A pochi chilometri da Cracovia

Polonia. L’appello delle monache di Staniatki: aiutateci a salvare l’abbazia

L’antico complesso, risalente al 1210, ospita una comunità di suore di clausura. Ma le strutture sono fatiscenti e avrebbero bisogno di costose opere di ristrutturazione. Le religiose lavorano notte e giorno per racimolare i soldi necessari, coltivando fiori e ortaggi, pescando nel vicino stagno, allevando pollame e producendo marmellate. Questi sforzi non bastano, e il gelo invernale diventa insopportabile. La superiora, madre Stefania Polkowska, si affida alla generosità dei fedeli e al sostegno delle autorità pubbliche

Quattordici suore benedettine di Staniatki, pochi chilometri a est di Cracovia, devono trovare, entro la fine dell’anno, 3 milioni di zloty (circa 715mila euro) per la riqualificazione del complesso monastico. L’abbazia, fondata nel 1210, è il più antico convento di benedettine claustrali in Polonia.

L’inverno ha portato il gelo. La prima neve è calata sull’abbazia già alla fine di novembre imbiancando i tetti dei tre edifici, di cui solo uno agibile, e dell’attigua chiesetta parrocchiale. “Ci copriamo bene”, assicura la madre superiora Stefania Polkowska, quando le chiediamo dell’inverno che da quelle parti sa essere anche molto rigido. “Per fortuna le celle delle consorelle, con soffitti a volta, piccole finestre e muri spessi, si riescono a riscaldare con maggiore facilità”; ma “nei lunghi corridoi, che sono anche molto alti, d’inverno la temperatura non supera i 10 gradi”, racconta la religiosa, aggiungendo che “per far funzionare la caldaia c’è bisogno di un container di carbone di 26 tonnellate ogni 6 settimane”. L’impianto poi non riscalda tutto il complesso dell’abbazia. Solo la chiesa e gli ambienti dove vivono le suore.

Il cortile, la pesca, le confetture… Quasi tutte le benedettine di Staniatki hanno già superato la cinquantina, e da un po’ di tempo non vi sono né novizie né postulanti. La più giovane ha poco più di trent’anni. Per mantenersi devono lavorare. La più anziana, di 95 anni, si occupa del pollame, le altre delle mucche e dell’asinello che madre Stefania dice sia “molto simpatico”. E poi ci sono le faccende di casa e della cucina. Mentre nella fanghiglia del cortile s’impantano i quattro cani del convento (“due grandi, e due piccoli”, precisa la madre superiora),

alcune suore sono impegnate a pescare delle carpe nello stagno del vasto parco abbaziale

destinate alla vendita soprattutto nel periodo natalizio poiché indispensabili per preparare il tradizionale piatto della Vigilia. Durante tutto l’anno le suore si occupano poi della coltivazione di crisantemi, dei pomodori, e della preparazione di confetture e pasticcini anche questi in vendita presso il convento.

Investimenti cospicui. Con tutte quelle attività, però, si riesce appena a soddisfare le necessità quotidiane. I pochi soldi guadagnati certamente non bastano per eseguire dei lavori di ricostruzione e di riqualificazione del complesso, che esigono investimenti cospicui. Non bastano nemmeno a pagare il rifacimento dei tetti che imbarcano acqua né a rinforzare le fondamenta dell’edificio di mattoni rossi la cui costruzione, iniziata ancora prima della guerra, non è mai stata ultimata e il cui accesso “è severamente vietato” per ragioni di sicurezza, come recita il pannello rimasto minacciosamente appeso sulle impalcature. Nell’altra struttura, attigua alla chiesetta e al convento, fino alla metà degli anni ‘50 era in funzione una scuola elementare, chiusa poi per decreto delle autorità comuniste. Quei pochi anni delle attività didattiche permisero alle benedettine di preservare Staniatki dalla soppressione da parte dal regime come non riuscirono invece a fare i frati benedettini dell’abbazia di Tyniec.

Patrimonio inestimabile. Così nel convento di Staniatki – che a settembre dell’anno scorso, con la partecipazione del cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, aveva celebrato gli 800 anni dalla sua fondazione – sono conservati dei cimeli di valore inestimabile: antichi paramenti liturgici, circa ventimila manoscritti e volumi di grande valore storico, molti dei quali nemmeno catalogati, numerose raccolte di inni sacri e antichi spartiti, nonché dei quadri di immenso valore artistico, così come lo è anche lo stesso allestimento del monastero.

Co-finanziamento pubblico. Nel 2016 le suore hanno ottenuto l’autorizzazione a ricostruire il complesso e ad adibire gli edifici esistenti a museo, biblioteca, ambienti di lettura e di studio. Alla fine del giugno scorso le autorità regionali, nell’ambito del programma operativo 2014-2020, hanno assegnato al convento un contributo di 7 milioni di zloty (cioè 1,7 milioni di euro), erogabile però solo come co-finanziamento per il 70% del valore dell’investimento complessivo.

Il restante 30% deve essere costituito da fondi propri.

Ma le suore a tutt’oggi non sono riuscite a certificare il possesso di tutto quel denaro. E poi occorrerebbero altri soldi per interventi più ampi.

Appello via internet. Madre Stefania è convinta che “sarebbe un gran peccato se non riuscissimo a risolvere la situazione. Fra l’altro l’istituzione della biblioteca e del museo assicurerebbe una fonte sicura di guadagno per la nostra comunità, che oggi ha redditi solo saltuari”. La superiora si è così rivolta “a tutte le persone di buona volontà” con un pressante appello pubblicato in rete. Il termine ultimo scade il 29 dicembre. A volte, comunque, il coraggio della superiora – che per farsi monaca aveva lasciato gli studi di cibernetica – viene premiato. Come quando insieme a una delle consorelle ha inforcato la bicicletta per andare alla liturgia con Papa Francesco a Brzegi, durante la Giornata mondiale della gioventù dell’anno scorso. O come quando al convento chiamano gli scout chiedendo se possono rendersi utili aiutando le monache… “Adesso verranno per scaricare il carbone per la caldaia”, dice sorridendo e salutando.