Il commento
Guardando in prospettiva non sarà certo facile combinare una maggioranza e, dunque, un governo. Il primo appuntamento sarà l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Un passaggio molto delicato, in cui si metterà alla prova la qualità delle forze politiche, per scegliere persone di alto profilo. Per il governo, come è stato fatto altrove, prendiamoci tutto il tempo necessario, non dimenticando la consegna proposta dal cardinale Bassetti, presidente della Cei: occorre ripartire da quella consegna con i tre verbi. “Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”. Non un invito predicatorio, ma una precisa necessità politica
Un voto chiaro, un voto polarizzato, radicalizzato. Gli italiani sono inquieti e insoddisfatti e a ogni elezione cambiano maggioranza. Il 5 marzo, rispetto a cinque anni fa, si contano due milioni in più di voti ai Cinque stelle, due milioni in più alla coalizione di centrodestra, due milioni in meno al Pd; nel frattempo due milioni di voti finiti a Monti sono evaporati. All’interno del centrodestra la Lega (non più Nord) guadagna quattro milioni di voti, primo partito dell’alleanza.
Fin qui i numeri, che ci consegnano peraltro un sistema sfilacciato, in moto accelerato, “sbussolato” come non pochi altri, in Europa. In ogni caso sono sconfitte o, comunque sia, perdono consensi quelle forze politiche che più schierano candidati “vecchi”, dal Pd a LeU, da Forza Italia a Noi con l’Italia.
Perché la spinta a cambiare, ad un cambiamento di dirigenza politica è sempre più forte.
L’Italia più di sempre risulta spaccata geograficamente, con la zona “rossa” sempre più compressa. Il confine tra l’area ad egemonia centrodestra e quella ad egemonia Cinque stelle passa per Roma e il Lazio. Italia spaccata anche in ordine alle promesse, ovvero ai programmi dei due schieramenti vincitori, il centrodestra a trazione leghista e il MoVimento 5 stelle. Da una parte risaltano i temi del fisco, della sicurezza, dall’altra quelli della protezione e del reddito di cittadinanza.
Eccoci, allora, alle prospettive. Le dichiarazioni di oggi e le promesse di ieri si dovranno infatti tradurre in programmi e in formule di governo. Per queste ultime ci vuole tempo e ci vuole senso di responsabilità. Perché nessuno ha – e qui la prudenza degli elettori è coerente con i risultati del referendum costituzionale – la maggioranza.
Urgono accordi e dovrebbe essere istituita una multa per tutti coloro che usano arbitrariamente la parola “inciucio”.
I risultati elettorali in ogni caso impongono una profonda riflessione a tutti, vincitori e vinti. Impongono anche una profonda riflessione al cosiddetto mondo cattolico, la necessità di una nuova e migliore offerta politica per i cattolici.
Guardando in prospettiva non sarà certo facile combinare una maggioranza e, dunque, un governo. Il primo appuntamento sarà l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Un passaggio molto delicato, in cui si metterà alla prova la qualità delle forze politiche, per scegliere persone di alto profilo.
Per il governo, come è stato fatto altrove, prendiamoci tutto il tempo necessario, non dimenticando la consegna proposta dal cardinale Bassetti, presidente della Cei: occorre ripartire da quella consegna con i tre verbi.
“Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”.
Non un invito predicatorio, ma una precisa necessità politica.
La sostanza della nostra democrazia è forte, l’Italia è un pese avanzato, uno dei Paesi- chiave di un’Europa alle prese con anni complicati: non c’è stata la temuta flessione della partecipazione: solo due punti di flessione, comunque sopra il 73%.
La classe politica nuova emersa delle urne è ormai di fronte a pressanti responsabilità.