Sanità

Policlinico Gemelli. Libro bianco oncologia 2018: innovazione, tecnologia, centralità della persona

Uno tra i principali centri italiani specializzati nella cura del cancro e il primo nel Lazio: è il Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma che nel solo 2017 ha curato oltre 46mila persone malate di tumore provenienti da tutte le regioni italiane. E la presa in carico del paziente è globale. Presentato oggi il Libro bianco dell’oncologia 2018

(© Piergiorgio Pirrone)

Sono oltre 46mila le persone malate di tumore, provenienti da tutte le regioni italiane, che nel corso del 2017 hanno scelto di curarsi presso il Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma, uno tra i principali centri italiani specializzati nella cura del cancro e il primo nel Lazio. Di questi pazienti il 36.78% sono uomini, il 63.22% donne, e vanno da 0 a oltre 65 anni. In totale 2mila in più (quasi il 5%) rispetto al 2016. Sono loro i protagonisti della seconda edizione del Libro bianco dell’oncologia del Policlinico Gemelli presentata oggi, 25 gennaio, nell’aula Brasca dell’ospedale romano. Un e-book multimediale – consultabile e scaricabile dal sito – che descrive tutte le attività nell’ambito della cura e della ricerca contro i tumori sviluppate presso il nosocomio. Un centro all’avanguardia che coniuga ricerca, innovazione, tecnologia e cura integrale perché

al centro di ogni percorso terapeutico deve sempre rimanere la persona umana,

ha affermato concludendo l’incontro Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. A ribadire, “anche di fronte a recenti provvedimenti legislativi”, l’impegno del Gemelli, “a favore della cura e della tutela della vita in ogni condizione”, è il presidente della Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli Giovanni Raimondi, nel suo saluto inaugurale in cui ha fatto riferimento al messaggio di Papa Francesco per la Giornata del malato del prossimo 11 febbraio, soffermandosi in particolare sul richiamo del Pontefice agli ospedali cattolici a vivere l’eredità del passato come aiuto a “progettare il futuro” e a preservarsi “dal rischio aziendalizzazione”.

Dall’e-book emerge che attorno ai malati si sviluppano servizi di accoglienza, diagnosi, terapia e riabilitazione, che richiedono disponibilità di innovazione tecnologica, competenza, professionalità e sostenibilità. “Nel 2017 – afferma l’ematologo Stefan Hohaus che ha il compito di illustrare i volumi dell’attività – al Gemelli sono state eseguite più di 1 milione di prestazioni ambulatoriali e 22mila ricoveri per pazienti oncologici”.

Vincenzo Valentini, direttore del Polo scienze oncologiche ed ematologiche dell’ospedale e ordinario di radioterapia all’Università Cattolica, parla del Libro bianco di cui è coordinatore come di

“un cantiere aperto, un ponte tra i pazienti e la comunità dei professionisti dell’ospedale;

uno strumento di comunicazione per cercare di rispondere alle domande che si pongono i pazienti oncologici nel percorso quotidiano che un numero sempre crescente di persone compie”. “Un tentativo di mettersi dalla parte di malati che hanno necessità di sentirsi accolti ed avere risposte”, aggiunge l’oncologo Armando Orlandi mentre in un video in sala passano le immagini di un paziente venuto da Cagliari che sottolinea l’umanità, la capacità di ascolto, la competenza dei medici e di tutto lo staff.

In questa direzione va anche il Comprehensive Cancer Center presentato dall’oncologo Emilio Bria che sottolinea la necessità di “uno sforzo multidisciplinare”. Obiettivi: il miglioramento dell’assistenza attraverso moderni mezzi diagnostici e terapeutici e modalità organizzative innovative; la formazione del personale; la personalizzazione della cura.

Principio ispiratore la centralità del malato nei suoi bisogni di cura e assistenza, ma anche psicologici e spirituali per orientare ogni attività verso l’umanizzazione della medicina.

E il taglio spirituale viene sottolineato dagli accenti della lectio magistralis di mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, intitolata “’Padre, sia fatta la tua volontà’: per contrastare l’interpretazione pagana delle intenzioni di Dio Padre”. “Un tema abitualmente censurato, quello del ‘che cosa c’entra Dio’ nel dramma della malattia”, esordisce il presule spiegando che di fronte al male e alla sofferenza “è inevitabile che la domanda ‘perché?’, ‘perché a me?’ sorga come una protesta rivolta direttamente a Dio”. Interpretando l’intenzione del Signore “come richiesta di espiazione per una colpa o punizione per un male commesso”, la reazione può essere di rassegnazione o di ribellione e rifiuto, prosegue l’arcivescovo chiarendo tuttavia che

“si deve escludere che Dio sia all’origine del male”.

Per questo, avverte, “non dico ‘sia fatta la tua volontà’ quando mi viene il cancro perché quella non è la sua volontà”. Nella disgrazia “che tortura la persona, la volontà di Dio non è che la persona sia torturata, ma che la persona, con l’aiuto dello Spirito santo, continui ad amare come ha fatto Gesù”. “Rimane insoluto – riconosce tuttavia a conclusione l’arcivescovo – l’enigma dell’origine del male: quello che la rivelazione biblica e tutta la tradizione cristiana esclude è che la sua origine sia in Dio”.