Sport e Pace
“Lo sport per costruire la pace, rompere le barriere e migliorare la vita dei giovani di tutto il mondo”: è la missione della Laureus World Sports Academy, organizzazione unica al mondo che conta più di 60 grandi leggende viventi dello sport, che hanno ispirato milioni di sportivi di ogni età e Paese. Ambasciatori a loro volta di Laureus Sport for Good, fondazione che sostiene oltre 100 progetti e iniziative sportive in 35 Paesi del mondo, tra cui anche Israele e Palestina. Prossimamente una delegazione di Laureus Sport for Good, guidata da Jens Thiemer, vice presidente marketing della Mercedes Benz e Project manager di “Laureus Sport for Good Middle-East”, sarà a Tel Aviv e Gerusalemme per portare ulteriore sostegno a due progetti: uno con il “Peres Center for Peace” e l’altro con “Laureus Sport for Good Middle-East”
“Lo sport per costruire la pace, rompere le barriere e migliorare la vita dei giovani di tutto il mondo”,
ovvero come trasformare campi di battaglia e di conflitto in campi di gioco. È quanto si propone la Laureus World Sports Academy, organizzazione unica al mondo che conta più di 60 grandi leggende viventi dello sport, che hanno ispirato milioni di sportivi di ogni età e Paese. Tra questi, gli italiani Alessandro del Piero, Alberto Tomba e Giacomo Agostini, insieme a Ruud Gullit, Boris Becker, Katarina Witt, Cathy Freeman, Sebastian Coe, Monica Seles, Marvin Hagler, Lennox Lewis ed Edwin Moses. Un impegno che li porta ad essere ambasciatori internazionali di Laureus Sport for Good, fondazione che sostiene oltre 100 progetti e iniziative sportive in 35 Paesi del mondo per contrastare gravi fenomeni sociali quali criminalità giovanile, gang, violenza armata, diffusione dell’Aids/Hiv, discriminazione ed esclusione sociale, sensibilizzazione in materia di mine antiuomo e problemi di salute, quali l’obesità. Per finanziare questa missione, dal 2000 ad oggi, Laureus Sport for Good ha raccolto oltre 100 milioni di euro. Tra i Paesi dove è impegnata ci sono anche Israele e Palestina, segnati da un conflitto ultradecennale, dove la Fondazione sostiene due progetti, uno con il “Peres Center for Peace”, fondato nel 1996 da Shimon Peres, premio Nobel per la pace e presidente dello Stato di Israele dal 2007 al 2014 e l’altro con “Laureus Sport for Good Middle-East”, che promuove la pace e l’amicizia attraverso il gioco del basket. Dal 4 al 6 dicembre Laureus Sport for Good sarà impegnata in un viaggio proprio a Gerusalemme e Tel Aviv per far conoscere da vicino queste realtà, che “non sempre godono dell’attenzione dei media”, a un gruppo internazionale di giornalisti. In vista del viaggio il Sir, che farà parte di questo gruppo internazionale, ha incontrato il presidente della Laureus World Sports Academy, un mito del rugby mondiale, il neozelandese Sean Brian Thomas Fitzpatrick, tallonatore di Auckland, dei Blues e campione del mondo nel 1987 con gli All Blacks.
Presidente Fitzpatrick, quali scopi si prefigge la Laureus Academy con la sua attività nel campo dello sport?
Il presidente sudafricano Nelson Mandela, il primo “patron” di Laureus, affermò, presenziando nel 2000 ai primissimi “Laureus World Sports Awards”, (massime onorificenze sportive a livello mondiale consegnate ogni anno ai più grandi atleti di tutte le discipline sportive, ndr.), che
lo sport ha il potere di cambiare il mondo.
“Può ispirare il cambiamento della società e della vita delle persone. Parla ai giovani in un linguaggio che essi comprendono. Lo sport può creare speranza dove una volta c’era disperazione”. In quella occasione il presidente ci esortò a uscire fuori per fare qualcosa di buono al riguardo. La Laureus Academy nacque allora, con 30 membri. Ora siamo più di 60. Come gruppo, siamo tutti appassionati del ruolo che lo sport può avere nell’influire in modo positivo sulla società. Visitiamo molti dei progetti Laureus in tutto il mondo, sensibilizzando e attirando l’attenzione sui problemi che i giovani devono affrontare oggi.
Quanti programmi sostenete e come investite nei giovani?
La nostra missione è usare lo sport come strumento per porre fine alla violenza, alla discriminazione e allo svantaggio.
Attualmente sosteniamo più di 100 progetti in 35 Paesi che hanno aiutato decine di migliaia di bambini e giovani nel corso degli anni. Usiamo lo sport come calamita per incoraggiarli a partecipare ai nostri progetti, dove possono essere allenati e praticare sport, ma anche dove i nostri leader possono consigliarli nelle scelte di vita, incoraggiarli a studiare, migliorare le loro possibilità di trovare un lavoro.
In Uganda abbiamo un meraviglioso progetto di sensibilizzazione sull’Aids/Hiv e molti altri ancora che aiutano a combattere la disuguaglianza di genere e migliorare il ruolo delle donne e delle ragazze nella società.
Qual è l’importanza dell’azione dei membri della Laureus Academy? Pensa che per i giovani uno sportivo sia un esempio da seguire più di altre figure che operano nella società?
Lo sport può offrire delle ottime lezioni di vita, come il fare parte di una squadra, il rispetto delle regole, degli altri giocatori, degli arbitri, l’impegno per una causa, accettare la sconfitta nel modo giusto.
Lo sport mi ha insegnato a lavorare sodo, essere concentrato e resiliente. Ho imparato come superare le sfide e a non mollare.
Se lavori duramente e gareggi al meglio hai possibilità di farcela. Queste sono grandi lezioni per la vita.
Prossimamente sarete in visita a Tel Aviv e a Gerusalemme, un’area del mondo che paga un conflitto, quello israelo-palestinese, che dura da 50 anni. In che modo Laureus Sport for Good opera in questa complessa area del Medio Oriente per raggiungere i suoi obiettivi?
Sono convinto che se sai praticare sport insieme agli altri sai anche viverci insieme. Questa è l’intera base dei progetti del “Peres Center for Peace” e del “Laureus Sport for Good Middle-East” che sosteniamo. Questi programmi usano sport come il basket per insegnare la leadership e le abilità di vita ai rifugiati e ai bambini palestinesi e dare loro la possibilità di giocare con i bambini della comunità israeliana. Questi due progetti mostrano che
lo sport è una delle poche cose che può colmare il divario tra le comunità.
Non sempre queste iniziative fanno notizia, ma sono un modo davvero prezioso per creare fiducia a livello di base e aiutare il processo di pace.