Sinodo Giovani
Parte da Gerusalemme il cammino dei giovani di Giordania, Palestina, Israele e Cipro verso la XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” che si svolgerà nell’ottobre del 2018. In un’intervista al Sir, mons. William Shomali, vicario patriarcale per la Giordania e presidente della Commissione “giovani” che opera in seno all’assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, sintetizza i risultati dei questionari inclusi nei Lineamenta del Sinodo: “I giovani di Terra Santa desiderano una Chiesa meno burocratica, più misericordiosa e vicina ai poveri, credibile”. La paura per la crescente diffusione dell’Islam politico
“I giovani di Terra Santa desiderano una Chiesa meno burocratica, più misericordiosa e vicina ai poveri, credibile, dove ciò che viene insegnato si ritrovi nella vita dei loro pastori, vescovi e sacerdoti, ai quali chiedono coerenza di vita”.
Parte da Gerusalemme il cammino dei giovani di Giordania, Palestina, Israele e Cipro verso la XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, che si svolgerà nell’ottobre del 2018.
Nelle scorse settimane, nella città santa si è svolta l’Assemblea degli Ordinari cattolici dei quattro Paesi che compongono la diocesi del Patriarcato latino di Gerusalemme, durante la quale mons. William Shomali, vicario patriarcale per la Giordania e presidente della Commissione “Giovani”, ha presentato i risultati dei questionari inclusi nei Lineamenta del Sinodo la cui scadenza era fissata al 30 ottobre scorso.
Pastori credibili. “Dalla lettura dei questionari compilati, non molti in verità, e soprattutto dall’ascolto dei giovani durante diversi incontri organizzati ad hoc per il Sinodo – spiega mons. Shomali – sono emerse le principali domande come anche le grandi sfide e le opportunità dei giovani dei nostri Paesi. Un tema su cui hanno insistito molto è quello della testimonianza credibile dei pastori.
I giovani chiedono un clero preparato, capace di insegnare e di rispondere ai loro quesiti sulla vita e sulla fede.
Allo stesso tempo auspicano una maggiore apertura ai laici, quindi una più profonda collaborazione. Ma la Chiesa, ho ricordato loro – aggiunge il presule – non è solo il vescovo, il sacerdote, i religiosi o i diaconi, ma tutto il popolo di Dio che prega insieme, offre sacrifici spirituali e che aiuta nell’annuncio del Vangelo. La Chiesa non è una ong che si occupa di scuole, ospedali, ospizi ma è il popolo di Dio, radunato intorno a Gesù per pregare e per esercitare la carità. Questo è un punto che deve essere chiaro a tutti, anche ai nostri giovani”.
“Ricevere un insegnamento più profondo”, secondo il vescovo, è la risposta dei giovani cristiani “alla crescente radicalizzazione e alla diffusione dell’Islam politico che non poca preoccupazione suscitano soprattutto in Giordania”. Questo Paese, infatti, “risente più degli altri dei conflitti vicini, in Siria e in Iraq. Non mi riferisco alla minaccia dello Stato Islamico – sottolinea mons. Shomali – ma a una crescente mentalità fondamentalista con cui i nostri giovani si trovano a scontrarsi quando cercano lavoro o vanno all’università dove il proselitismo islamico è evidente. La loro richiesta di avere un insegnamento più profondo nasce proprio dal bisogno di essere più forti davanti all’emergere dell’Islam politico”.
Ma ci sono anche altre sfide a preoccupare i giovani di Terra Santa, che affondano le loro radici nel clima di tensione ultradecennale della Regione. Sfide che, ricorda il vicario patriarcale, rispondono al nome di “insicurezza politica, disoccupazione ed emigrazione all’estero. I giovani che abbiamo ascoltato sono ben coscienti che questi sono problemi che la Chiesa non può risolvere. Possiamo metterci al servizio dei più poveri e dei bisognosi, dare loro un’istruzione o aiutarli a trovare un lavoro, ma non abbiamo poteri straordinari. La verità è che se c’è pace la gente non ha bisogno della Chiesa per avere istruzione o un lavoro dignitoso. E se c’è pace e stabilità, nessuno pensa ad emigrare all’estero.
L’esodo ha effetti disastrosi per le comunità cristiane del Medio Oriente”.
Dai colloqui e dai questionari non sono emerse solo richieste e criticità ma anche “opportunità”. Tra tutte, dice mons. Shomali, “l’esistenza di un clero relativamente giovane, il contributo delle congregazioni religiose e l’alta religiosità dei fedeli” cui si aggiunge la consapevolezza dell’importanza della pastorale vocazionale. “Il Sinodo – ricorda il presule – mette tra i suoi temi anche quello del discernimento delle vocazioni. La famiglia, le scuole, le associazioni hanno un forte impatto sulle vocazioni che non sono solo alla vita consacrata ma anche al matrimonio”. A rappresentare al Sinodo i giovani di rito latino della Terra Santa ci sarà un giovane che, rivela mons. Shomali, “arriverà dai Paesi del Golfo. Con lui anche altri ma appartenenti ad altri riti orientali. Tutti chiederanno un’unica cosa:
la Chiesa sia credibile, decorosa, caritatevole. Perché con la carità il mondo può essere cambiato”.
Con la mente rivolta al Sinodo e lo sguardo alla Gmg di Panama (gennaio 2019): “Andremo alla Gmg ma con una delegazione ridotta rispetto a Cracovia. Non vogliamo fare turismo religioso ma un pellegrinaggio. Prepareremo i nostri giovani al meglio perché la Gmg possa darci ulteriori frutti di fede”.