Stati Uniti
Oltre 3mila studenti hanno visto morire 17 dei loro compagni e ne hanno raccolto altri 15 feriti. Tutti sono caduti, sotto i colpi impietosi di un A15, il fucile semiautomatico, venduto a meno di 500 dollari e già utilizzato nel massacro di Las Vegas dello scorso anno e in quello della chiesa di Sutherland Springs, in Texas. L’arcivescovo di Miami, Thomas Wenski, non nasconde la “sua grande tristezza di fronte alla tragica sparatoria”, ma al contempo sollecita tutti alla “preghiera di fronte ad una tragedia insensata per i defunti, i feriti, le famiglia, i propri cari, i primi soccorritori…”
(da New York) Un incubo, puro male, orribile. Le definizioni sull’ultima sparatoria di massa che ha preso di mira la scuola superiore di Parkland, in Florida, non riescono a descrivere l’orrore vissuto dagli oltre 3mila studenti che hanno visto morire 17 dei loro compagni e ne hanno raccolto altri 15 feriti. Tutti sono caduti, sotto i colpi impietosi di un A15, il fucile semiautomatico, venduto a meno di 500 dollari e già utilizzato nel massacro di Las Vegas dello scorso anno e in quello della chiesa di Sutherland Springs, in Texas. Ora tutta la sua carica di violenza ha bucato anche le classi della Marjory Stoneman Douglas high school. Sospettato per gli omicidi e i ferimenti degli studenti è Nikolas Cruz, 19 anni, un ex allievo della stessa scuola. Dalle ricostruzioni della polizia sembra che il giovane fosse ossessionato dalle armi e che, intorno alle tre del pomeriggio, abbia tirato l’allarme antincendio e poi abbia preso a sparare alla gente che stava uscendo dall’edificio e dalle classi. Il senatore Bill Nelson ha dichiarato, ai giornalisti, che Cruz dopo aver azionato l’allarme, ha indossato una maschera antigas, e ha iniziato a lanciare fumogeni e sparare mentre le persone attraversavano la foschia.
Dopo aver concluso il suo piano criminale il giovane Cruz si era avviato con la folla verso l’uscita, ma è stato bloccato dagli agenti di sicurezza poiché ricordavano che fosse stato espulso dalla scuola, proprio per alcuni comportamenti minacciosi e violenti e non aveva alcun diritto di trovarsi in quel luogo. Al suono della campanella e degli spari seguenti, immediata è stata la reazione degli insegnanti che hanno chiuso in aula i ragazzi e qualcuno addirittura negli armadietti, pur di proteggerli dalla furia omicida dell’ex compagno, che nella follia del gesto non ha risparmiato l’allenatore della squadra di football della scuola (al momento, unica vittima identificata).
Lo sceriffo Scott Israel ha definito “molto, molto inquietante” il risultato dei primi esami e ha invitato la città alla preghiera “per questa scuola, i genitori, le persone che hanno perso la vita”. Il bilancio dei morti parla di dodici, uccisi all’interno dell’edificio e due fuori, mentre uno è deceduto in strada e altri due in ospedale.
E mentre il presidente Donald Trump twitta che “nessun ragazzo, insegnante o qualsiasi altro dovrebbe mai sentirsi insicuro in una scuola americana”, accade ancora una volta che un’ennesima sparatoria di massa abbia avuto luogo dove non sarebbe dovuto accadere. E dall’inizio dell’anno il sito “Gun Violence” ha già archiviato ben 30 sparatorie con vittime. Melissa Falkowski, una delle insegnanti che ha messo al riparo i suoi allievi, come sperimentato decine di volte nelle esercitazioni, ha ribadito la sua delusione nei confronti del nostro governo “perché il Paese intero ci ha deluso e ha fallito con i nostri figli, senza tenerci al sicuro. Anche se noi abbiamo fatto il possibile non siamo riusciti a salvare tutti”. Decine le testimonianze offerte dai ragazzi ai genitori e agli amici fuori dalla scuola: raccontano i messaggi spediti e ricevuti quando erano segregati sotto le cattedre e mostrano i whatsapps e i video che emozionano notevolmente perché registrano spari, terrore, urla, promesse di affetto e sangue: anche quello. E tanto.
L’arcivescovo di Miami, Thomas Wenski, non ha nascosto la “sua grande tristezza di fronte alla tragica sparatoria”, ma al contempo sollecita tutti alla “preghiera di fronte ad una tragedia insensata per i defunti, i feriti, le famiglia, i propri cari, i primi soccorritori…”. Il vescovo comprende l’indignazione spontanea che sorge quando “vittime della violenza sono ragazzi innocenti”, ma invita al contempo “a riunirci come comunità per sostenerci a vicenda in questo momento di dolore. Con l’aiuto di Dio, possiamo rimanere forti e risoluti nel resistere al male in tutte le sue manifestazioni”. Infine monsignor Wenski chiede a “Dio di guarire i cuori spezzati e confortare il dolore, mentre affrontiamo ancora una volta, come una nazione, un altro atto di violenza insensata e di male orribile”.
Questa tragedia, appare ancora più incomprensibile se si pensa che Parkland, proprio nel 2016, era stata nominata la città più sicura della Florida, perché vi erano stati registrati appena sette delitti. Da oggi non sarà più così.