Crisi politica e repressione

Rep. democratica del Congo: Utembi Tapa (presidente vescovi), “andremo avanti per il bene della popolazione, senza paura”

La Chiesa cattolica della Repubblica democratica del Congo “sta intercedendo per chiedere al potere di onorare i propri impegni e rispondere alle aspirazioni legittime del popolo, che vorrebbe andare alle elezioni”. A parlare è mons. Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza episcopale nazionale della R.D.Congo, che ha descritto una situazione “molto preoccupante” ma senza il timore di andare avanti nelle proprie rivendicazioni. Mentre il card. Peter Turkson conferma il sostegno e l’incoraggiamento della nunziatura e della Santa Sede.

Il presidente della Conferenza episcopale della R.D. Congo mons. Utembi Tapa

La Chiesa cattolica della Repubblica democratica del Congo in tutte le sue espressioni, dalla base ai vertici, si sta dimostrando coraggiosa: sta alzando la sua voce profetica per difendere le istanze democratiche e i bisogni di giustizia della popolazione. Dopo il lavoro di mediazione con il governo del presidente Joseph Kabila, il cui mandato è scaduto a fine del 2016, si era giunti ad un accordo per indire elezioni democratiche entro il 2017. Un accordo completamente disatteso, che ha prodotto malumore tra la popolazione. Il 31 dicembre scorso alcune manifestazioni pacifiche organizzate da un comitato laico vicino alla Chiesa sono state represse con la forza, provocando almeno sei morti e circa 200 persone tra feriti o arrestati. “Il mandato di questo governo si è esaurito due anni fa – ricorda al Sir il cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero per il servizio allo sviluppo umano integrale, interpellato in merito alla vicenda -. La Conferenza episcopale sta svolgendo un ruolo di mediazione, che ha consentito al presidente di aggiungere un anno al suo mandato. Alla fine dell’anno i vescovi si sono sentiti un po’ traditi perché non sono stati rispettati gli impegni. Il governo invece di mantenere la parola ha perseguitato i manifestanti”. Il card. Turkson, puntando il dito su una “retorica del potere che nasconde la verità”, ha confermato che il nunzio apostolico a Kinshasa, mons. Luis Maríano Montemayor, dopo i fatti del 31 dicembre ha diffuso un messaggio che “incoraggia la Chiesa”: “Noi abbiamo cercato di mediare nella situazione per riportare un po’ di calma e la pace – afferma il card. Turkson -. Perché non si rispettano le condizioni di questa mediazione? Perché forse non è Kabila a controllare la situazione se, come dicono, è una guerra surrogata. Forse risponde ad altri, molto più vicini”. In proposito abbiamo incontrato a Roma monsignor Marcel Utembi Tapa, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza episcopale nazionale della R.D. Congo, che ha descritto una situazione “molto preoccupante” ma senza il timore di andare avanti nelle proprie rivendicazioni.

Nel suo Paese è in atto una profonda crisi politica in cui la Chiesa ha preso posizione. Perché?

In effetti in questi ultimi tempi la situazione socio-politica nella Repubblica democratica del Congo è molto preoccupante.

Le elezioni presidenziali e legislative nazionali e provinciali che erano previste entro dicembre 2017 non sono state organizzate. Questo è causa di tensione all’interno della classe politica e di frustrazione tra la popolazione, che non è libera di eleggere i propri dirigenti. Un gruppo di laici che si è costituito nel “Comitato laico di coordinamento” il 31 dicembre ha organizzato Kinshasa una marcia repressa in maniera violenta, con 6 morti, e molte persone ferite e arrestate. C’è molta tensione nel nostro Paese e

la Chiesa cattolica sta intercedendo per chiedere al potere di onorare i propri impegni e rispondere alle aspirazioni legittime del popolo, che vorrebbe andare alle elezioni.

I cattolici si stanno dimostrando molto coraggiosi nelle loro richieste, anche a rischio di vedere le proprie istanze represse con la forza.
Bisogna dire che la Chiesa cattolica è presente su tutto il territorio nazionale in tutti i modi. Ci sono 47 diocesi in tutto il Congo. La miseria in cui vive la popolazione non si può più nascondere, va chiamata per nome.

Più volte abbiamo preso posizione per dire che il Paese va molto male e che la popolazione soffre.

Il popolo cerca persone o istituzioni che possano rispondere a questo grido di aiuto e la Chiesa, che è attenta alla miseria del popolo, si impegna per accompagnare le persone nella sua nobile lotta di poter conseguire il benessere in modo pacifico, secondo la Costituzione.

Dopo la repressione del 31 dicembre non avete paura?
Come vescovi siamo investiti di un potere spirituale che ci dà la grazia di poter realizzare pienamente la nostra missione e vocazione. I profeti, in quanto servitori di Dio, hanno avuto il coraggio di denunciare ciò che non va e incoraggiare ciò che invece funziona. In questo periodo ci troviamo costretti a denunciare ciò che non va perché le cose cambino per il bene di tutti: di quelli che sono al potere, dei membri della classe politica ma soprattutto della popolazione.

Perciò non abbiamo paura di andare avanti e contiamo su Dio, che è l’unica sicurezza per tutti.

Potete contare anche sull’incoraggiamento del Papa e della Santa Sede?
Il Papa prega molto per i Paesi in situazione di guerra, in particolare la Repubblica democratica del Congo, il Sud Sudan e la Repubblica Centrafricana.

Questa sollecitudine paterna e pastorale del Papa ci tocca il cuore. Ci dà la forza di andare avanti.

Con il suo rappresentante, il nunzio apostolico, portiamo avanti questa lotta insieme perché è una causa nobile per il benessere della popolazione.

Non c’è possibilità di dialogo con il presidente Kabila?
Come vescovi siamo disposti a parlare con tutti per invitare ciascuno ad assumere pienamente le proprie responsabilità.

Se si presenta l’occasione per incontrare il presidente della Repubblica non mancheremo di farlo.

Al momento stiamo incontrando l’entourage di ministri e la classe politica dell’opposizione.

Quali saranno i vostri prossimi passi?
Aspettiamo di vedere cosa succede. Preghiamo. Cerchiamo di capire la situazione, giorno dopo giorno, per valutare il momento giusto per prendere posizione.

Ci saranno a breve altri messaggi?
La Conferenza episcopale ha appena reso pubblico un messaggio il 27 novembre scorso e due comunicati in seguito al 31 dicembre. È possibile che ne scriveremo altri a seconda dell’evoluzione della situazione del Paese.