Pastorale sociale

Diocesi Adria-Rovigo: “Il lavoro dobbiamo crearlo qui perché i giovani possano rimanere”

È l’appello lanciato da don Carlo Marcello, direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale della diocesi di Adria-Rovigo, a pochi giorni dal tradizionale incontro che il vescovo Pierantonio Pavanello avrà con il mondo della politica e degli amministratori del Polesine.

Sarà focalizzato su “Giovani e lavoro” il consueto appuntamento promosso dal vescovo di Adria-Rovigo, mons. Pierantonio Pavanello, con politici e amministratori del Polesine. L’incontro, che si terrà lunedì 29 gennaio, vedrà la presenza dell’economista Stefano Zamagni in dialogo con alcune “buone pratiche” del territorio polesano nel solco dei contenuti della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani. In un’intervista, don Carlo Marcello, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale, presenta l’iniziativa e ripercorre l’impegno della Chiesa polesana nell’animare l’ambito sociale, lavorativo e politico.

Don Carlo, anche quest’anno ritorna un appuntamento importante, quello del vescovo e, per esso, della diocesi, con il mondo della politica e degli amministratori del Polesine.
Sì, ne ho tenuto il conto: è il 14° incontro di questo tipo. Credo sia giusto tenere la memoria del cammino fatto. 14 tappe dicono di

una tensione che non è mai venuta meno, di una attenzione ai problemi del territorio polesano che ha sempre coinvolto la Chiesa diocesana nell’ambito delle proprie specifiche competenze. Un intervento di tipo etico, di passione civile, di condivisione delle difficoltà e, nello stesso tempo, di promozione e di speranza.

Il vescovo Pierantonio, si può dire, ha raccolto il testimone e sta proseguendo questo impegno.
Si, gli va riconosciuta una grande attenzione a questo territorio. Venire da Vicenza a Rovigo vuol dire venire in una realtà meno dinamica, ma il vescovo Pierantonio mi ha stupito per la sua tenacia nel voler affrontare i problemi con le forze esistenti qui. Vorrei dire che è andato a cercarle con puntiglio queste forze, e lo si è visto lo scorso anno quando ha portato sul palco del Don Bosco i quattro professori universitari Gaffeo, Osti, Rebba e Tovo.

A proposito, che fine ha fatto l’idea di Rovigo, Città della cultura?
Secondo me è un’idea che ha camminato e sta ancora viaggiando. Credo che ce la farà ad affermarsi e produrrà effetti comunque buoni e salutari. È quasi un miracolo che l’idea stia ancora in piedi, ma è proprio questa la nostra caratteristica. Siamo purtroppo irrimediabilmente polemici, e impieghiamo sempre un tempo infinito ad arrivare dove vogliamo.

Il 29 gennaio dunque arriva Zamagni, e mi pare che sia per la terza volta ospite di questo incontro.
Sì, Zamagni è stato il primo a venire nel 2015, interpellato sul tema: “Il problema dell’economia oggi”. Tornò poi nel 2012, e gli fu chiesto di trattare il tema: “Come affrontare insieme l’attuale crisi economica?”. Torna quest’anno, nel 2018, per affrontare il tema: “Giovani e lavoro”. C’è una coerenza in questo percorso con il grande economista di Bologna: l’economia, la crisi, i giovani. Sembra quasi che si dovesse chiudere il cerchio.

All’incontro non parlerà però soltanto Zamagni
No. C’è anche qui la caparbietà del vescovo Pierantonio a trovare qualche perla preziosa, qualche “buona pratica di lavoro creativo e solidale” anche nel nostro Polesine. Ecco perché ascolteremo le testimonianze di Giacomo Stocco, giovane lavoratore, Valentina Temporin, giovane imprenditrice, Isabella Sgarbi, dirigente scolastica, e Aldo D’Achille, amministratore locale.

Perché si è scelto poi questo tema, giovani e lavoro?
Perché è il tema più urgente del nostro futuro;

non possiamo rassegnarci a questa emorragia di giovani che abbandonano il Polesine per andare a cercare lavoro altrove. Il lavoro dobbiamo crearlo qui perché i giovani possano rimanere.

Non possiamo assistere inerti al progressivo invecchiamento della popolazione e allo spopolamento di intere zone del Polesine. Ricordiamo inoltre che il tema dei giovani sarà oggetto del prossimo Sinodo della Chiesa.

Don Carlo, lei ha partecipato con una delegazione alla Settimana sociale di Cagliari; che impressione ne ha ricavato?
È stata in assoluto la migliore Settimana sociale a cui io abbia partecipato. La prima a cui partecipai fu la 44ª svoltasi a Bologna dal 7 al 10 ottobre 2004, sul tema: “La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”. Venne poi la volta della 45ª, quella del centenario a Pistoia e Pisa, dal 18 al 21 ottobre 2007, sul tema: “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”. Partecipai poi alla 46ª di Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre 2010, sul tema: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Saltai la 47ª Settimana sociale di Torino, dal 12 al 15 settembre 2013, sul tema: “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, e ho invece partecipato all’ultima di Cagliari nell’ottobre scorso sul tema: “Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale”.

Diceva che l’ultima è stata la migliore; perché?
Sì, è stata la migliore perché organizzata meglio e in modo più efficace, con finalmente il coinvolgimento di partner istituzionali all’altezza di una Settimana sociale. Rilevo la significativa partecipazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, del ministro del Lavoro Giuliano Poletti e del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Ai vertici delle nostre Istituzioni, l’Assemblea più qualificata dei cattolici italiani ha potuto consegnare un documento di sintesi delle proprie proposte, per aiutare l’Italia ad uscire da questa crisi del lavoro, soprattutto giovanile.

Si è respirato dunque un clima molto positivo.
Sì, direi proprio di sì. Il livello dell’evento è stato curato nei minimi particolari. Abbiamo saputo ascoltare e “farci ascoltare”, in un clima di rispetto reciproco molto costruttivo. Non sono venuto a casa frustrato come le altre volte: mi riusciva difficile da mandar giù il fatto che un’assise così importante venisse sistematicamente ignorata dai media nazionali. L’Italia è stata scandagliata da nord a sud alla ricerca di 400 buone pratiche di lavoro, libero, creativo, partecipativo e solidale, e tutto è stato raccolto in un film dal titolo “Il lavoro che vogliamo” girato da un grande regista Andrea Salvadore.

(*) settimanale della diocesi di Adria-Rovigo