Elezioni
La politica dovrà ridarsi un’anima, poi rifarsi un volto umano e riprendersi il mestiere, le idee e il sogno
Ci troviamo di fronte una politica in evidente crisi. Non è necessario ricorrere al cannocchiale per ammirarla e non è una semplice caduta di stile. A risentirne gli effetti, per prima, diretti e pungenti è purtroppo la Democrazia. Estratta da sotto la cortina del periodo fascista si ricollega al passato e rifiorisce sorprendentemente dopo la fine della seconda guerra mondiale. In tre anni (1946, 47, 48) la politica di allora manda a spasso la monarchia (senza colpo ferire), stende una mirabile Costituzione e in un ambiente di fuoco con addosso le ferite e contraddizioni non sopite indìce le elezioni del 18 aprile 1948. Si sono affrontate fondamentalmente tre coalizioni: una destra, un centro con la Democrazia cristiana, una sinistra con il movimento popolare (Psi e Pci) e una vittoria schiacciante del centro. Il sistema comincia e continua bene: negli anni Cinquanta la ricostruzione e negli anni Sessanta il boom economico. I guai vengono dopo. Negli anni di piombo (1970) con l’uccisione di Moro, le Brigate Rosse tarpano le ali al “compromesso storico” con il Pci di Berlinguer.
Nel governo Craxi emerge il fenomeno del consociativismo tra i partiti e il fenomeno di tangentopoli che segna la fine della Prima Repubblica. E la Seconda si sfilaccia tra destra, centro e sinistra e vuoti presidenziali e si presenta oggi nelle condizioni a cui stiamo assistendo. La democrazia ostaggio dei politici. Le basterebbero due simboli, mentre oggi di simboli ne hanno presentati settanta. Così la competizione scade a livello di un mercato per l’acquisto dei voti a poco prezzo. Nei programmi presentati c’è tutto di tutto: disoccupazione, povertà, migrazione, diritto di cittadinanza, Dat, eutanasia, denatalità, famiglia e tutto viene letto e intercettato in termini economici perfino i temi etici ed esistenziali. Sono convinto che lo sviluppo e il progresso, ad ampio raggio, venga vanificato dal vuoto culturale in cui questo postmoderno (eufemismo) è sprofondato. A ciò si aggiunge un rigurgito ideologico, quasi inconsapevole, che viene dall’est dell’“uomo economico” di piena area materialistica e un check-up preoccupato nell’apertura dell’anno giudiziario. L’allarme mafia, il rischio prescrizione e terrorismo è sollevato dalle toghe. Qual è la risposta politica a questo quadro? Ma se oggi cammina sul limite marginale di un populismo nel ricattare voti e sul limite marginale di una xenofobia sui migranti cosa può offrire? Dovrà piuttosto ridarsi un’anima, poi rifarsi un volto umano e riprendersi il mestiere, le idee e il sogno.
L’Italia c’è abbondantemente, la politica no. Tuttavia la Chiesa italiana (Cei) si pone in dialogo con i politici: “Non speculare sulla paura e onestà”. Particolarmente il presidente cardinal Bassetti chiede di “non promettere ciò che non si può dare”. Raccolgo una frase che Papa Francesco rivolge ai consacrati alla religione che si addice anche ai “consacrati” alla politica “non c’è passato senza memoria, non c’è futuro senza profezia” una sintesi che va alla radice di ogni programma.
(*) direttore emerito “Il Nuovo Amico” (Pesaro-Fano-Urbino)