Verso il summit
Il 22 e 23 marzo i capi di Stato e di governo dell’Unione si ritroveranno a Bruxelles per il Consiglio europeo. L’ennesima riunione in cui si discuterà di migrazioni. Ma le risposte concrete si fanno attendere, gli egoismi prevalgono. La Commissione rilancia una concreta prospettiva comunitaria e solidale cui non sembra corrispondere la volontà politica da parte dei governi nazionali
(da Bruxelles) Le buone intenzioni non mancano, ma alle proposte – e talvolta agli impegni assunti – in genere non seguono i fatti. Le pressioni migratorie che da anni interessano soprattutto le coste europee del Mediterraneo, e che continuano a gravare in particolare su Italia e Grecia, sono state mille volte al centro di riunioni del Consiglio europeo (capi di Stato e di governo dei 28), di plenarie dell’Europarlamento, di sedute della Commissione. Soprattutto quest’ultima ha spinto, con insistenza, affinché si costruisse una “politica migratoria comune”, così da condividere responsabilità e impegni e sollevare Roma e Atene da un carico – umanitario, economico e psicologico, con indiscutibili ricadute elettorali e politiche – ingestibile. Ma i passi in avanti sono stati miseri, le chiusure di diversi Paesi esplicite, gli egoismi reiterati.
L’Europa passa anche da qui. In vista del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo, l’Esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker rilancia la questione, mettendo sul tavolo, mercoledì 14 marzo, una serie di iniziative e progetti che riguarderebbero “interventi sul campo” e revisioni normative – asilo compreso –. Ai governi dei Paesi membri spetta dimostrare se la costruzione comunitaria passa ancora dal principio della solidarietà (quella che ad esempio si invoca attingendo golosamente ai fondi strutturali), oppure se prevale una più modesta Europa à la carte. In questo senso la Commissione anzitutto riferisce sui “progressi compiuti nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione” e “illustra le azioni-chiave da intraprendere”. E parte dai dati, ancora una volta sbalorditivi: “Oltre 285mila migranti sono stati soccorsi dalle operazioni Ue nel Mediterraneo dal febbraio 2016, e nel 2017 più di 2mila migranti sono stati salvati nel deserto dopo essere stati abbandonati dai trafficanti”. Non basta: “Con 205mila attraversamenti illegali delle frontiere nel 2017, gli arrivi nell’Ue sono stati inferiori del 28% rispetto al 2014, l’anno precedente la crisi migratoria”. Ma “la pressione sui sistemi migratori nazionali, pur diminuendo, è rimasta a un livello elevato, con 685mila domande di asilo presentate nel 2017”.
“La situazione è molto delicata…”. Le diverse operazioni organizzate attraverso l’Ue, ma anche mediante l’Onu e da tante Ong presenti nel Mediterraneo e nei Paesi di origine e di attraversamento dei flussi, “continuano a salvare vite umane”. Questo però non basta, perché è necessario “affrontare le cause profonde del fenomeno, così pure proteggere le frontiere esterne dell’Europa, e rafforzare ulteriormente la cooperazione con i partner internazionali”. La situazione generale “resta delicata”, secondo la Commissione: per questo “sono necessari sforzi supplementari da parte, congiuntamente, degli Stati membri e dell’Ue, compreso un incremento delle risorse finanziarie, per garantire una risposta continua ed efficace alla sfida della migrazione”. Il primo vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, chiede a gran voce agli Stati di non tirarsi indietro, di “lavorare a fondo, anche trovando un accordo sulla riforma del sistema di asilo”. L’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, spiega: “La strategia che abbiamo messo in atto per gestire la migrazione in partenariato con i Paesi-chiave, le organizzazioni delle Nazioni Unite e l’Unione africana (Ua) sta dando risultati. Grazie alla task force congiunta Ua-Ue-Onu, più di 15mila persone hanno potuto fare ritorno nelle proprie case e iniziare una nuova vita, ed è stato possibile evacuare oltre 1.300 rifugiati dalla Libia. La cooperazione e la condivisione delle responsabilità sono essenziali per affrontare efficacemente questa sfida di portata globale”.
“Non dobbiamo rallentare”. In prima fila si trova anche Dimitris Avramopoulos, commissario per la migrazione, il quale aggiunge: “Con una riduzione degli arrivi quasi del 30% è giunto il momento di accelerare e intensificare i nostri sforzi a tutti i livelli. Non dobbiamo rallentare. Non possiamo riposarci… Sono necessarie altre, e più rapide, azioni in materia di rimpatrio, gestione delle frontiere e canali legali, in particolare il reinsediamento dall’Africa ma anche dalla Turchia”. Nella stessa giornata arrivano nuovi stanziamenti per Ankara (per un totale di 3 miliardi in tre anni), che nel frattempo si fa carico di 3,5 milioni di persone fuggite dalla Siria cui assicurare un tetto o una tenda, alimenti, la scuola per i bambini, cure mediche per chi è malato.
Dov’è il “Piano Marshall” per l’Africa? I documenti che la Commissione predispone per il summit dei leader dei 28 toccano quasi tutti gli aspetti delle migrazioni, senza escludere i difficili rapporti con i Paesi africani e la stessa Turchia, i problemi concreti circa i salvataggi in mare e la gestione dei campi profughi (spesso simili a campi di concentramento) presenti in Libia e in altri Stati africani, lo sviluppo di lungo periodo del continente africano e del Medio Oriente, perché fame e guerre sono le principali sorgenti dei flussi migratori (che, è certo, andranno aumentando nei prossimi anni e dinanzi ai quali non ci sono “muri” che tengano). Ad esempio il Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa svolge un ruolo “nell’affrontare le cause profonde” delle migrazioni, nel “fornire protezione ai migranti e ai rifugiati lungo la rotta e combattere la tratta”. Attualmente il Fondo comprende 147 micro-programmi, per un totale di 2,5 miliardi di euro approvati per la regione del Sahel e del lago Ciad, il Corno d’Africa e l’Africa settentrionale. Benché, “per gli importanti lavori futuri manca attualmente ancora più di 1 miliardo di euro”. E più volte si è calcolato – e affermato ufficialmente – che un “piano Marshall” per l’Africa richiederebbe al più presto una cifra non lontana dai 40 miliardi di euro. Ben altro rispetto alle briciole finora racimolate…
Diversi capitoli. La “strategia” che la Commissione cerca di suggerire ai leader Ue comprende vari altri capitoli: rafforzare la gestione integrata delle frontiere esterne; realizzare gli obiettivi in materia di rimpatrio e di riammissione; ricollocare i rifugiati (i numeri finora sono stati modestissimi e troppi Paesi Ue vi si sottraggono); riformare Dublino e la politica di asilo. Senza trascurare, per il domani, vie legali di migrazione, non fosse altro che per fornire all’Ue forze giovani e professionalità carenti negli stessi Paesi europei. Ma, come si diceva, progetti e “carta” non mancano; e la volontà politica?