Emergenza
L’esperta evidenzia: “Nel nostro Paese e in Europa purtroppo sono molti i territori ‘malati'”. Da noi “sono stati individuati 57 Sin in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali e ambientali”. Di questi 17 sono sono stati declassati per criticità ambientale e passati per competenza alle Regioni. Ma, in generale, i siti ritenuti potenzialmente inquinati in Italia ammontano a diverse migliaia
Non è solo Terra dei fuochi o Ilva. In Italia quando si pensa a territori “malati” che causano danni alla salute delle popolazioni, subito vengono in mente l’area tra Napoli e Caserta tristemente nota per lo sversamento e i roghi di rifiuti tossici e Taranto, ma, in realtà, sono molto di più le zone inquinate nel nostro Paese. Ne parliamo con Eugenia Dogliotti, direttore del Dipartimento di ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
In Italia sono molti i territori “malati” dal punto di vista ambientale? Quali sono?
Un ambiente sano è un prerequisito per una popolazione sana. Purtroppo molti sono i territori “malati” dal punto di vista ambientale sia in Europa sia in Italia. In particolare, in Italia sono stati individuati 57 siti, distribuiti in tutto il Paese, che sono stati definiti “siti d’interesse nazionale per le bonifiche ambientali” (Sin) in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, all’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali e ambientali. Oggi 40 sono rimasti Sin, mentre i rimanenti sono stati declassati per criticità ambientale e passati per competenza alle Regioni. Tra i siti contaminati possiamo menzionare il Sin di Taranto (Taranto e Statte) dove è segnalata la presenza di una raffineria, un impianto siderurgico, un’area portuale e discariche, la cosiddetta “Terra dei fuochi” individuata in 55 comuni nelle province di Napoli e Caserta caratterizzata prevalentemente da smaltimento incontrollato di rifiuti anche pericolosi nonché i siti petrolchimici di Porto Marghera, Priolo e Gela. Tristemente, oltre ai Sin,
in Italia i siti ritenuti potenzialmente inquinati ammontano a diverse migliaia.
Esiste un rapporto tra territori “malati” e salute della popolazione?
L’Italia è l’unico Paese europeo che può vantare un sistema di sorveglianza epidemiologica delle popolazioni residenti nei “territori malati”, i Sin, sviluppato nel nostro Dipartimento dal gruppo di ricerca diretto da Pietro Comba e sostenuto da un finanziamento del Ministero della Salute. Questo studio, chiamato “Sentieri” (Studio epidemiologico nazionale dei territori e insediamenti esposti a rischio da inquinamento), fornisce una descrizione del profilo di salute in ciascun Sin basato su esiti ed eventi sanitari multipli, quali i dati correnti di mortalità, ricoveri ospedalieri, incidenza oncologica e prevalenza delle malformazioni congenite. Si caratterizza per la definizione a priori delle cause di morte e malattie sulle quali porre la principale attenzione nel descrivere il profilo di salute, selezionate sulla base delle evidenze relative alla loro associazione con le sorgenti di contaminazione presenti in ogni Sin. Pertanto, anche se le caratteristiche metodologiche dello studio Sentieri non consentono, in linea generale, la valutazione di nessi causali certi, permettono tuttavia di individuare situazioni di possibile rilevanza sanitaria da approfondire con studi mirati. Con quest’approccio il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi ha mostrato una serie di eccessi della mortalità e dell’ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale, in particolare tumori maligni e malattie dell’apparato respiratorio, anche nella fascia in età pediatrica.
Nell’ultimo aggiornamento dello studio Sentieri (Epidemiologia & Prevenzione, in fase di stampa) l’esame dei dati relativi a 45 siti contaminati ha messo in evidenza una serie di situazioni caratterizzate da eccessi di patologie (sia di tipo maligno sia non tumorali) per le quali erano disponibili ipotesi a priori di interesse eziologico coerenti con le sorgenti di contaminazione presenti nei siti in esame.
Si tratta di un fenomeno maggiormente presente nel Sud Italia o è, ormai, diffuso in tutto il Paese?
I Sin sono presenti su tutto il territorio nazionale.
Nell’ultimo anno le emergenze ambientali che hanno segnato il nostro Paese hanno purtroppo colpito senza distinzione il Nord, il Centro e il Sud Italia.
Basti pensare alla contaminazione della filiera idrica potabile da composti perfluoroalchilici nella regione Veneto e alla contaminazione da metalli e solventi organo-clorurati delle falde a Bussi sul Tirino nelle Marche, dovute alla presenza di molteplici estese discariche illecite di sostanze tossiche. Per quanto riguarda una politica corretta di gestione dei rifiuti, con la necessaria riduzione delle discariche, si osserva però un gradiente da Nord a Sud (per esempio, nella regione Lombardia meno del 6% dei rifiuti urbani va in discariche). Anche la raccolta differenziata mostra lo stesso gradiente (54% nel Nord, 36% nel Centro e 29% nel Sud). È quindi importante che l’investimento per garantire un ambiente migliore, e la gestione dei rifiuti è un aspetto cruciale, sia uniforme in tutto il Paese.
Si possono curare i territori malati?
L’identificazione e la bonifica delle aree contaminate costituiscono oggi un problema ambientale di prioritaria importanza, a livello nazionale ed europeo. Il processo di bonifica ha lo scopo di eliminare le sostanze inquinanti presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee o perlomeno di ridurre la concentrazione entro i limiti di legge con lo scopo finale di salvaguardare l’ambiente e la salute pubblica. La procedura di bonifica dei Sin, a differenza degli altri siti contaminati, è attribuita al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, che può avvalersi anche dell’Ispra, delle Arpa, dell’Iss e altri soggetti.
Quali sono le armi attraverso le quali la popolazione si può difendere: denuncia, prevenzione, screening? E quale deve essere il ruolo giocato dalle istituzioni?
Il cittadino può fare molto per l’ambiente denunciando un inquinamento ambientale, se lo sospetta, ma soprattutto adottando uno stile di vita virtuoso che moderi, per esempio, l’utilizzo del riscaldamento e dei mezzi privati, lo spreco delle risorse idriche, che sia consapevole dell’importanza della raccolta differenziata e che in generale rispetti il principio che le risorse ambientali non sono illimitate. Affinché questo si verifichi è responsabilità di tutti noi operatori pubblici nel settore ambiente e salute fornire al cittadino un’informazione corretta scientificamente che illustri con parole comprensibili come il degrado ambientale porti inesorabilmente a effetti nocivi sulla salute e fornisca alcune semplici indicazioni comportamentali per difendersi dall’inquinamento da un lato e partecipare al miglioramento dell’ambiente dall’altro. La partecipazione attiva del cittadino al processo scientifico, la cosiddetta “citizen science”, può svolgere un ruolo importante soprattutto nel settore ambientale, creando consapevolezza della necessità di comportamenti rispettosi dell’ambiente perché protettivi per la salute.È responsabilità delle istituzioni condurre interventi preventivi laddove si identificano potenziali criticità ambientali e, in caso di emergenze ambientali, intervenire con programmi di monitoraggio e sorveglianza della salute. Altrettanto importante in una situazione emergenziale è condurre un percorso di comunicazione del rischio e consapevolizzazione dei cittadini. Solo così potremo contribuire a costruire un clima di fiducia tra i cittadini e le istituzioni chiamate a garantire la loro incolumità o a mitigare i rischi ai quali sono esposti.