Indagine conoscitiva
La Commissione Igiene e Sanità ha completato lo studio sull’emergenza ambientale e sanitaria nel territorio campano tra le province di Napoli e Caserta. Effettivamente, in quella zona ci si ammala di più di tumore rispetto al resto del Sud e si muore di più rispetto a tutta l’Italia. Mons. Di Donna e mons. Spinillo non sono sorpresi di questi risultati, ma chiedono di non far morire queste terre
Nella Terra dei fuochi ci si ammala di più di tumore rispetto al resto del Sud e si muore di più rispetto a tutta l’Italia. Confrontando i dati con il resto del Mezzogiorno, il tasso complessivo di incidenza di tutti i carcinomi maligni nell’Asl 3 Napoli Sud arriva a essere più alto del 46% per gli uomini e del 21% in più per le donne. È quanto si legge nella relazione finale dell’Indagine conoscitiva sull’inquinamento ambientale ed effetti sull’incidenza dei tumori, delle malformazioni fetoneonatali ed epigenetica della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Il documento, di cui è relatore il senatore Lucio Romano, ha cercato di fare il punto sull’emergenza ambientale e sanitaria nel territorio campano tra le province di Napoli e Caserta, e in particolare nel quadrilatero tra il Litorale Domitio, l’Agro Aversano-Atellano, l’Agro Acerrano-Nolano e Vesuviano e la città di Napoli. Per mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, e mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa, l’Indagine conferma quanto da tempo sul territorio era già ben chiaro.
Un’Indagine scontata ma non troppo. “L’indagine di Romano rileva nell’età tra 0 e 19 anni, tra Acerra e Casalnuovo, negli anni 2008-2012, 34 casi di tumori: non mi sembrano pochi, ma temo che le indagini pecchino per difetto. Ormai da tempo fonti autorevoli, come l’Istituto superiore di sanità e Medici per l’ambiente, hanno certificato il danno. Continuare a discutere senza arrivare a conclusioni mi sembra inutile: si chiedono sempre nuovi studi, ma ormai bisogna prendere finalmente atto del problema. Occorre dire basta con il negazionismo”. Non usa mezzi termini mons. Antonio Di Donna, che punta il dito anche contro “la frammentazione dei dati, per cui le ricerche finiscono per essere irrilevanti”. Secondo il vescovo di Acerra, “l’Indagine di Romano non offre molte novità, anzi ha un grosso limite: è stata commissionata solo per la Terra dei fuochi, mentre oramai da tempo le cronache registrano l’ampiezza del fenomeno in tutta Italia. I siti inquinati aumentano sempre più in tutte le regioni. Indicare solo le nostre terre come problematiche mi sembra riduttivo”. Per mons. Di Donna,
“la vera novità dell’indagine Romano sta nel fatto che è una dei primi studi ufficiali che parla di epigenetica,
cioè del fatto che il danno alla salute si trasmette attraverso le generazioni: si riconosce che l’embrione fin nella sua primissima fase di sviluppo e il feto sono suscettibili di alterazioni genetiche a causa del danno legato alle sostanze chimiche-ambientali. Questo spiega il perché di tanti casi di tumori di bambini e giovani. Solo un mese fa ho celebrato il funerale di una bimba di tre mesi morta per un tumore al cervello”. Un altro limite, secondo il presule, “è che questa Indagine, commissionata nel 2013, giunge a conclusione nel 2017, a fine legislatura. Nella nuova legislatura sarà presa in considerazione? Rischia di restare lettera morta”.Appello alle istituzioni. Mons. Di Donna alle istituzioni chiede, innanzitutto, di “raccordare i vari studi e giungere a conclusioni condivise”, dando “maggiore credito ai Medici per l’ambiente visto che i dati danno loro ragione”. Non solo: “Per Acerra – afferma – chiedo una moratoria affinché il nostro territorio sia considerato ‘zona di saturazione’ (come per i territori dove si trovano le ‘cave’), che impedisca l’insediamento di altri impianti pericolosi e ‘blindi’ il territorio almeno per un certo numero di anni. Io sono intervenuto alla Conferenza dei servizi della Regione Campania, ma mi è stato risposto che la gestione dei rifiuti speciali è totalmente devoluta al libero mercato.
Io dico, scherzando ma non troppo, che così abbiamo ‘libera volpe in libero pollaio’”.
Responsabilità di tutti. “L’indagine conferma, da un punto di vista statistico e scientifico, una volta di più quanto diciamo da anni, da quando si è iniziata un’attenzione particolare all’ambiente nel nostro territorio”, evidenzia mons. Angelo Spinillo. La stessa Commissione Igiene e Sanità del Senato, sottolinea il vescovo di Aversa, “chiede di accelerare le bonifiche dei terreni inquinati e incoraggiare la prevenzione dei tumori invitando la popolazione a sottoporsi agli screening. Finora infatti la risposta della popolazione è stata molto scarsa”. E, per quanto riguarda le bonifiche,
“finora si è fatto molto poco, ma, per quanto complesso, il lavoro delle bonifiche è ormai piuttosto urgente perché la terra possa tornare a essere una ricchezza grande di vita”.
Secondo mons. Spinillo, “è importante anche sviluppare, in tutti i modi possibili, una forma di consapevolezza di come rispettare l’ambiente nel quale viviamo: questo a tutti i livelli, delle industrie e dei singoli cittadini. Se è vero che gran parte degli sversamenti e dei roghi avvengono perché ci sono produzioni che lavorano in maniera illegale e in nero, ognuno deve maturare un atteggiamento nuovo verso la custodia dell’ambiente e della salute degli altri. Si può fare questo attraverso un pressing delle istituzioni, ma anche delle realtà di base, come la stessa Chiesa”. Già ora, per il presule, “la Chiesa sta svolgendo un ruolo in questo senso con un servizio molto attento alla coscientizzazione: lo si fa con i ragazzi che frequentano le attività estive, i Grest, gli oratori, lo si fa nella predicazione. Chi frequenta le nostre chiese, è diventato sensibile a questo tipo di discorso. Ora dobbiamo aiutare ancora di più tutti quanti a essere coscienti che non basta solo il livello personale ma che l’impegno si deve tradurre a livello sociale: questo significa che siamo attenti all’ambiente non solo facendo la nostra parte, ma denunciando dove è necessario e avendo a cuore il bene comune”.