalista – compresa la leva fiscale – perché l’autonomia non sia solo un’illusione

(Foto: AFP/SIR)

Quando, alle 19 di domenica scorsa, si è saputo che il “quorum” sul Referendum in Veneto era stato raggiunto, in molti hanno tirato un sospiro di sollievo, perché, occorre dirlo – nonostante tutto – si poteva ragionevolmente temere che prevalesse l’astensione. A quel punto, invece, si poté ipotizzare un comodo 60 e più per cento, ben raggiungibile in proporzione delle ore che mancavano alla chiusura dei seggi. Ma, tant’è: la soglia ormai raggiunta e la pioggia insistente in varie zone della regione avrà trattenuto a casa più di qualcuno… Di fatto il 57,2% di votanti e il 98,1% dei “Sì” (anche l’1,9 dei “No” ha il suo significato, come a dire che la risposta non era del tutto scontata…) costituiscono una grande affermazione di volontà popolare che soddisfa pienamente quanti hanno creduto nel valore di questa consultazione. Primo fra tutti, ovviamente, il governatore Luca Zaia che, per altro, dopo una campagna equilibrata e saggia, ha osato rilanciare subito premendo sull’acceleratore nel puntare all’autonomia su tutte le 23 materie possibili – sapendo che sarà troppo -, nell’azzardare la richiesta di trattenere il 90% delle tasse – pur sapendo che la questione fiscale esulava dalla consultazione – e nell’invocare lo “statuto speciale” – pur sapendo che non è previsto dalla Costituzione. Ma – avrà ragionato – la Costituzione potrà pur essere modificata…

Del resto, anche il Veneto è “regione di confine” come ben sanno i Bellunesi, che assistono ad un esodo strisciante di numerosi comuni verso le regioni limitrofe e che hanno votato domenica scorsa per una autonomia al quadrato, per la loro provincia all’interno dell’autonomia regionale. In ogni caso i veneti si sono espressi chiaramente, rivelando – a differenza dei lombardi – un’identità più definita e una maggiore compattezza, zittendo quanti tacciavano il referendum di “inutilità”. Ma, al di là di tutto, la vera impresa comincia ora e si annuncia piuttosto ardua. Pur partendo da una posizione di forza, il presidente veneto sa infatti che l’iter – anche solo per ottenere la legittima “maggiore autonomia” – è complesso e deve fare i conti con uno Stato che non nasconde (anzi talora sembra accrescerle…) le sue mire centralistiche, anche se il premier Gentiloni, proprio all’indomani dei risultati referendari, in visita a Marghera, ha dichiarato piena disponibilità a trattare promettendo “passi avanti”, ma, certo, nei limiti della Costituzione!

Per quanta fretta si possa mettere, comunque, è prevedibile che, dopo una fase preliminare, dovrà essere il governo futuro a definire la questione, che passerà poi al vaglio delle Camere… Il punto che si pone ora, in una prospettiva più ampia, è proprio una riforma della Costituzione in senso federalista – compresa la leva fiscale – perché l’autonomia non sia solo un’illusione. Occorre valorizzare appieno le peculiarità dei territori e delle comunità non solo in Italia ma anche in Europa; e occorre, all’interno della nazione, una redistribuzione equa delle risorse tra le regioni, sempre nel quadro di una ragionevole e necessaria solidarietà fra le diverse autonomie, per evitare controproducenti emarginazioni, ma al tempo stesso superando ogni forma di deleterio assistenzialismo.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)