Viaggio apostolico
Dopo l’ascolto, la condivisione. Nella visita in Perù, seconda tappa del suo 22° viaggio apostolico, la “prima volta” del Papa con gli indios e l’esordio della parola “femminicidio”. A Puerto Maldonado comincia, idealmente, il Sinodo dell’Amazzonia. Il giro nel quartiere di Buenos Aires a Tujillo, devastato dal “Niño”, e l’incontro con i giovani a Plaza de Armas. Due le preghiere pubbliche: con le 500 religiose di clausura e davanti alle reliquie dei santi peruviani, nella cattedrale di Lima. Ai vescovi: imparate la lingua del digitale e denunciate la corruzione
“Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti”. Incontrando i popoli dell’Amazzonia – nominati uno per uno, nella loro lingua, all’inizio del suo discorso – a Puerto Maldonado il Papa ha citato il Cantico delle Creature di San Francesco per difendere gli abitanti di una terra mai minacciata come oggi dal nuovo colonialismo, ma anche dal “pensiero unico” di un ambientalismo di maniera che ne misconosce la dignità.
La prima volta di Francesco con gli indios – esordio del suo viaggio in Perù – non è all’insegna del paternalismo, ma della condivisione:
quella di chi si lascia vestire da loro con gli ornamenti tipici di un capo indiano, corona di piume e insegne variopinte incrociate tra le spalle e la vita. Quella di chi rende omaggio alla resilienza degli abitanti del quartiere Buenos Aires a Trujillo, la “città dell’eterna primavera” messa in ginocchio dalle inondazioni di un anno fa, girando per le sue strade ed indossando il “chullo”, il tipico copricapo peruviano.
Sotto lo sguardo della Virgen de la Puerta, nella celebrazione mariana con le effigi delle madonne e dei santi peruviani Francesco cita le donne, “vera forza motrice” del Perù, e usa – per la prima volta dall’inizio del pontificato – la parola “femminicidio”, lanciando un forte appello a lottare contro i numerosi casi che si verificano in America Latina, troppo spesso consumati nel silenzio delle mura domestiche.
È a Puerto Maldonado, annuncia il Papa, che comincia il Sinodo sull’Amazzonia, in programma nel 2019: ai giovani, accorsi in migliaia a Lima nella Plaza de Armas per la penultima tappa del viaggio, Francesco chiede di non “photoshoppare” il loro cuore e la propria vita. Lottare contro la corruzione, il compito affidato alle autorità, nel palazzo presidenziale di Lima e ai vescovi.
Difendere la vita, la terra, le culture. Puerto Maldonado è la porta di ingresso della foresta amazzonica. Il 19 gennaio, davanti ai 55 popoli indios, circa 200mila persone sparse nella foresta, pari al 6% della popolazione peruviana, quella del Papa è
“un’opzione convinta per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture”,
riaffermata anche nell’incontro con tutta la popolazione della piccola cittadina. “Plasmare una Chiesa dal volto indigeno”, l’invito di Francesco, che ai giovani ex ospiti dell’Hogar Principito chiede di non accontentarsi di essere “il vagone di coda della società”. Poi il pranzo nel Centro Apaktone di Puerto Maldonado, con 9 indigeni dell’Amazzonia, prima del rientro a Lima per l’incontro con le autorità.
No alla “corruzione”. “Promuovere e sviluppare un’ecologia integrale come alternativa a un modello di sviluppo ormai superato ma che continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale”, l’invito dal palazzo presidenziale, insieme all’appello per contrastare il
“virus sociale” della corruzione.
Resilienza. “Quando avete sentito il colpo del Niño, queste terre hanno saputo mettersi in movimento e avevano l’olio per correre e aiutarsi come veri fratelli”. È il tributo ai peruviani del Nord durante la messa del 20 gennaio nella spianata di Huanchaco, meta balneare e turistica, di fronte a 200mila persone, in cui Francesco elenca le piaghe del Nord Paese: violenza organizzata, mancanza di educazione, di lavoro e di un alloggio sicuro. Nell’incontro con il clero al seminario di Tujilllo, Francesco invita i mille sacerdoti, religiosi e seminaristi presenti a saper ridere di se stessi per non trasformarsi in “professionisti del sacro che si dimenticano del loro popolo”. No a divisioni e “sgambetti”.
No al “femminicidio”. Nella celebrazione mariana in Plaza de Armas, davanti alle insegne delle madonne e dei santi peruviani, Francesco ribadisce che la lingua di Dio si esprime sempre “in dialetto”:
“Maria sarà sempre una madre meticcia”.
L’omaggio finale è per le mamme e le nonne, “vera forza motrice” della società peruviana. Bisogna lottare contro “i numerosi casi di femminicidio”, “piaga” del continente latinoamericano.
Chiesa in uscita. L’ultimo giorno del Papa in Perù comincia con la preghiera dell’ora media insieme a 500 religiose di vita contemplativa: “La Chiesa ha bisogno di voi”, dice Francesco, invitando le suore a pregare per carcerati, migranti, rifugiati e perseguitati, famiglie ferite. Sostando davanti alle reliquie dei santi peruviani, nella cattedrale di Lima, Francesco recita insieme all’assemblea una preghiera in cui formula l’auspicio che quella peruviana sia una “Chiesa in uscita”. Due gli imperativi per i vescovi, con cui subito dopo il suo discorso, nell’arcivescovado di Lima, dialoga a braccio a tutto campo per circa 50 minuti: imparate la lingua del digitale e denunciate la corruzione. Nell’Angelus dedicato ai giovani, Francesco cita il Sinodo ormai imminente e prega insieme a loro per il Congo.
Percorrere le città. “Impegnarsi contro la globalizzazione dell’indifferenza”: si è conclusa con questo invito la messa di congedo dal Perù, celebrata nella base aerea di Las Palmas con un festoso bagno di folla. Dalla capitale peruviana, Francesco ha tracciato un grande affresco delle nostre città, invitando a percorrerle con gli occhi e lo stile di Gesù, superando la “sindrome di Giona” e difendendo i diritti dei troppi “non cittadini, cittadini a metà, avanzi urbani, avanzi umani” che le popolano. Senza far finta, infine, di non vedere coloro che hanno “ceduto sotto il manto dell’indifferenza, lapidati dal grave peccato della corruzione”.
“Il degrado sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia vinta dalla solidarietà e la violenza spenta con le armi della pace”, l’auspicio finale.