Settimana sociale
Il Papa apre la 48ª Settimana sociale esortando i cattolici ad essere “lievito sociale”. “Grazie per aver scelto il lavoro!”. “Precarietà e lavoro nero uccidono”. Il card. Bassetti: Evangelii gaudium “nostra carta fondamentale”. “Inaccettabile” l’emigrazione dei giovani in cerca di lavoro. Prima proposta: “un grande piano di sviluppo per l’Italia”
“Lavoro in nero e lavoro precario uccidono”. È il grido di Papa Francesco da Cagliari, contenuto in un videomessaggio – durato poco meno di 15 minuti e lungamente applaudito – inviato in apertura della prima giornata della Settimana sociale, che vede radunati nel capoluogo sardo un migliaio di delegati, in rappresentanza delle 225 diocesi italiane. Dire, sulla scorta del Vangelo, che il lavoro è al servizio della persona umana e non il contrario significa “pronunciare dei No e dei Sì”, gli ha fatto eco il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, definendo “inaccettabile” l’emigrazione di massa dei giovani, che non trovano un lavoro, dal nostro Paese e proponendo “un grande piano di sviluppo per l’Italia”. “Grazie per aver scelto il tema del lavoro”, l’apprezzamento del Papa: “Senza lavoro non c’è dignità”, ha ripetuto Francesco, come aveva fatto a maggio a Genova e proprio qui a Cagliari, nel 2013. Giuseppe Toniolo e Giorgio La Pira, le stelle polari dei due discorsi.
“Noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”.
Il Papa comincia con una citazione del beato Giuseppe Toniolo, che nel 1907 promosse le Settimane Sociali in Italia. “Non tutti i lavori sono lavori degni”, il grido d’allarme di Francesco, che stigmatizza il lavoro nero, il caporalato, i lavori che discriminano le donne e i disabili, quelli che nutrono le guerre e svendono il valore del corpo con la tratta, la prostituzione e lo sfruttamento dei minori, i lavoratori pericolosi e malsani. Su tutto, la precarietà, l’angoscia di chi teme di perdere il lavoro a giugno per poi non riaverlo a settembre:
“Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro in nero e lavoro precario uccidono”.
Poi l’appello “ai disoccupati che cercano lavoro e non lo trovano, agli scoraggiati che non hanno più la forza di cercarlo, e ai sottoccupati, che lavorano solo qualche ora al mese senza riuscire a superare la soglia di povertà: non perdete la fiducia”. Esortazione che vale anche per chi, al Sud, vive nelle aree più in difficoltà.
La crisi del lavoro è una crisi ambientale e sociale, recita la Laudato si’. Il lavoratore non può essere solo “una riga di costo del bilancio”. “Competizione: qui c’è la malattia della meritocrazia!”. Anche l’innovazione tecnologica va guidata: “Il robot deve rimanere un mezzo e non diventare l’idolo di una economia nelle mani dei potenti”.
“Voglio augurarvi di essere un lievito sociale per la società italiana e di vivere una forte esperienza sinodale”, conclude Francesco. Ci vuole il “principio di bontà” nel lavoro, per non far mancare nulla a nessuno: “Nel mondo del lavoro, la comunione deve vincere sulla competizione!”.
“Insieme a Francesco, tutti noi auspichiamo una Chiesa propositiva, partecipe e responsabile, che esce per incontrare e servire, condividendo il cammino della società e diventandone fermento”. Così il cardinale Bassetti sintetizza lo spirito della 48ª Settimana sociale: le “stupende parole” del Papa nell’Evangelii gaudium sono “la nostra carta fondamentale”. La Chiesa non è un’agenzia di collocamento, ci vuole una nuova teologia del lavoro. Oggi, la tesi del presidente della Cei, esiste una nuova questione sociale mondiale: l’aumento delle disuguaglianze non è una fatalità.
L’Italia è un Paese vecchio, anzi rapidamente invecchiato, e l’emigrazione di massa dei giovani in cerca di lavoro è inaccettabile.
“Il tempo delle chiacchiere è finito”, l’appello: serve una politica coraggiosa che adotti provvedimenti concreti per il futuro, attraverso un nuovo patto sociale per il lavoro che vada oltre l’emergenza:
“È forse giunto il momento per proporre un grande Piano di sviluppo per l’Italia, che si basi su due elementi di cruciale importanza: la famiglia e la messa in sicurezza del territorio”, la prima proposta concreta che scaturisce dalla Settimana sociale di Cagliari, a partire dall’applicazione del “fattore famiglia” sulle tasse.
Non basta piangere le vittime del terremoto: “È assolutamente doveroso prevenire queste calamità naturali con un progetto serio e concreto come avviene in molti altri Paesi del mondo”. Perché il piano di sviluppo per l’Italia, però, acquisti un volto concreto, è fondamentale “investire sulle energie morali del Paese”:
“Il mio sogno – rivela il presidente della Cei – è quello di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccata le maniche e in silenzio ha ricostruito il Paese casa per casa, strada per strada, scuola per scuola”.
Di qui l’attualità delle parole di Giorgio La Pira: “Lavoro per chi ne manca. Casa per chi ne è privo. Assistenza per chi ne necessita. Libertà spirituale e politica per tutti”. Parole ancora valide, perché rappresentano la traduzione dei più importanti principi cristiani in ambito politico: “La nostra ‘vocazione sociale’ consiste in questo: nel coniugare il pane e la grazia, il diritto al lavoro con la libertà religiosa in un mondo plurale”. La Chiesa italiana è pronta a dare il suo contributo: “A promuovere percorsi di formazione, inclusione e sviluppo”, a partire dall’umanesimo cristiano consegnato come compito anche da Papa Francesco, nel Convegno di Firenze del 2015.