Economia

Giornata risparmio: Ipsos, più fiducia tra gli italiani, ma il Paese è polarizzato tra chi sta bene e chi sta male

Il numero dei fiduciosi sul miglioramento della propria situazione personale è nettamente superiore a quello degli sfiduciati (22% contro 12%) e la soddisfazione per la propria situazione economica torna ai massimi del periodo post-Euro. Ma il miglioramento è tutto concentrato al Nord (con un punta del 69% di soddisfatti nel Nord-Ovest), mentre il Centro e il Sud arretrano di 3 punti percentuali. Si allarga inoltre il divario tra coloro che riescono a far quadrare i conti, in aumento, e coloro che si trovano in una situazione di grande insoddisfazione e “cronicizzano la loro condizione negativa”. Questi ultimi, infatti, sono stabili al 15% ormai da tre anni

“La crisi non è ancora finita, ma il clima di fiducia migliora, anche se con una forte polarizzazione tra il Nord e il Sud del Paese, così come tra chi sta male e chi sta bene”. La valutazione di sintesi che emerge dal sondaggio realizzato dell’Ipsos per conto dell’Acri (l’associazione delle fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio), va al di là dell’occasione specifica dell’indagine, che è la 93ª Giornata mondiale del risparmio. È una fotografia complessiva del Paese e anche molto aggiornata, visto che la rilevazione è stata effettuata tra settembre e ottobre.

Il numero dei fiduciosi sul miglioramento della propria situazione personale è nettamente superiore a quello degli sfiduciati (22% contro 12%) e la soddisfazione per la propria condizione economica torna ai massimi del periodo post-Euro. Ma il miglioramento è tutto concentrato al Nord (con un picco del 69% nel Nord-Ovest), mentre il Centro e il Sud arretrano di 3 punti percentuali. Si allarga inoltre il divario tra coloro che riescono a far quadrare i conti, in aumento, e coloro che si trovano in una situazione di grande insoddisfazione e “cronicizzano la loro condizione negativa”, per usare l’espressione di Nando Pagnoncelli, presidente dell’Ipsos. Questi ultimi, infatti, sono stabili al 15% ormai da tre anni.

Dunque la pur modesta ripresa in atto comincia a essere percepita a livello collettivo, ma è illusorio pensare che il Paese possa davvero ripartire lasciando al palo – o peggio ancora, lasciando affondare – intere regioni e intere fasce di popolazione. “Se non c’è coesione sociale invano si rincorre lo sviluppo economico”, ha avvertito Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri.

Il miglioramento complessivo, comunque, ha innescato una dinamica anche sul versante dei consumi, a cui è corrisposta una lieve diminuzione di coloro che dichiarano di aver risparmiato negli ultimi dodici mesi: dopo quattro anni consecutivi di crescita questo dato è sceso dal 40% al 37%. Ma anche nella ripresa dei consumi torna la polarizzazione tra le diverse fasce di popolazione. L’unico settore di spesa in cui anche chi è più in difficoltà si mostra meno guardingo rispetto al passato è, manco a dirlo, la telefonia.

La quota di italiani propensi al risparmio resta comunque estremamente elevata, l’86%. Per oltre i due terzi (il 67%) risparmiare significa mettere da parte dei liquidi. Nei confronti degli investimenti finanziari permane uno scetticismo molto forte, tenuto anche conto che per il terzo anno consecutivo sono tornati in crescita gli investimenti immobiliari, anche se lontanissimi dai livelli pre-crisi.

Degna d’interesse è la non trascurabile quota (il 38%) di persone che sarebbero disposte a usare almeno una parte dei propri risparmi per investire in iniziative sociali, umanitarie, culturali, ambientali, scientifiche o per sviluppare piccole iniziative economiche. Ma ben il 56% dichiara di non riuscire a individuare un soggetto di cui fidarsi. E a questo proposito Pagnoncelli ha esplicitamente citato il calo di fiducia nei confronti delle Ong dopo le polemiche degli ultimi mesi. “A dimostrazione – ha osservato con una punta di amarezza – che in un clima di forte emotività basta gettare un sasso nello stagno…”.

A volte, però, la dinamiche irrazionali indotte nell’opinione pubblica provocano effetti di segno opposto. Il sondaggio dell’Ipsos, per esempio, rileva che nel 2017 tornano a essere maggioritari gli italiani che dichiarano di aver fiducia nell’Europa. È una maggioranza risicata (51%) ma rappresenta comunque un’inversione di tendenza, per di più in un momento di massima difficoltà per l’Unione. “L’Europa minacciata dai populismi determina un atteggiamento di difesa”, è l’ipotesi di Pagnoncelli. Il 62% del campione ritiene che senza la Ue l’Italia sarebbe più arretrata, il 60% che sarebbe meno importante sulla scena internazionale, il 54% che sarebbe meno sicura e il 51% che avrebbe meno giustizia sociale. Dati che naturalmente vanno letti in chiaroscuro. La quota di chi non ha alcuna fiducia nell’Europa, per dire, è molto più alta di quella di chi ha una grande fiducia in essa (24% contro 17%). I due terzi degli italiani, inoltre, continuano a essere insoddisfatti dell’euro (65%). Ma l’anno scorso erano di più (68%) e rispetto al 2014 il numero degli insoddisfatti è diminuito di otto punti percentuali. Se poi si guarda in prospettiva, le parti si ribaltano: il 54% degli italiani ritiene che nel lungo periodo l’euro sarà utile e scende al 33% la quota di chi pensa che tra vent’anni l’euro sarà uno svantaggio. Più in generale, il 61% ritiene che per l’Italia sarebbe un grave errore uscire dalla Ue, ma allo stesso tempo il 56% esprime un giudizio negativo sulle regolamentazioni imposte ai singoli Paesi. “Il sogno europeo non è svanito”, commenta il presidente di Ipsos, ma è come se gli italiani volessero comunicare: “Non è questa l’Europa che ci aspettavamo”.