Giovani e educazione
La volontà di un’alleanza sempre più stretta fra Chiesa e università e il progetto di un manifesto in dieci punti sui quali lavorare insieme per rendere più “umano” il sistema accademico nazionale. Parole d’ordine educazione e centralità delle relazioni docente-studente. Sono, in estrema sintesi, i risultati del convegno nazionale di pastorale universitaria appena conclusosi. Intervista con il segretario generale della Conferenza dei rettori italiani
Umanizzare l’università, lo studio e la ricerca facendo degli atenei luoghi di relazioni e cantieri di speranza perché è davvero strategico il ruolo del mondo accademico nella formazione delle giovani generazioni, per lo sviluppo del Paese e per il bene comune. Ma
occorre una nuova “alleanza” tra università, Chiesa e società nel suo insieme,
come ha esortato il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, intervenuto lo scorso 9 marzo alla seconda e ultima giornata del convegno nazionale di pastorale universitaria “Chiesa e università, cantieri di speranza” promosso a Roma dall’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’ università della Cei in collaborazione con il Servizio nazionale per la pastorale giovanile. Per Galantino, “cultura, speranza e pace” sono il triplice pilastro su cui “qualificare il nostro rispettivo servizio” e “rinsaldare i legami di collaborazione esistenti tra Chiesa e università italiana”. E a conclusione dei lavori ha auspicato:
“Mi auguro che si possa andare avanti e vi assicuro che come Chiesa italiana ci siamo”.
Non si parte da zero, “ma questo dialogo deve crescere e strutturarsi”, dichiara al Sir Alberto De Toni, intervenuto al convegno nella sua duplice veste di rettore dell’Università di Udine (nove facoltà e 16mila iscritti) e di segretario generale della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui).
“Siamo arrivati a questo incontro – spiega – dopo il G7 University 2017 ‘Education for all’ – sottotitolo ‘azioni per un futuro sostenibile’ – promosso dalla Crui il 29 e 30 giugno scorsi a Udine, al quale sono stati invitati i rettori degli atenei statali, non statali, cattolici e i referenti delle pastorali universitarie. In quell’occasione abbiamo definito alcuni principi fondamentali di educazione per tutti e il confronto è stato lo spunto da cui immaginare un incontro più specifico tra realtà universitarie italiane e Chiesa cattolica, peraltro già presente in questo ambito formativo con servizi di pastorale e proprie strutture accademiche”.
Sui 500mila iscritti negli atenei italiani, il 30% abbandona nei primi due anni: “Abbiamo un’area di intervento enorme” afferma De Toni. Quale è, allora, la mission degli atenei?
“Dobbiamo portare speranza, sostegno, aiuto. Dobbiamo attivare vere comunità di incontro” mentre oggi “corriamo il rischio che le università siano anonime, ‘non luoghi’ caratterizzati da mancanza di relazioni e solitudine”.
Il rettore rievoca con emozione il suicidio di un “suo” ragazzo a pochi giorni dalla laurea – aveva fatto credere alla famiglia di avere sostenuto tutti gli esami senza in realtà averne dato neppure uno – a seguito del quale ha voluto la creazione del gruppo di auto-aiuto, gli “Ansiosi-anonimi”, spazio nel quale gli studenti possono condividere, con la mediazione di esperti, problemi, difficoltà, preoccupazioni. Un’esperienza che rientra nell’ambito del progetto “Agiata-mente – La prevenzione del disagio, la promozione dell’agio” attivato nell’ateneo di Udine e già presentato come best practice in sede Crui. “Il percorso universitario – spiega – è una sfida e può portare allo sviluppo di diverse forme di disagio”. A preoccupare De Toni sono quei ragazzi, più numerosi di quanto si creda, che vivono una “doppia vita” simulando una carriera accademica inesistente. “Vanno intercettati monitorando le carriere a rischio e aiutati”, spiega. Nessuno deve restare indietro. Per questo il progetto prevede laboratori su metodo di studio, meditazione, problem solving, public speaking e soft skill.
“Per fare azioni mirate a livello nazionale – sostiene il segretario Crui – occorre coinvolgere atenei, pastorali e collegi, ma dobbiamo muoverci anche negli ambiti dello sport attraverso i Cus, e della cultura con teatri, concerti, mostre. Serve un intervento forte soprattutto verso quei ragazzi che abbandonano e ritengo che la nostra esperienza costituisca una best practice esportabile anche in altri ambiti”.
L’obiettivo è insomma un ampio progetto di “umanizzazione” del sistema universitario nazionale. A questo fine, a conclusione del convegno, è stata lanciata l’idea di un manifesto che ne riprenda il titolo. Spiega ancora De Toni:
“Si tratta di individuare dieci punti sui quali far convergere e impegnare atenei e collegi universitari per consolidare vere comunità di apprendimento, ricerca e docenza”.
Anche per scongiurare il rischio che l’università si trasformi in un super istituto tecnico “mentre la capability fondamentale richiesta oggi dalle imprese non è l’intelligenza intuitiva e la competenza, bensì l’intelligenza emotiva e la capacità relazionale. Prima che di persone in possesso di conoscenza, abilità e tecniche, abbiamo bisogno di persone ‘vere’, con capacità relazionali, flessibilità, apertura alla realtà”. Che cosa può offrire l’università alla Chiesa, e viceversa?
“Parafrasando Dante, l’università offre conoscenza; la Chiesa virtù, anima.
I temi del significato, dei valori, dei fini ultimi appartengono ad ambiti nei quali la Chiesa gioca un ruolo fondamentale. Noi lavoriamo invece nel campo della conoscenza laica, della ricerca e della tecnica, dei metodi e degli strumenti; piani diversi ma che devono intersecarsi”. Prossimo passo la costituzione di un gruppo di lavoro formato da Crui, Ufficio nazionale Cei, guidato da Ernesto Diaco, e alcuni responsabili di pastorali universitarie perché, conclude De Toni,
“Dobbiamo farci carico insieme di quel diritto alla speranza di cui parlò il Papa a Bologna e che i giovani ci chiedono di riconoscere loro”.