Cinque anni con Papa Francesco
L’abbraccio di Dio all’uomo che a Lui si rivolge
Alla fine è dovuto intervenire persino il Papa emerito. “Tra i due pontificati c’è una continuità interiore”, ha scritto in una lettera lunedì scorso Benedetto XVI.
Lo ha fatto in occasione della presentazione di 11 volumi (“La teologia di Papa Francesco”) che testimoniano che Bergoglio “è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità (…), pur con tutte le differenze di stile e di temperamento”.
“Plaudo a questa iniziativa – ha messo ancora nero su bianco Ratzinger – che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi”.
Stolto pregiudizio è un’espressione forte. È il segno evidente di una situazione che a tratti appare davvero insostenibile. Le accuse a Papa Francesco arrivano da dentro la Chiesa. Ciò fa molto soffrire e rappresenta anche una contro testimonianza. I fratelli che professano la fede nello stesso Dio si dividono sull’ortodossia del capo della Chiesa.
A cinque anni da quel 13 marzo 2013, inizio del pontificato di quell’uomo “venuto quasi dalla fine del mondo”, non si placano le polemiche su presunte aperture dottrinali che sarebbero in contrasto con il magistero di Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI.
Per cercare di spiegarmi vado a prestito da un volume che mi ha indicato un amico sacerdote, “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale” di Massimo Borghesi. A pagina 267 trovo queste righe: “La fede senza la vita si trasforma in una ideologia, in un fondamentalismo presuntuoso, in un puritanesimo elitario separato dalla storia”. È il rischio che corriamo tutti, io per primo, intendiamoci bene.
Mi fermo. Rifletto. Mi metto in discussione. Rileggo pagine del Vangelo ascoltate infinite volte. L’episodio della samaritana, quello del figliol prodigo, quello di Zaccheo. Gesù che parla con i pubblicani e le prostitute e viene attaccato dai farisei perché non rispetta il sabato. Lo stesso genere di accuse rivolte al Pontefice che hanno fatto parlare Benedetto XVI di “stolto pregiudizio”.
Nel volume di Borghesi trovo questo altro passaggio (pag. 266): “Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia”. In una parola cara a Francesco, è il “misericordiando”, l’abbraccio di Dio all’uomo che a Lui si rivolge.
(*) direttore “Corriere Cesenate” (Cesena-Sarsina)